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Capodanno

È passato un altro anno con il suo carico di sogni e piccole gioie e soddisfazioni.  Di nuovo riflettiamo sulla transitorietà del tempo, degli eventi umani collegati al decorso della storia, delle realtà mondane. L'apostolo Paolo nella 1 Cor 13:10 afferma che “tutte le cose svaniranno”, nel nostro testo Gesù dice “tutto passerà”, non c'è nulla che abbia lo spessore sufficiente per rimanere, anche il cielo e la terra passeranno, ciò che ci sembra più stabile e permanente è in realtà transitorio. Tutto dunque, nel mondo che conosciamo e ci accoglie come casa è soggetto a questa legge implacabile della transitorietà.  Come un vestito vecchio, come un piatto rotto, tutto quello che conosciamo passerà, tramonterà, tutto trascorre inesorabilmente verso la fine comune: svanire, finché con le parole del veggente apocalittico il cielo e la terra non ci saranno più.  La dispersione e lo smarrimento minacciano tutto ciò che vediamo, tutto quello che abbiamo creato, e finalmente minaccia pure noi, perché sappiamo che tutto quello che ha un inizio si precipita verso la sua fine.  Questa è la realtà invalicabile che il trascorso del tempo ci rivela, questo è il destino comune di tutto quello che è creatura: passare, svanire, transitare, smarrirsi nel tempo. E se fosse possibile trovare, in mezzo a questa giostra che gira e passa ineluttabile, un punto fermo, una realtà che rimarrà stabile per sempre, che non tramonterà, né passerà, così sicura e perenne da poter vincere la legge inesorabile della caducità, una realtà che sia già ora e rimanga per sempre eterna?
 Questa domanda non è una domanda qualunque.  Non è una domanda da poco.  Cerchiamo una risposta alla domanda che precede qualunque altra domanda.  Dalla risposta che daremo dipenderanno troppe cose.  Non possiamo dunque rispondere a cuor leggero dicendo la prima idea che ci balzi in testa.
Gesù ha affermato che c'è qualcosa che non passerà né tramonterà: le mie parole.  Ci troviamo di fronte a un'affermazione alquanto azzardata e impegnativa.  Ci sono due possibilità.  Un uomo che ha detto una cosa simile può essere ad esempio uno squilibrato.  Allora, prima che si disperda l'eco di quelle parole, esse saranno già passate, smarrite come il suo senno.  Le parole di un matto servono a farci quattro risate sopra, a compatirlo se abbiamo sentimenti umani.  Ma, certamente, se queste parole sono state pronunciate da un folle, saranno già scomparse prima ancora che giri l'angolo della strada.  Se io vi dicessi oggi, che le mie parole non passeranno, sicuramente qualcuno fra voi avrebbe la sufficiente compassione di raccomandarmi il migliore psichiatra di Milano.
La seconda possibilità, per quanto azzardata, è che sia vero, che Gesù abbia detto la verità.  Perché, per il momento, dopo quasi duemila anni, quelle parole, effettivamente, non sono passate, anzi sono qui con noi, sono le parole eterne dell'Evangelo della grazia.  Siamo qui precisamente per ricordarle, riproporle come esempio di immutabilità in mezzo alla giostra del tempo che gira e gira senza sosta conducendo verso la caducità tutto quello che vediamo e conosciamo incatenato al tempo.  No, quelle parole non sono frutto di una mente insana, c'è qualcosa di inquietante, di vero in queste parole di Gesù, che non sono passate, che non sono state cancellate neanche dal vaglio della sua morte, né dimenticate, né sommerse dalle interpretazioni più scellerate che sono state fatte: rimangono in noi e tra di noi, sono parole viventi ancora, che non passano, perché sono parole di grazia, di perdono, di amore, di vita.
Perché non possono tramontare le parole di Gesù? Proviamo a dirlo: perché in realtà le parole di Gesù sono Gesù stesso, egli è colui che chiamiamo la Parola: la parola che creò il cielo e la terra rimarrà quando essi svaniranno; questa parola si è incarnata in Cristo, la parola è diventata carne è entrata nel tempo, si è assoggettata alla legge di ogni carne, il tempo, la transitorietà e la morte.  Effettivamente la parola diventata carne è morta, è stata ammazzata con violenza crudele, ed è stata seppellita, sì, sulla tomba della parola fu posta una grossa pietra perché la si dimenticasse.  Ma quella parola, spinta nelle nostre fosse non passò all'oblio, non scomparve inghiottita dalla morte, non fu cancellata dal ricordo.
La parola risuscitò in ogni bocca che l'annunciò, in ogni uomo e donna che la custodì, che la mise a regola della propria esistenza e fede, che articolò nella propria vita quella parola eterna, che la gridò dai balconi, che la portò fino l'estremità ultima della terra.  Allora, è vero, quella parola non passò, è qui ora ed adesso in mezzo a noi, è la parola che ci genera verso la vita eterna, che penetrando nella nostra transitorietà ci rende eterni, ci comunica la sua potenza di non tramontare, di non passare, appesi ad essa, trascinati da quella parola, sulle sue spalle vinciamo la legge inesorabile che sentenza la caducità di ogni carne. Non passa perché quella parola è la stessa, ieri quando era parola creatrice articolata da Dio che diede origine ed esistenza ad ogni cosa creata, ordinando il caos e il vuoto primordiali, chiamando all'essere i suoni, i colori della vita, gli attimi di sogno e amore che compongono la nostra vita; è la stessa oggi predicata e proclamata nella chiesa fedelmente, come parola di perdono, di annuncio della grazia, di amore e di riconciliazione, parola presente in mezzo a noi e vivente per lo Spirito dentro di noi, la parola nuda e stabile che spezza le rocce e i cuori, parola inerme articolata nella debolezza della carne dei predicatori e predicatrici, fragile contraddizione che contiene in vasi di terra un istante di eternità; e sarà la stessa parola domani, la parola che rimarrà immutabile per i secoli dei secoli e finché non ci sarà più il tempo e tutto verrà ricapitolato in essa, quando tutto sarà soltanto un suo eco nell'armonia della nuova creazione fatta alla sua immagine e somiglianza.
La parola eterna di Dio, non passerà, il cielo e la terra passeranno, tutto svanirà.  Tutto, tranne la parola che parla dell'amore di Dio per l'ultima creatura, plasmata nell'ultimo giorno dalla creta della terra, fatta alla sua immagine e somiglianza, in grado dunque di diventare egli, ella, una parola, che dice chi siamo, dove ci troviamo, cosa sentiamo, una parola che siamo noi, riassunto di umana fugacità.  E capaci di credere, e quando abbiamo fede in quelle parole di Gesù, ecco, esse ci sottraggono al potere della morte, al nulla, al passare senza restare, senza lasciare neanche una traccia del nostro passaggio.
Questa è la nostra parola per l'anno che timidamente si affaccia fra le pieghe degli instanti.  Se viviamo in quella parola, in essa respiriamo e da essa prendiamo la linfa vitale che ci regga in piedi, allora vivremo sommersi nel tempo, sì, in mezzo alla giostra che gira macinando i nostri istanti finché l'ultimo sarà divorato, ma non per naufragare nell'abisso del tempo, non per sprofondare nella caducità del nulla, ma per vivere per sempre in quella parola che non tramonterà mai.