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Marta e Maria

Testo: Luca 10, 25-42
Testo: Giovanni 11,17-27 e 12,1-8


1. Ama il tuo Dio e ama il tuo prossimo " la redazione di Luca: Il Samaritano e Marta e Maria illustrazione dell'amore per il prossimo e amore per Dio.
Innanzitutto proviamo a riconoscere e comprendere il contesto narrativo in cui si trova la nostra pericope.
Se avessimo letto d'un fiato solo anche i versetti dal 25 al 37 che precedono il nostro racconto, avremmo facilmente colto che l'episodio, che come sappiamo appartiene ad una tradizione propria di Luca, è la illustrazione della prima parte del gran comandamento: Ama il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta V anima tua, con tutta la forza tua, con tutta la mente tua...
Infatti la storia del buon Samaritano è mirabile racconto di come si deve amare il prossimo, ed in esso c'è un riferimento polemico a uomini di religione, due sacerdoti, che probabilmente si recavano al tempio per officiare a riti religiosi e che in nome dell'amore per Dio, scansano l'uomo aggredito e lasciato a terra mezzo morto. Essi agiscono così proprio perché avevano visto un mezzo morto e non un mezzo vivo, proprio in virtù delle prescrizioni rituali che dichiaravano impuro, e quindi non adatto a presiedere il culto, chiunque fosse venuto a contatto con il sangue o con un cadavere.
L'amore per Dio non può essere alibi all'obbligo del soccorso, alibi a non rivedere la propria agenda e a non rischiare la propria condizione per salvare una vita, o per alleviare il dolore di qualcuno.
Nella seconda parte, i nostri versetti, illustrano invece un altro possibile alibi: l'impegno di
servizio, prendendo ad esempio quello più considerato, quello della accoglienza e della ospitalità, per sfuggire al nostro amore per Dio. I comandamento non sono due, ma uno solo. Una medaglia che ha due facce, in cui l'una certifica il valore complessivo della moneta, insieme e non a discapito dell'altra.
Viene il momento e lo devi riconoscere, in cui devi stravolgere la tua agenda, sia che le tue
faccende siano religiose o domestiche, per fare l'opposto di quel che ti pare ovvio. E solamente riconoscendo quel momento ed agendo di conseguenza, darai vero valore a ciò che fai usualmente.
Noi potremmo dire: vita religiosa e vita sociale, attività di culto e diaconia, non possono né
devono essere divise tra loro, né delegate a personale specializzato. Perché prima o poi l'una si scoprirà mutilato dell'altra. Perché? Perché una vita religiosa senza compassione si trasforma in ipocrisia religiosa e una vita attiva senza un atteggiamento meditativo e contemplativo scade in sterile attivismo. ; - Il dottore della legge chiede a Gesù: "Cosa devo fare per ereditare la vita eterna" e noi dovremmo, alla luce dei racconti che abbiamo letto ripetere la domanda con una leggera modifica: "Cosa devo fare ORA, per ereditare la vita etema?". Cosa devo fare ORA, per dare dignità teologica e valore umano a ciò che faccio solitamente? Cosa devo fare, ORA, per riconoscere il kairòs, il tempo come opportunità da riempire con la grazia? In un caso e nell'altro, per fare quel che devo, ORA, sono pronto ad andare anche contro le aspettative della società, contro ciò che la gente si aspetta che io faccia.
2. "Signore dille... ": Stereotipi di genere, la chiesa dice a Gesiì di mettere a posto le donne
L'altro giorno mentre al gruppo donne della comunità parlavamo degli stereotipi di genere, ad una sorella di chiesa è affiorato un ricordo, il ricordo di sua nonna che quando sentiva questo racconto si arrabbiava sempre e ce l'aveva con Gesù. "Certo - diceva - se non ci fosse stata Marta volevo vedere cosa mangiavano Gesù e i discepoli!". Ed è un pensiero che forse noi tutti e specialmente noi donne abbiamo almeno qualche voha condiviso. Sappiamo benissimo cosa accade in una casa quando devono venire gli ospiti. Ci si dà da fare. Si fa la spesa, si mettono le cose a posto, si taglia, si impasta, si accende il fuoco, si cuoce, si scodella, si apparecchia, si cerca insomma di accogliere gli ospiti in maniera degna, per amore di chi arriva e anche per non fare brutta figura. Poi non erano neppure pochi in quel caso! Quanti erano? Non certo soltanto i dodici e Gesù! C'erano anche altri e altre. Luca aveva parlato di questa compagnia proprio qualche capitolo prima dicendo che c'erano insieme ai discepoli anche un certo numero di discepole. Comunque Marta è indaffarata, forse affannata e aggravata dal grande lavoro, dal grande trambusto. E cosa faceva sua sorella? Stava a far nulla seduta ad ascoltare Gesù! E così sbotta, ma non si rivolge a Maria, si rivolge a Gesù stesso e gli dice, e immaginiamo lo faccia con forza.- «Signore, non ti importa che mia sorella mi abbia lasciata sola a servire? Dille dunque che mi aiuti».
Questo piccolo particolare è secondo me molto illuminante. Marta aveva le sue ragioni. In quel momento si sentiva sovrastata e sua sorella - probabilmente la sua sorella minore - le appariva poco sensibile ai pesi che stava portando in quel momento da sola. Era certa che il maestro le avrebbe dato ragione, avrebbe detto a Maria la stessa cosa con più energia, con più autorevolezza. Tutti i rabbini che conosceva le avrebbero dato ragione. Tutti sapevano che l'insegnamento della Parola di Dio era qualcosa riservata agli uomini. Le donne avevano altre cose da fare che conoscere la Torah.
Lui era il maestro e poteva dire a sua sorella di fare il suo lavoro e lasciare agli uomini di ascoltare Gesù.
Ma non andò così. Gesù rispose come rispose e probabilmente stupì tutti. Tutti davvero! E li
spiazzò! Se ci pensate se non l'avesse raccontato Luca questo episodio il suo ricordo si sarebbe perso. Proprio come si sarebbero persi i nomi di alcune delle discepole che avevano seguito e servito Gesù sin da quando era in Galilea e fino alla fine. Anche in questo Luca ricorda e annota quello che Matteo e Marco non sanno o non ricordano (Luca 8, 1-3). La risposta di Gesù è spiazzante. Ci sono momenti e momenti. Maria aveva capito che in quel momento doveva fermarsi ed ascoltare Gesù. Era pane più importante del pane da mangiare, era nutrimento per la sua vita e per la vita di tutti quelli che lo stavano ascoltando. Gesù glielo aveva permesso, e ora difendeva la sua scelta. Solo ascoltando Gesù, lei poteva crescere, essere formata e trasformata dalla sua Parola.
Quello era il momento di fermarsi e mettersi in ascolto. Marta non comprese il momento, il
privilegio che stava vivendo. I compiti che sentiva che la società le aveva assegnato, compiti pesanti e impegnativi, lei li aveva considerati urgenti e importanti. Gesù le aveva detto che no. In quel momento c'erano altre priorità e Maria l'aveva intuito.
A volte la chiesa del Signore ha fatto lo stesso errore di Marta. Ha confinato le donne in ruoli prestabiliti. Come la società patriarcale ha pensato che gli uomini erano adatti al ragionamento, allo sviluppo del pensiero, alla riflessione su Dio. Le donne dovevano conservare e preservare la vita, svolgere i compiti che "la natura" aveva loro assegnato. Ecco la parola: la natura! Per natura le donne devono occuparsi di accudire la famiglia, di badare all'andamento della casa, curare le malattie, avere contatto dei corpi e salvaguardare il loro benessere. La natura era opera di Dio, quindi Dio aveva assegnato loro queste funzioni. "Signore, dille che mi aiuti!", dice Marta. In lei parla un'intera cultura. Lei Marta aveva interiorizzato il ruolo che la "natura" e la società le aveva assegnato e cerca in Gesù conferma autorevole. Gesù non conferma. Gesù contesta questa visione delle cose: "Una cosa sola è necessaria. Maria ha scelto la parte buona che non le sarà tolta".
Una sola frase e Gesù capovolge le aspettative di un'intera cultura, di un'intera società.
Spesso e fino ad oggi le chiese riflettono la mentalità di Marta e vogliono decidere loro al posto di Gesù cosa sia meglio e più adatto alle donne. Gesù aveva chiamato donne e uomini a seguirlo, donne e uomini ad ascoltarlo, donne e uomini ad annunciare l'Evangelo. Maria non vuole perdersi una sola parola di Gesù. Si siede e ascolta. Voglio pensare che dopo questa frase anche Marta si sia seduta e si sia messa in ascolto. Poi magari tutti insieme harmo preparato e hanno mangiato, insieme "una mano per uno" perché no? Ma è solo la mia immaginazione... ma il racconto non finisce qui!
3. "Io credo" Marta e Maria nella tradizione giovannea: il cammino di fede nella crisi L'accostamento con la storia della resurrezione di Lazzaro che troviamo nel Vangelo di Giovanni (capitolo 11), non vi suoni arbitrario, si tratta delle stesse persone.
E Giovanni ci aiuta a fare un passo avanti.
Qui l'uomo non è mezzo morto, ma lo è del tutto. Ed è in avanzato stato di decomposizione. Non è un persona anonima, ma è Lazzaro, il fratello di Marta e Maria e un amico di Gesù. Ci sono di mezzo affetti personali. Qui non si discute in astratto, non c'è un case study, ma c'è una persona che conosco e che amo. Essere lucidi è cosa molto difficile.
L'amore per Dio e per il prossimo è al cospetto dell'ineluttabile. La domanda non è più "cosa
posso fare ORA?" Ma, "Cosa ormai non posso fare PIÙ'?"
"Se tu fossi stato qui...", intende proprio questo stato d'animo forte di Marta e anche di Maria che dice le stesse parole intendendo: Ormai non c'è più niente da fare. La fede deve lasciare spazio alla fine irreversibile delle cose.
E' così per tutti. Ma non per Gesù. Questo racconto viene certamente dopo quello lucano, dunque constatiamo che Marta a quell'amorevole rimprovero di Gesù, forse rispose davvero sedendosi anche lei ai suoi piedi. Infatti qui Marta dà prova di aver imparato molte cose. Ella ha imparato da Gesù le cose giuste e non quelle sbagliate che insegnavano i sadducei, e che cioè non c'era resurrezione dai morti. La buona teologia ha la sua importanza. "Lo so - dice a Gesù - che risusciterà, nella resurrezione dell'ultimo giorno". Ma adesso c'è da fare un salto, il più audace : applicare quegli insegnamenti nella situazione dolorosa della propria perdita. Adesso non è più il momento di ripetere un credo già formulato, una preghiera già scritta, o applicare una tradizione già consolidata da secoli. Adesso tutto si gioca col riconoscere che ecco, colui che le sta davanti "è la resurrezione e la vita".
E Marta rispose: «Sì, Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio che doveva venire
nel mondo».
Questa è una delle più belle confessioni di fede in Cristo che troviamo nel Nuovo Testamento.
Marta riceve il suo completo riscatto, comprendendo L'ORA di Gesù, che come sappiamo è un tema teologico del Vangelo di Giovanni, che implica la passione, la croce, ma anche la
resurrezione, la gloria di Cristo, la vita nuova.
L'amore per Dio e l'amore per il prossimo harmo in Gesù la loro incarnazione, la loro mirabile sintesi. E questo Amore è ora in grado di superare la soglia della morte, e capace di ordinare il nuovo mondo, di aprire le porte alla VITA ETERNA.
4. Maria unge Gesù: conoscere, riconoscere, amare, e annunciare Maria e Marta sono entrambe discepole di Gesù e il discepolato lo hanno vissuto in tutte e due le direzioni: cercando l'aiuto di Cristo e confessando la fede nel buio della vita come accadde quando Lazzaro era sepolto nella tomba. Ora lo fa Maria prendendosi cura di Gesù quando si avvicina proprio il suo momento di crisi e di buio. Sì, qui è di nuovo Maria silenziosa e capace di formidabili intuizioni e coraggiose scelte contro corrente. Il Vangelo di Giovanni è l'unico a dare un nome alla donna protagonista dell'unzione di Betania. Giovanni ci svela che la dorma che qualche giorno prima del suo arresto irruppe durante una cena fra uomini con un profumo di grande valore per un gesto estremo di cura per Gesù fu proprio Maria di Betania, la sorella di Marta, un'amica e una discepola di Gesù. La scena si svolge sei giorni prima della Pasqua il giorno quando gli agnelli pasquali venivano separati dagli altri e preparati per il loro sacrificio. Questo particolare non è indifferente per il racconto giovanneo che ci presenta Gesù all'inizio del suo Vangelo come l'Agnello di Dio. Maria nelle parole di Gesù compie un gesto di cura e di amore che nessuno potrà più compiere dopo la sua morte, anticipa quel giorno l'imzione del suo corpo. Maria silenziosa e incurante della critica maschile che la circonda compie gesti sapienti: versa il profumo, lo passa sui
piedi di Gesù, riempie di profumo la casa, si prende cura dell'angoscia del maestro, lo prepara alla settimana più dura, piena di presagi di morte che l'Evangelista Giovanni ci aveva anticipato.
Noi sappiamo che il complotto per uccidere Gesù aveva preso forma definitiva proprio dopo la risurrezione di Lazzaro e questa è stata per Giovanni una maniera per farci capire che Gesù scambiava la sua vita con quella di Lazzaro, la sua vita con la nostra. Maria intuisce e agisce.
Questo è Vangelo, è il Vangelo di cui questa discepola fa parte. Silenziosamente ama come è
amata dimentica di sé, dimentica delle critiche, trasgredendo ogni consuetudine.
Maria di Betania fu discepola che amò Gesù, suo Signore e suo prossimo bisognoso d'amore e di tenerezza. Forse l'unico esempio di sintesi mirabile dell'unico comandamento: ama Dio con tutto il tuo cuore, con tutta l'anima e le forze tue, e ama il prossimo tuo come te stesso.