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Salmo 136

INVITO AL RINGRAZIAMENTO E CONFESSIONE DI FEDE

Il Salmo si presenta con una forma abbastanza riconoscibile: è un Salmo innico di ringraziamento responsoriale in litania (il motivo responsoriale è sempre una sola frase ripetuta costantemente), articolato come una confessione di fede in Dio creatore vvss. 1-9 che mostra la sua bontà verso tutte le creature, a Dio salvatore di Israele vvss. 10-22 che mostra una “misericordia” hesed infinita nel tempo e nello spazio dell’alleanza (nel senso che dura o si prolunga in eterno, non conosce limiti temporali né spaziali), e si conclude con un’affermazione di riconoscenza vvss. 23-26 che sono la “finalità” del salmo: riconoscere la bontà e la misericordia di Dio come creatore e salvatore delle creature e del suo popolo.

Il Salmo nasce dalla sorpresa e meraviglia nel constatare l’opera divina nelle due dimensioni storiche della creazione “in principio” e della redenzione di Israele in Egitto per stabilire con la nazione un’alleanza eterna. Nella prima dimensione si evidenzia la bontà divina, nella seconda la sua misericordia. Non sono due cose diverse o separate, ma due aspetti inscindibili dell’essere divino, si potrebbe dire che il ringraziamento a Dio scaturisce dal “riconoscimento” che tutte le opere divine sono dettate dalla sua misericordia immeritata e dunque provengono dalla sua bontà (non ci possono essere altre spiegazioni). A questa bontà che si manifesta nella misericordia l’essere umano deve rispondere con giubilo, lode e adorazione, riconoscenza e umile adorazione di Dio. Al centro del Salmo ci sono le azioni potenti compiute da Dio nel creato e nella storia della salvezza con una serie doppia di quattro participi per concludersi con la meraviglia della provvidenza divina che dà l’alimento a tutti i viventi (vs. 25).

Le meraviglie di Dio nella creazione vvss. 1-9. Abbiamo tre luoghi dell’azione creativa divina: la il cielo, la terra e le acque sono il teatro delle meraviglie operate con bontà e maestria e potenza da Dio che è confessato Dio degli dei e Signore dei signori, due nomi diversi per Dio. Da questo riconoscimento discende la formula di confessione di fede: soltanto Dio è capace di fare queste meraviglie, la domanda è se l’autore crede che Dio sia il più grande degli dei e dei signori (e dunque ci sarebbero altri dei e signori ma inferiori), o se semplicemente ci troviamo dinanzi al superlativo escludente è il più grande perché non ci sono altri dei né signori. I quattro participi sono ‘sah (ha fatto) ripetuto tre volte (Gen 1) e rq’ (ha forgiato Is 42,5) e significa che il Signore ha compiuto tutto da solo e senza l’aiuto di nessuno, soltanto lui dev’essere per tanto lodato e ringraziato. In questa prima sezione che possiamo denominare cosmica la bontà divina è esaltata insieme alla sapienza (maestria) e alla potenza, gli astri o la terra e le acque che altri popoli celebrano come divinità sono qui opere divine create per essere padroni del giorno o della notte (sole e luna), della terra (che è immaginata come galleggiante nelle acque eppure solida il che desta stupore e meraviglia, com’è possibile?) e del mare che tutto avvolge e che rappresenta la vita, senza l’acqua non è possibile la vita, ma anche la continua minaccia alla vita perché se la terra tornasse ad essere coperta dall’acqua allora scomparirebbe la vita. La potenza, la bontà e la misericordia divine si manifestano costantemente nel miracolo ripetuto della sostenibilità della vita sulla terra.

Le meraviglie di Dio nella storia della salvezza vvss. 10-22. Sono quattro i momenti di cui si occupa il salmista per invitare al ringraziamento e proclamare la fede: l’uscita dall’Egitto, la marcia nel deserto, la sconfitta dei grandi e potenti re che si opponevano al proposito divino (Faraone, Sijón l’amorreo e Og di Basán), e finalmente il possesso della terra data in eredità a Israele per sempre. Questi eventi storici sono azioni compiute da Dio che si possono analizzare da una doppia prospettiva. Dalla visuale di Israele sono delle azioni concrete tese alla liberazione e alla salvezza che da soli non avrebbero potuto compiere, il fatto che si sono realizzate malgrado la resistenza di re e di regni più potenti di loro, sono una prova della sapienza, potenza e bontà divine verso il suo popolo. Ma dalla visuale di Faraone, di Sijón e di Og di Basán si tratta di giudizi storici di Dio contro chi si oppone con la propria potenza a Dio senza riconoscerlo come Dio degli dei e Signore dei signori. Ogni azione descritta ha dunque questa doppia possibilità di lettura come azione misericordiosa di salvezza o come punizione per il peccato. Troviamo una descrizione diversa dell’agire divino quando analizziamo da una parte il modo dell’azione creativa divina e il modo in cui Dio opera nella storia umana. Questi due momenti sono così articolati, Dio prende una decisione, la sua volontà decide di intervenire per esempio liberando gli schiavi dall’Egitto. Questa decisione divina trova una dura resistenza da parte di Faraone, cioè dell’Egitto. Dio allora deve piegare questa resistenza che è in sé malvagia, “colpendo o ferendo” l’Egitto nei suoi primogeniti. La stessa cosa accade nel deserto, il suo popolo non trova soltanto l’ostacolo già insormontabile naturale delle condizioni impossibili per la vita del deserto, ma deve fare anche i conti con la resistenza dei nemici al proposito divino di favorire il suo popolo Israele donando loro la terra. La resistenza che trova il proposito divino è il peccato umano. L’invito alla lode, al ringraziamento sono una confessione di fede che invita Israele a non ostacolare anche loro l’azione divina: Dio vuole essere buono, avere misericordia, comportatevi dunque in modo da facilitare l’opera della bontà e della grazia divina, non costringete Dio a trattarvi come ha dovuto trattare l’amorreo o il Faraone degli egiziani.

La confessione di fede-ringraziamento che invita alla lode diventa ora presente vvss. 22-26, non senza ricordare prima come Dio abbia perdonato Israele dopo la punizione storica (al tempo dei Giudici o dei Monarchi, l’esilio) chiamata l’umiliazione di Israele, dunque anche Israele ha conosciuto nella storia il giudizio divino sul peccato. Si passa al quotidiano, al pane o nutrimento giornaliero che Dio dà ad ogni vivente, all’amore, alla bontà che Dio riversa ancora oggi su tutti noi, costantemente. Il vs. 25 anticipa il Padrenostro e la richiesta del pane quotidiano.

La hesed divina o misericordia che dura in eterno, meriterebbe più tempo e attenzione. Mentre la bontà divina si manifesta nella dimensione cosmologica, la misericordia si manifesta nella storia. Proviene dalla bontà (dall’amore divino) che si manifesta in azioni storiche definite dalla misericordia, si tratta di una riflessione teologica sull’alleanza. Possiamo indicare il libro di Osea come il momento di svolta della comprensione di hesed, non più soltanto come fedeltà ma appunto come misericordia. Dio è fedele al suo patto con Israele malgrado le grandi resistenze esterne che non impediscono la sua azione in favore del popolo scelto, ma anche malgrado le resistenze interne che sono il peccato e l’infedeltà dello stesso Israele. Dio agisce in favore del popolo che si è scelto appunto malgrado l’infedeltà di Israele al patto stesso, perciò la fedeltà divina eccede il concetto stesso di patto e raggiunge una dimensione eterna, imperitura che non tiene conto della fragilità umana ma la trascende nella storia stessa portandola verso la dimensione dell’eternità cioè della trascendenza. Dio trascende il patto storico trasformando l’alleanza in dimensione perpetua e universale della bontà divina. Osea utilizza l’immagine della madre: come potrò respingere mio figlio? Hesed è ora utilizzato in questo libro come sinonimo di utero materno, la misericordia divina è l’utero nel quale la nostra vita è non soltanto concepita ma nutrita e conservata per sempre (per l’eternità, questo significa che la salvezza è per grazia, Osea contiene già in noce il vangelo).