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DA MARCO 10, 17- 28 AVERE UN DIO

“Noi abbiamo lasciato ogni cosa e ti abbiamo seguito” ...queste le parole che Pietro rivolge a Gesù dopo che un “tale” non contento della richiesta da parte di Gesù, se ne va rattristito.

Siamo in Giudea aldilà del fiume Giordano e Gesù è in viaggio con i suoi discepoli. Dai racconti precedenti, capiamo che la missione di Gesù è quasi al termine, infatti, ci viene detto che tra le folle alle quali lui insegnava, c’erano anche dei farisei che lo interrogavano e che, come sappiamo, cercavano di far dire a Gesù qualcosa di sbagliato per poterlo uccidere. (Mc. 10,1 ss.) Cosa che verrà più avanti, a suo tempo. Ed ecco all’improvviso, un “tale” tra la folla corre verso Gesù, si inginocchia e domanda: “Maestro buono, cosa devo fare per ereditare la vita eterna?” (Mc. 10, 17b) La risposta a questa domanda che noi oggi conosciamo bene, in realtà un tempo non era così scontata, soprattutto se pensiamo che chi rivolge questa domanda a Gesù è un ebreo. Il libro dell’Esodo racconta che al popolo di Israele fu data “La Legge” sul monte Sinai dopo che Dio, servendosi di Mosè, liberò il popolo di Israele da quattrocento anni di schiavitù in Egitto. Ed è proprio sull’osservanza di questa legge che si fonda il dialogo tra il giovane ricco e Gesù.

Dal racconto di Marco, sappiamo che questo giovane era davvero un osservante della Legge, infatti il testo ci dice che la prima reazione di Gesù fu guardare il giovane con amore. Successivamente Gesù chiederà al giovane di vendere tutti i suoi beni per darli ai poveri, ma questa richiesta non piacerà al giovane ricco fino a renderlo cupo, triste e tanto da farlo andare via... Nel Vangelo di Marco, è l’unica storia in cui un uomo avendo ricevuto la chiamata alla sequela si volta dall’altra parte e se ne va. Martin Lutero, interrogandosi su cosa significhi «avere un Dio» dice: “Dio è ciò da cui ci si deve attendere ogni bene e presso il quale si deve cercare rifugio in ogni avversità. [...] Ciò da cui il tuo cuore dipende e a cui si affida, quello è, propriamente, il tuo Dio.”

Attenzione però, Gesù qui non vuole condannare la ricchezza, anche perché la ricchezza, il benessere, la salute, sono da considerarsi benedizioni di Dio. Il problema sorge quando noi mettiamo il nostro cuore, la nostra fiducia nelle ricchezze terrene, nei piaceri individuali; il problema sorge quando pensiamo solo a noi stessi e non guardiamo chi ci sta intorno e, purtroppo, quando si è giovani come questo ragazzo, quando si è nel pieno delle forze, spesso questo accade e solo più in là ci rendiamo conto che infine nessuno basta a se stesso, che soli non possiamo fare nulla di buono come diceva Paolo. Abbiamo bisogno di qualcosa, di una forza che possiamo trovare solo nel rapporto con Dio e con le sorelle e i fratelli che lui ci ha dato. Donarsi a costoro, creare relazioni solide, servire la comunità, testimoniare con la propria vita la Parola di Dio. Ecco noi non siamo chiamati alla morte in croce, anche perché c’è già chi è morto in croce al posto nostro, ma siamo chiamate/i ad abbracciare la nostra croce e andare avanti, vivere una vita piena in Cristo, questa è la chiamata che Dio rivolge a tutte e tutti. Amare il prossimo, indipendentemente dalla religione, indipendentemente dallo stato sociale, indipendentemente dalla sessualità e da tutti i nostri limiti che spesso sono un grosso ostacolo alla nostra sequela, alla nostra vocazione. C’è chi è chiamato a lasciare tutto, ma c’è anche chi è chiamato a restare nel posto in cui si trova e allo stesso modo fare la volontà di Dio. Bonhoeffer diceva che la fraternità cristiana, non è solo un ideale, ma è una realtà divina, è una realtà dello Spirito Santo. Fondamentale e centrale sono il rapporto con Cristo vissuto tramite la mediazione della Scrittura che quando proclamata, quando annunciata, diventa Parola vivente, se non l’annunciamo è solo scritta. Dio ha bisogno di ognuna di noi affinché questa Parola raggiunga chi non è stato ancora raggiunto affinché possa operare miracoli nella vita delle persone. La chiamata e la sequela a Cristo sono il frutto della grazia portatrice di misericordia e, se ricordate, Cristo rivolge la chiamata anche al ladrone crocifisso accanto a lui nell’ultima ora della sua vita. Da questo possiamo comprendere che il sentimento che ci accompagnerà nel duro cammino della sequela può essere solo quello della gioia, quella gioia che ci permette di dire il nostro “no” al peccato e il nostro “si” al peccatore, quella stessa gioia che ci permette di vincere i nostri nemici con la parola del vangelo. Allo stesso modo però, dobbiamo stare molto attenti, care sorelle e cari fratelli, attenti a cosa? A non fare della Parola di Dio qualcosa con la quale possiamo dominare il prossimo, manipolare od opprimere con la scusa della Parola di Dio o del ruolo che si ricopre cadendo così nelle mani del nemico ed essere schiavi del male. Nelle settimane precedenti e non solo, abbiamo assistito ad immagini ed eventi che mai ci saremmo aspettati e che mai i cristiani dovrebbero concepire. Vedere sacerdoti benedire le armi consapevoli che quelle armi erano destinate all’uccisione di civili di ogni genere ed età; sacerdoti osannare la guerra seminando solo sofferenza, distruzione e morte a motivo della schiavitù del potere, un potere che però, non ci porteremo nell’aldilà e che anzi, un giorno dovremo dare conto a Dio delle nostre azioni, di quelle belle e di quelle meno belle.

Il Regno di Dio non funziona così, sappiamo che Gesù ha completamente sovvertito l’ordine del mondo, Gesù richiama al capovolgimento della comunità e cioè alla rinuncia di qualsiasi struttura di dominio nella sua Chiesa. Lasciare tutto e seguire Gesù significa lasciare la propria volontà per fare la volontà di Dio e cioè rimuovere totalmente la propria volontà di essere grandi, perché sapete, può bastare un piccolo granello di questa aspirazione a compromettere e rovinare totalmente il servizio genuino, “chiunque vuole essere grande fra di voi, sarà vostro servitore”. (Mc. 10,43) Solo liberandosi del pensiero della grandezza la comunità può diventare una società alternativa e opposta rispetto al mondo e ciò si traduce anche con il lasciare le nostre sicurezze, le nostre convinzioni, le nostre cattive abitudini per iniziare un nuovo cammino e seguire Gesù su un sentiero di giustizia, di condivisione e accoglienza, di perdono e amore, proprio come hanno fatto i discepoli e non deve essere stato affatto facile neanche per loro prendere questa decisione. Lasciare il certo per l’incerto a chi non fa paura? Ma sapete, ogni tanto rischiare fa bene soprattutto se è Dio a chiedercelo! Non possiamo sbagliare! E sapete perché? Perché c’è qualcosa di ben più grande che ci attende oltre questo mondo e che non si può comprare: la fedeltà, la promessa di Dio, la salvezza e la vita eterna non si possono comprare. La promessa di Dio è una promessa eterna che non invecchia e non subisce il deterioramento del tempo. Il giovane ricco ha avuto paura e ha preferito tornare a casa e continuare ad adempiere alla Legge mosaica piuttosto che apportare qualche cambiamento nella propria vita, ma forse era solo troppo giovane per capire quello che realmente Gesù gli aveva chiesto. Gesù non chiede al giovane di diventare povero per ereditare la vita eterna, bensì lo chiama alla generosità, lo chiama a condividere coi poveri, in questo caso è la ricchezza materiale, ma diverse sono le ricchezze e i doni che il Signore ha dato a ognuna e ognuno di noi e che siamo chiamate a condividere col prossimo. Sapete, qualcuna/o può pensare di non avere nulla da poter offrire, ma pensate, anche solo l’ascoltare una persona che soffre, l’offrire una spalla su cui piangere, prendere i dolori di qualcun’altra e annunciare ciò che Cristo ha fatto per noi, avere una parola di speranza per chi speranza non ha più, tendere la mano a chi sta per affogare nell’oceano delle preoccupazioni può e fa la differenza. Seguire le orme di Gesù non significa necessariamente vivere una vita deprimente, ciò che un po’ è nell’immaginario collettivo, ma è il contrario! La vera vita inizia e si apprezza proprio quando accettiamo Gesù nella nostra vita e offriamo ad altri la stessa opportunità. Sapere che Dio è con noi nel bene ma soprattutto nella sofferenza, dire a qualcuno che Cristo è morto sulla croce per i tuoi peccati, fa la differenza!

A questo siamo tutte e tutti chiamati, seguire Cristo, annunciare la buona novella, annunciare il Regno di Dio e servire il prossimo.

“noi abbiamo lasciato ogni cosa e ti abbiamo seguito”. Amen.