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Qohelet 4

Ecclesiaste 7,15-22 La moderazione ci aiuta a vivere meglio

15 Ho visto tutto nei giorni della mia vanità, - vi è un uomo giusto che è perito malgrado la sua giustizia, e vi è un uomo ingiusto che prolunga la sua vita malgrado la sua malvagità.

16 Non essere saggio oltre quello che dovresti – né giusto più del dovuto, perché dovresti distruggerti?

17 Non essere folle oltre misura – né eccedere in malvagità, perché vorresti morire prima del tempo?

La traduzione letterale del testo è qui più che consigliabile, perché una traduzione dovrebbe sorpassare il limite di rendere intelligibile un testo per interpretarlo addirittura teologicamente? Il testo non dice "ho visto tutto questo", ma "ho visto tutto (o "tutte le cose") e in ebraico è implicito in questo tipo di formule aggiungere cose. L'espressione è simile a quella italiana "questo proprio mi mancava di vedere", quando affrontiamo qualcosa di sorprendente oltre misura o che ci scandalizza in modo completo "cose mai viste", potrebbe essere un simile. Perché quello che Qoheleth vuole dire, secondo me, è che "ha visto" la prova diretta che smentisce quello che la stessa parola di Dio dice riguardo la retribuzione in vita del giusto tsadiq del malvagio beratu. Questa dottrina è il caposaldo del libro del Deuteronomio: chi si comporta secondo la giustizia riceve IN VITA benedizioni e abbondanza materiale, chi si comporta in modo ingiusto riceve IN VITA il castigo della miseria e della morte precoce (e i figli chiederanno elemosina). Lo stesso si dica per la letteratura sapienziale dei beni che accumula il saggio e la miseria che perseguita allo stolto. Qoheleth ha visto nella sua esperienza la smentita di questi due capisaldi della dottrina della retribuzione in vita (era anche questo il tema di Giobbe). Questa "conoscenza" ha completato la totalità dell'esperienza a cui si rifà il nostro autore. Ne trae due conseguenze in questo bel mashal posto in doppio parallelismo del non eccedere nella giustizia né nella sapienza, cioè non perseguire nella vita un rigorismo eccessivo, perché attirerai sopra di te la sventura, possiamo chiederci perché? Perché nel paese regna l'ingiustizia e il "saggio" deve tacere in tempi turbolenti e attendere tempi migliori (ricorda una delle idee di fondo del libro Resistenza e resa di Bonhoeffer), poiché vi è nel suo tempo un eccesso di male e di ingiustizia. Possiamo dire che questo "consiglio" non è applicabile sempre ma è contingente all'epoca di Qoheleth, torneremo a parlare alla fine del rigorismo come via cieca alla felicità (perché dobbiamo sapere che non vi è nemmeno un giusto che faccia sempre il bene e non pecchi). Lo stesso si dica del parallelo: non essere troppo ingiusto né troppo folle perché vorresti accorciare i tuoi giorni? Si tratta dell'affermazione di una persona che affronta la realtà senza idealismi, tu che sei ingiusto o folle, non esserlo almeno fino all'estremo, modera la tua azione e le tue brame altrimenti sarai scoperto e punito severamente.

18 (E') buono che tu osservi questo e che tu non ritiri la tua mano di questo (insegnamento), perché chi teme ki ira Elohim (senza l'articolo) deve attenersi a tutto questo.

Conclude con questa massima la prima parte, il timore di Dio è il principio della sapienza e dunque l'inizio del principio sapienziale è evitare l'eccesso, perché tu sei sulla terra e ti governa la legge della terra, e perché Dio è in cielo e governa "oltre" le leggi della terra, tu però vive governato sia dagli altri uomini che da Dio, se vuoi che ti vada bene sulla terra devi attenerti alla doppia saggezza.

19 La Sapienza (ha hokma) rende forte il saggio, più di dieci uomini con autorità (potenti) nella città.

Questo testo non ha bisogno di commento, diciamo che avere dalla tua parte dieci uomini potenti e con autorità nella città era allora una garanzia di successo, per dire che è più importante la saggezza perché ti darà il consenso non solo di dieci ma di tutti quelli che sono saggi (ma come non abbonda la saggezza è meglio non esagerare, sembra dire Qoheleth).

20 Perché non un uomo giusto ("vi è" si rende necessario aggiungere il verbo essere in queste costruzioni di Qoheleth si nota l'influenza della lingua aramaica che non ha il verbo essere che è implicito) sulla terra che faccia solo il bene e non pecchi.

Questo testo è molto importante anche perché evocato nella sua forma greca nella versione dei LXX da Paolo nel famoso testo di Romani 3,11-18 (che cita inoltre i Salmi 14,1-3 e 53,1-3; 140,3 e il 10,7; più Is 59,7s e Pro 1,16 – notate la sovrabbondanza di testi sapienziali in questa citazione chiave dell'Apostolo Paolo sull'universalità del peccato-). La moderazione e l'astuzia consigliata da Qoheleth parte da questa certezza colta nella sua vita esperienziale: non vi è nemmeno uno che possa essere riconosciuto come Tsadiq, completamente giusto che non abbia peccato almeno una volta, questo sarebbe il senso della sua affermazione. Non si può vivere una vita angosciata per i sensi di colpa perché non facciamo anche i doveri minimi quando viviamo in un contesto di sopravvivenza, di riuscire a mala pena a vivere. Ripeto, la sua etica va posta nel contesto sociale e politico che vive, non insegna l'altezza di ideali impossibili da raggiungere, ma l'etica del termine medio in una situazione di malvagità che imperversa nella società e che non è poi tanto diversa della nostra situazione. Possiamo concludere dicendo che Qoheleth ci insegna che il rigore etico eccessivo non può essere fine a se stesso, la vita va ricondotta alla sua condizione primigenia: dobbiamo vivere in questo mondo e godere delle cose semplici, vere e possibili che vengono alle nostre mani senza condannarci a priori a una vita misera e senza sbocco. Questo è un nostro dovere, non un rigorismo cieco, ma accettare i necessari compromessi con la realtà che ci aiuteranno a vivere nel modo migliore in qualunque situazione ci troviamo.

21 Non badare a tutte le cose che ascolti (non lasciare che il tuo cuore vada dietro a tutte le cose che ascolti) – nemmeno se senti che il tuo servo dice male di te.

22 Ricorda (riporta alla tua mente) che anche tu spesso hai detto il male di altri.

Una persona si rende conto che il suo servo (o un'altra persona) parla male di lui, cosa fare? Diciamo che qui abbiamo uno dei problemi che portano più amarezza, tutti desideriamo che si parli bene di noi, vorremmo essere stimati e apprezzati da tutti. Cosa fare quando sappiamo che "si parla in giro" male di noi? Alcuni addirittura passano la notte in bianco pensando a cosa fare o a come ribattere a possibili obiezioni verbali. Non fate niente, ci consiglia il saggio, non importa quello che si dice di te, ma quello che "tu sei", non importa il dire ma l'essere, ricordiamo che anche noi spesso abbiamo parlato "male" di altri, senza nemmeno sapere di cosa parlavamo perché non conoscevamo sufficientemente la persona.