Qohelet 3
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- Scritto da Martin Ibarra
Qohelet 7,1-14 Godi nei giorni favorevoli e nei giorni dello sconforto rifletti!
La sapienza antica di Qohelet è anzitutto "sapere vivere", discernere il meglio in ogni situazione, scegliere il corso d'azione più conveniente a seconda delle circostanze. Con il capitolo 7 inizia una sezione che ricorda Resistenza e sottomissione di Bonhoeffer. Di fronte al male, l'ingiustizia e la tirannide imposte dal potere, cosa fare, quale sarebbe il consiglio di sapienza? Meditare, discernere, resistere e riflettere quando non si può resistere, su quello che accade per lasciare ai posteri il risultato delle proprie frustrazioni, sogni e desideri di giustizia. Possiamo definire il nostro autore un "realista" che affronta senza idealismi (da rottamatore!) le contraddizioni insite in una società. Due notazioni sul linguaggio di Qohelet, notate in primo luogo il vs. 1: tov shem mishemen tov – w'yom hamawet miyom hiualdo, la traduzione letterale è questa: buon nome meglio buon profumo --- e giorno morte a giorno propria nascita, balza agli occhi l'assenza del verbo essere (qui èimplicito come nell'aramaico dove "non esiste il verbo essere"), questo tipo di costruzione con tv (buono) – superlativo e tv (meglio) senza verbo essere è un chiaro arameismo; in secondo luogo notate che Qohelet è un libro scritto in verso alternato con alcuni passaggi in prosa, la forma poetica fondamentale del nostro testo è il massa, parola che significa "detto, proverbio, sentenza", in origine sono forme poetiche di due versi di origine popolare il cui oggetto è distillare la sapienza dell'osservazione, il haken (saggio) prende un verso del massa popolare e lo completa in modo insolito con la propria osservazione erudita, sarebbe come se noi prendessimo un detto popolare tipo "chi si alza di buon mattino -- Dio l'aiuta", Qohelet scorpora e dice chi si alza di buon mattino (noi ci aspettiamo che continui dicendo "Dio lo aiuterà" o qualcosa di simile) "non fa che l'alba giunga prima".
7,1-8 Meglio la sobrietà dell'esuberanza:
In questi proverbi che si strutturano con questo "è meglio (è preferibile)" domina l'immagine della riflessione funerea, "il saggio riflette sul morire lo stolto pensa solo a divertirsi" questo proverbio di Qohelet che troveremo più tarde come punto massimo della riflessione è una massima qui dominante. Cosa sarebbe meglio?: (1)un buon "nome" del buon "profumo", (2) il giorno della morte del giorno della nascita, andare alla casa del lutto della casa in festa (baldoria), (3) la tristezza del ridere sguaiatamente, e qui si dà la ragione o il perché "un cuore che medita sulla morte che è il fine di ogni Adam è più preparato ad affrontare i giorni bui e di dolore che arrivano per tutti", invece un cuore che ha conosciuto soltanto la festa delle nascite o il ridere pazzo crollerà quando dovrà affrontare il dolore, questa è una massima o insegnamento di vita, la nostra cultura "nasconde il dolore e la morte", tutti dobbiamo essere giovani, trionfanti e addirittura belli – seducenti, è chiaro che un cuore collaudato soltanto nel ridere cammina verso la frustrazione; (4) "il cuore del saggio dimora nella casa in lutto, il cuore dello stolto dimora nella casa della baldoria", Qohelet critica la mancanza di moderazione nell'esprimere la gioia, lui non è contrario al godimento delle cose buone della vita, ma alla corsa sfrenata per il piacere senza riflettere sul fatto che non tutto finisce qui, che la vita sotto il sole è carica anche di dolore e frustrazioni, il "cuore" del saggio deve essere pronto (e collaudato) per affrontare la gioia con moderazione esultando nel modo giusto, e la tristezza con sapienza meditando sul significato del bene e del male perché tutto viene dall'Elohim che ci dona la vita e dunque tutti i suoi componenti.
(5) tov lish'mo Gaarat chakham – meiysh shome shiyr K'siyliym , meglio la reprensione del saggio – dell'ascoltare la canzone (urlata) dei folli, al (6) si dà la ragione: perché il ridere del folle è havel (vanità-spreco-perdere il tempo) e qui si paragona al crepitio che fanno le sterpi mentre bruciano per riscaldare la pentola, è fiamma effimera che non riscalda il cuore.
(7) notate ora il salto: "l'oppressione (o l'oppressore la parola è la stessa in ebraico) rende pazzo il saggio (letteralmente lo fa impazzire a causa della sofferenza che provoca nel popolo l'ingiustizia) e il dono "corrompe" il cuore del giudice che l'accetta (è implicito questo verbo) e aggiungiamo noi, della società intera. La riflessione passa dall'interno del cuore umano, dal dentro al di fuori, alla società.
(8) qui troviamo due mashal molto belli anche linguisticamente: è meglio la fine di una cosa del suo inizio (questo detto è in parallelo con il giorno della morte/della nascita); l'altro detto è proverbiale è preferibile lo spirito paziente allo spirito altero (superbo-orgoglioso).
7,9-12.13-14 ci saranno sempre i giorni buoni e i giorni cattivi per questo devi imparare a riflettere e discernere per saper scegliere il meglio sia nei giorni di festa che nei giorni di lutto, la sapienza ti offre o consente di scegliere sempre il meglio tra due beni e il meno peggio tra due mali, questo è in strema sintesi la massima sapienziale di Qohelet. Il suo linguaggio è apparentemente semplice, il vs. 9 ne è una prova, letteralmente significa: non ti affrettare nell'indignarti (conta fino a dieci prima di parlare) perché l'amarezza (che porta l'ira) risiede nel fondo (abisso) dello spirito degli stolti. In realtà qui abbiamo dette in maniera semplice delle verità molto profonde. Il vs. 10 ha una costituzione più robusta e complicata dal punto di vista linguistico: "non dire (non dirai) per quale motivo i giorni passati furono migliori degli attuali – perché non è la saggezza a dettare questo tipo di riflessione", vale a dire si tratta di uno spreco di riflessione impegnare lo spirito e il cuore in quel tipo di pensiero. Anche noi diciamo con il detto popolare "son migliori i tempi passati", perché a fare questa riflessione è l'anziano nel bel mezzo dei suoi acciacchi, è naturale che l'ottantenne guardando indietro dica che stava meglio a vent'anni (anche se era stretta la vita), ma dice Qohelet, a cosa serve una tale riflessione se non a far dimorare in fondo al cuore la tristezza? Invece va cacciata dal fondo del cuore perché inquinerebbe tutto e ci impedirebbe di godere le cose semplici della vita.
(11-12) ora cambia un tantino la costruzione: "tovah chakh'mah im-nachalah – w'yoter l'roey hashamesh", la sapienza è buona quanto un'eredità (o è buona ma se accompagnata da un'eredità è meglio per quelli che vivono sotto il sole) ma le due cose insieme hokma e nachala (eredità) sono il meglio per i viventi, al vs. 12 si dà il perché: la sapienza e il denaro sono una difesa contro le intemperie della vita, meglio se si trovano insieme tutte e due; alcuni preferiscono tradurre e dare al testo il significato che è preferibile la sapienza al denaro (let. il testo dice che all'ombra di sapienza c'è dell'argento), ma io credo che il significato è che le due insieme sono la migliore difesa contro i problemi che vengono dalla vita, poiché la sapienza "dà la vita" è un dono di Dio.
(13-14) eccoci arrivati ai testi più difficili e complicati del brano: rifletti sull'opera che compie haelohiym, perché chi potrà raddrizzare quello che lui ha fatto storto? "Godi nei giorni buoni e nei giorni del male RIFLETTI", la conclusione è che Dio ha posto i giorni buoni DI FRONTE (lemmat) ai giorni mali (vuol dire che ha fatto entrambi, il yom che è il giorno o il tempo stesso che dura, un periodo qualsiasi di tempo, è creato da Dio) per sempre e si alternano, l'uno succede all'altro, senza che Adam possa farci niente per cambiarli o trasformare un tempo cattivo in un tempo migliore, godi del bene nei giorni buoni e sii paziente, rifletti quando arriveranno i giorni difficili, non puoi fare altro e si tenti di cambiare il ritmo del tempo della vita umana stai cercando di raddrizzare quello che Dio ha creato storto. Questo è il massimo degli sprechi, delle vanità a cui un uomo si può dedicare.