Atti 3
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- Scritto da Martin Ibarra
Atti 6-8,3 Una Chiesa che supera i conflitti e affronta la persecuzione.
Questa sequenza serve ad illustrare due elementi fondamentali che caratterizzano in modo molto forte la chiesa nascente il cui modello noi vogliamo o pretendiamo di riprodurre. Il primo che ci occuperà è la risoluzione dei conflitti nella chiesa (6,1-7) e immediatamente la crisi provocata dalla persecuzione scatenata dopo il martirio di Stefano: Arresto di Stefano 6,8-15; Discorso di Stefano 7,1-53; Lapidazione di Stefano e persecuzione 7,54-8,3.
Il conflitto suscitato nella nascente chiesa ha tutte le caratteristiche della “tempesta perfetta”: Notate in primo luogo la “diversità” delle componenti di questa chiesa, sono tutti ebrei ma di origini diverse, ci sono i giudei “Palestinesi”, di lingua aramaica, e i giudei Ellenisti di lingua greca, hanno in comune il fatto di essere residenti in Gerusalemme. Abbiamo dunque un conflitto di matrice etnica e culturale, perfetto per mandare in frantumi una chiesa oppure una comunità civile, per distruggere ogni possibilità di convivenza o di costruzione di un comune percorso progettuale. Tutto nasce dalla pratica della koinonia, come nel caso che non studieremo di Anania e Safira (sembra che tutti i problemi della chiesa di Gerusalemme abbiano avuto in origine una matrice economica). Nella distribuzione dei beni tra le vedove o i bisognosi, gli Ellenisti vedono una “discriminazione delle loro vedove” e questo provoca un “mormorare” (simile a quello degli ebrei contro Mosè nel deserto), che mette in pericolo la comunione spirituale e accenna alla divisione della chiesa.
Come si risolve il conflitto? I XII convocano un’assemblea dei discepoli e fanno una proposta (noi diremmo una mozione) geniale. In pratica si propone la divisione del ministero in due fronti: da una parte la preghiera e la predicazione (chiamata però curiosamente nel testo diaconia) sarà affidata agli apostoli; dall’altra il servizio (chreias) delle mense sarà affidata a “sette uomini di buona fama, pieni di spirito e di sapienza”. Questa idea piacque a tutti e così scelsero sette uomini tutti con nomi greci che fa supporre erano tutti Ellenisti.
Due considerazioni soltanto. Il ministero degli apostoli è chiamato diaconia, cioè noi conosciamo questi come diaconi, ma in realtà nel testo originale i diaconi della parola e della preghiera sono gli apostoli, mentre i diaconi delle mense (non ci sarà anche per caso qui inclusa la frazione del pane?) eserciteranno una diaconia (servizio) e una chreias (ministero). Una seconda annotazione, il conflitto si risolve non concentrandosi sul problema ma andando oltre e guardando alla soluzione, una strategia di risoluzione dei conflitti da cui dobbiamo anche noi imparare come un suggerimento pratico ecumenico. Una strategia di dialogo ecumenico imperniato sulla “soluzione” e cioè le formule attraverso le quali si possa giungere ad un maggiore effettivo grado di comunione che consenta di partecipare tutti e tutte alla mensa eucaristica, e non più sul “problema” dell’intercomunione.
Immediatamente vediamo che questi “diaconi” non si limitano alla diaconia quotidiana delle mense, ma predicano il vangelo e disputano con gli ebrei. Proprio una disputa di Stefano con alcuni ebrei della sinagoga dei liberti provoca un tumulto e l’arresto di Stefano, uno dei sette. Contro di lui si alzano dei falsi testimoni e le accuse contro di lui diventano una causa in cui è condannato a morte. Nella sua difesa Stefano pronuncia un discorso che contiene la confessione di fede del credente che gli costa la morte, diventa così il primo testimone della fede con il sangue, il primo a seguire il Maestro nella testimonianza fino alla morte. Il primo martire o “testimone” della fede pronuncia un discorso lungo che non abbiamo il tempo di commentare nel dettaglio. Si tratta di una rivisitazione della storia di Israele con “occhi” cristiani, si analizzano le tappe fondanti della storia della salvezza e i grandi personaggi dell’AT unanimente rifiutati dagli ebrei, e contiene un’esortazione alla conversione a Cristo, il giusto (dikaiou – tsadeq), l’ultimo inviato da Dio per la vostra conversione e che voi avete ucciso come “i vostri padri hanno ucciso i profeti”. La vena polemica del testo si spiega nel contesto ellenico di competizione con l’ebraismo nelle città greche e romane del Mediterraneo, si vede già la tendenza la distacco dalla matrice ebraica ancora non consumata completamente. La persecuzione avrà questo risultato di staccare il cristianesimo nascente dalla sua matrice giudea. La responsabilità della rottura è posta interamente nell’atteggiamento ostile e persecutore degli ebrei nei confronti dei cristiani. Inoltre, questo discorso enfatizza la “colpa” di Israele di aver travisato la legge (la parola divina) portata dai suoi messaggeri e rimasti inascoltata o interpretata male da parte del popolo ebraico. In questo discorso troviamo l’esempio “provato” del suo essere pieno di spirito e di sapienza, questa pienezza non può servire soltanto per distribuire i beni ai poveri nelle mense. E’ chiaro che qui abbiamo una prima divisione dei compiti ministeriali: gli apostoli si rivolgono agli ebrei palestinesi di lingua aramaica, mentre “i sette” si rivolgono agli ebrei di lingua greca e di origini ellenisti (sia ebrei di nascita che proseliti). Questa “divisione” dei compiti sancisce la pluralità all’interno della chiesa che non è sottoposto ad una rigida gerarchia. Le decisioni non sono presse dagli apostoli, ma dall’assemblea di tutti i discepoli. L’organizzazione della chiesa primitiva di Gerusalemme somiglia più al volto delle nostre chiese democratiche e non gerarchizzate e non altri tipi di chiesa molto istituzionalizzate dove il ruolo degli individui è ridotto ad ingranaggio di una struttura immutabile venuta dal “cielo” in mezzo alla terra, così come è ora e senza possibilità di cambiamento.
La chiesa subisce la persecuzione e resiste nella fede in Cristo tutte le angherie: la prima persecuzione è scatenata dal martirio di Stefano e coinvolge tutta la chiesa. Adesso notate questi punti. La morte serena del testimone che vide aprirsi i cieli (vs. 56), evidentemente si aprono per accoglierlo. La presenza di Saulo (che è ora un giovane) e che in seguito diventa un persecutore accanito della chiesa. La dispersione dei cristiani per la Giudea e la Samaria che erano tappe della diffusione del vangelo nel “progetto” missionario di Gesù in 1,8 “misarete testimoni in Gerusalemme, nella Giudea, in Samaria …”. Ma gli Apostoli rimangono a Gerusalemme, il che ci fa riflettere sulle dimensioni vere e sui destinatari della persecuzione (forse soltanto i cristiani di origine ellenista). Forse questo rimanere gli apostoli a Gerusalemme sia frutto di necessità teologica e non si tratti di una nota storica. Per la teologia in questo momento di Luca è necessario che gli apostoli come istituzione siano ancora a Gerusalemme.
In questa sequenza dunque, la chiesa è descritta come una chiesa in crescita, che predica il vangelo di Cristo in mezzo all’opposizione e alla persecuzione senza paura alcuna, e che risolve (supera) i conflitti e le lotte interne con sapienza e pienezza di spirito. Noi possiamo avere un’organizzazione perfetta ma se non vi è una decisa vocazione missionaria e evangelizzatrice, se non vi è sapienza e pienezza di Spirito, la nostra efficienza umana è una scorza vuota. L’ecclesiologia battista non può fondarsi soltanto sull’organizzazione della chiesa ma deve analizzare le caratteristiche spirituali che sono la vera anima della chiesa, e senza le quali la chiesa come istituzione è guscio vuoto, scorza abbellita e fodera multicolore. La vera chiesa ha come essenza l’amore, la comunione, la sapienza e la pienezza nello Spirito che sono in realtà doni, queste cose avvengono nella chiesa, ma occorre anche cercarli, procurarli con la preghiera, lo studio e la dedizione alla causa del Signore e del Vangelo.