Questo sito web utilizza cookie per fornirti la migliore esperienza di navigazione.

Quando la vita è in salita abbiamo bisogno che qualcuno ci prenda in braccio e ci dica: Non temere, io ti aiuto.

9 Tu che ho preso dalle estremità della terra, che ho chiamato dalle parti più remote di essa, a cui ho detto: "Tu sei il mio servo", ti ho scelto e non ti ho rigettato. 10 Tu, non temere, perché io sono con te; non ti smarrire, perché io sono il tuo Dio; io ti fortifico, io ti soccorro, io ti sostengo con la destra della mia giustizia. 11 Ecco, tutti quelli che si sono infiammati contro di te saranno svergognati e confusi; i tuoi avversari saranno ridotti a nulla e periranno; 12 tu li cercherai e non li troverai più. Quelli che litigavano con te, quelli che ti facevano guerra, saranno come nulla, come cosa che più non è; 13 perché io, il SIGNORE, il tuo Dio, fortifico la tua mano destra e ti dico: "Non temere, io ti aiuto! 14 Non temere, o Giacobbe, vermiciattolo, o residuo d'Israele. Io ti aiuto", dice il SIGNORE. Il tuo redentore è il Santo d'Israele

Chi erano i destinatari di queste parole? Erano persone appartenenti a un popolo che si sentiva perdente, disorientato, arreso ad una sorte avversa che li aveva condannati ad essere deportati, dunque spogliati di tutti i loro averi, piccola minoranza oppressa, straneri senza forza in un impero che sembrava invincibile. Annientamento fisico, culturale, economico, psicologico, religioso. Chi ha potere e vince, spesso sbandiera la propria superiorità, umilia e annulla psicologicamente coloro che la storia sembra aver condannato. Abbiamo molti testi particolarmente nei salmi che descrivono questo stato d'animo. Famoso è quel verso del salmo 137: Là, presso i fiumi di Babilonia, sedevamo e piangevamo ricordandoci di Sion. 2 Ai salici delle sponde avevamo appeso le nostre cetre. 3 Là ci chiedevano delle canzoni quelli che ci avevano deportati, dei canti di gioia quelli che ci opprimevano, dicendo: «Cantateci canzoni di Sion!».
Ce le ricordiamo queste stesse richieste degli ufficiali nazisti ai deportati nei campi di sterminio. Imponevano agli internati di mettere insieme delle orchestrine per allietare i loro festini. Nessuno dei deportati aveva più un nome, un'identità. Poi la superiorità ostentata diventa dileggio, presa in giro, umiliazione. Il messaggio è "tu non sei nessuno". E se vuoi sperare di ricevere clemenza devi strisciare. I potenti che sono anche violenti non riconoscono i tuoi diritti, tu puoi solo abbassarti fino a terra per ottenere forse gentili concessioni. Schiacciare dei vermi è molto facile! La violenza che può arrivare fino al procurare la morte è l'espressione massima della conclamata frase: tu non esisti, tu non sei nessuno.

Ecco che nell'ultimo versetto della nostra lettura affiora questo termine che ci appare stranamente offensivo nella bocca di Dio che dice al popolo: "Non temere, vermiciattolo". Perché la scelta di quella parola? Perché? Perché era così che si sentivano i deportati. Se il sottotesto è giorno dopo giorno, mesi e anni: tu non sei nessuno, l'umiliazione, la sconfitta, la subordinazione alla lunga possono creare nella vittima la convinzione di non valere niente. Oggi diremmo; autostima zero!
Anche oggi nella nostra società c'è chi si sente tanto potente da desiderare l'annullamento a parole e a fatti di altri esseri umani, a considerali nullità da umiliare. La violenza che annulla a parole e a fatti arriva su molte donne quotidianamente fino a volte a ucciderle. Quella stessa violenza si sfoga sui senza fissa dimora e sulle minoranze dal colore diverso da quello della maggioranza dominante. Ricorderete tutti il caso del poliziotto bianco di Minneapolis, Derek Chauvin che ha tenuto il suo ginocchio sul collo di George Floyd per 9 minuti e 29 secondi fino a provocarne la morte. Un ginocchio sul collo, pensateci, è manifestazone di potenza, è simbolico del considerare l'altro un verme da poter schiacciare. Come infatti è avvenuto. Floyd è stato schiacciato. E questa violenza vigliacca che annulla e sottomette arriva puntualmente contro le minoranze sessuali, particolarmente persone omoaffettive, disforiche o bisessuali. Per questa ragione, così come segnaliamo e denunciamo la violenza contro le donne e contro ogni tipo di razzismo, ogni anno noi partecipiamo come chiesa all'organizzazione di veglie di preghiera per le vittime di questa violenza, quella rivolta alle minoranze sessuali.

Vegliare è un'esortazione che ci viene direttamente da Gesù ed è ripresa tante volte anche da altri scritti biblici. Significa stare svegli e pregare con qualcuno che è sotto minaccia, significa vigilare perché qualcosa che è accaduto non accada più, quindi vigilare a che non si faccia più violenza verbale, psicologica, fisica a qualcuno semplicemente per quello che è. Vegliare è denunciare questa violenza, è incoraggiamento a smascherarla se abita anche in noi sotto forma di pregiudizio, se si nasconde anche nelle pieghe della nostra vita comunitaria, dei nostri discorsi, delle nostre barzellette. Vegliare è prendersi cura di qualcuno che è in pericolo, come un pastore sta sveglio per prendersi cura del proprio gregge, altrimenti indifeso. Dobbiamo prenderci cura perché il prendersi cura è mestiere della chiesa. Come lo facciamo? In primo luogo pregando, studiando la parola e predicandola.

Allora cosa ci dice la parola di oggi? Che i potenti pensavano di annientare i deportati e ridurli a nulla ma Dio dice alle vittime dell'impero: 9 Tu che ho preso dalle estremità della terra, che ho chiamato dalle parti più remote di essa, a cui ho detto: "Tu sei il mio servo", ti ho scelto e non ti ho rigettato. E' la vocazione, la chiamata ad essere servi del Signore. Quando la chiamata al discepolato arriva, dovunque tu sia, anche all'estremità della terra, anche cioè nei luoghi remoti dove ti sei nascosto, se Dio ti chiama e tu riconosci la sua voce e sai che chiama proprio te, allora comprendi nel profondo dell'anima che Dio ti ha scelto, non ti ha rigettato! E da qui si parte, dall'iniziativa dello Spirito di Dio che è libero e soffia dove vuole e dunque si rivolge a te che sei stato umiliato, dimenticato, schiacciato a parole e a fatti e ti dice:"Tu sei il mio servo".
Ascoltiamo questa testimonianza:
Testimonianza di Davide
Sono omosessuale. Ecco il motivo delle mie sofferenze! Penso:”Voglio guarire! Non posso essere accettato da Dio!”. Ed è proprio nel momento di sofferenza più profonda che comprendo che Dio mi ama così come sono, non devo cambiare, perché sono “prezioso ai suoi occhi, sono degno di stima” (Isaia 43).
È solo presentandomi senza maschere davanti a questo Amore che posso rialzarmi! Le fratture fisiche guariscono velocemente, ma le fratture emotive hanno bisogno di tempo… Solo Dio può guarire le ferite causate dalla non accettazione di me stesso. La paura e il senso di colpa mi hanno disintegrato, Dio mi ha portato alla riconciliazione con me stesso. Ecco allora qual è stato il mio peccato più grande: rifiutare me stesso! Perché dove io non mi amo, Dio mi ama; dove io mi disprezzo, Dio non mi disprezza; dove io mi sento in colpa, Dio mi perdona!Ora posso realmente danzare la bellezza della vita! “Hai mutato il mio lamento in danza, mi hai tolto l’abito di sacco, mi hai rivestito di gioia” (Salmo 30)

Questa è l'opera dello Spirito santo che contrasta ogni pregiudizio anche l'odio di Davide verso sé stesso. E' Dio che mostra la sua grazia e non lo caccia via. Questo vive Davide, una pentecoste in cui sente forte e inequivocabile l'amore di Dio che riscalda il cuore, che ama, accoglie, guarisce man mano le paure, i sensi di colpa, il disprezzo per se stesso.
"Tu sei il mio servo", cioè tu mi appartieni, io ti ho scelto! E ancora: 10 Tu, non temere, perché io sono con te; non ti smarrire, perché io sono il tuo Dio; io ti fortifico, io ti soccorro, io ti sostengo con la destra della mia giustizia.

La parola ai deportati irrisi dai potenti arriva come un balsamo su dolenti, antiche e recenti ferite. Lo Spirito consegna questa antica parola nel cuore quando ti senti indebolito, confuso, timoroso di un mondo che ti appare cinico, e ostile. Il tuo Dio ti dice: "Tu non temere perché io sono con te". Questa è stata l'esperienza di tanti che hanno vissuto il trauma della scoperta e la sofferenza di essere respinti. E poi hanno sentito queste parole dell'antico profeta dirette proprio a loro.

Ma un'esperienza simile l'hanno anche vissuta spesso i genitori di questi ragazzi o ragazze che avevano dichiarato la propria omosessualità o la propria disforia di genere ai propri genitori.
Ecco la testimonianza di una mamma che si identifica con Maria la mamma di Gesù davanti alla croce del figlio:
Testimonianza di Maria
Confusa e addolorata anche io non riuscivo a riconoscere mia figlia dopo il suo coming out. Ferita dal dolore che lei aveva attraversato e spaventata per quello che intravedevo davanti a lei, mi sono sentita vicino quel tuo cuore di madre che si sentiva certo impotente a impedire le sofferenze del figlio amato, oggetto di incomprensione e dileggio. Forse anche tu, come tuo figlio poco prima e come me adesso, hai chiesto: “se possibile, passi da me questo calice”. Senza risposta. Se non l’affacciarsi improvviso sulla vertigine di un amore immenso di Padre e di Madre, che vede ogni figlio e figlia come bello e buono, puro e amabile, degno e prezioso, unico e ineguagliabile. Un Amore che chiede solo di trasformare il nostro sguardo, per scorgere la luce del germe di Vita che ha posto in ciascuno di loro. Un Amore che chiede a tutti noi di saperli accogliere perché possano splendere – nella profonda verità del loro essere – come riverberi della Sua luce.

L'amore di Dio che chiama, l'amore di Dio che apre il cuore e manda via ogni timore, queste sono le esperienze di battesimo dello Spirito Santo che Davide in un modo e Maria in un altro hanno fatto e da allora si sono aperti alla Vita e al futuro di Dio.

Ma continuiamo a leggere questo testo:
11 Ecco, tutti quelli che si sono infiammati contro di te saranno svergognati e confusi; i tuoi avversari saranno ridotti a nulla e periranno; 12 tu li cercherai e non li troverai più. Quelli che litigavano con te, quelli che ti facevano guerra, saranno come nulla, come cosa che più non è; 13 perché io, il SIGNORE, il tuo Dio, fortifico la tua mano destra e ti dico: "Non temere, io ti aiuto!

E' Dio che parla e parla del grande impero babilonese che come tutti gli imperi non avrebbe avuto una vita lunga. Questa parola è un monito a chi si sente invincibile, a chi crede che Dio non vede e non sente, che Dio non esiste. Un monito a chi trasforma se stesso in un dio e si crede eterno. Qui Dio dice che coloro che volevano annullare, umiliare, spersonalizzare, ridurre l'altro a un verme, saranno essi stessi "annullati", "tu li cercherai e non li troverai più". Di che si tratta? Di una vendetta di Dio? No, è un monito rivolto a ogni impero, ad ogni imperialismo collettivo o personale che la violenza che fai ti si ritorce contro. Violenza produce violenza, odio produce odio in una scia di sangue senza fine.

Attenti voi che bullizzate, che dileggiate, che violentate. Pensate di essere grandi ma siete un nulla, come cosa che più non è.

Ricordiamo Gesù, cuore della nostra fede. Egli prese posizione accanto ai poveri, ai disprezzati, agli ultimi della società del suo tempo, pubblicani, prostitute, poveri, donne, samaritani e per questo condivise il disprezzo e l'odio che era loro destinato. Fu bullizzato, disprezzato, violentato nel corpo e nello spirito. Furono i potenti che decisero la sua morte ma la folla cieca ne divenne complice, segno di quanto acritica e manovrabile può essere l'opinione pubblica.
Quella dinamica si ripete anche oggi e noi possiamo pensare che non ci sia nulla da fare.
e allora oggi ci giunge nuova la parola antica: Non temere, io ti aiuto!
La forza di questa parola che giunge dritto al cuore è la forza della rinascita, è forza di risurrezione, è forza d'amore, accoglienza, di vita nuova per le vittime e per i violenti. Ricordiamoci sempre che la prima persona che testimoniò di Gesù fu il suo boia, il centurione che disse appena vide spirare Gesù: Veramente costui era il figlio di Dio. E cominciò quel giorno per lui una vita nuova.

Quando tu ti senti l'autostima a zero, i diritti negati, si fanno calcoli politici su una legge che punisce l'odio che porta alla violenza, quando ti accorgi che si ride di te, ti senti a terra, ricordati che Gesù ha vissuto quello che vivi tu. C'è una bella notizia: dopo 2020 anni noi ascoltiamo ancora la sua parola, cerchiamo di seguire il suo esempio perché dopo la croce c'è stata la risurrezione. Dopo il verme c'è la farfalla variopinta e leggera. La parola di Isaia e quella di Gesù ti aiuta ad uscire dalla tua crisalide, a spiegare le tue ali e a conquistare la bellezza della terra e del cielo.

Se senti che la tua vita sia spesso in salita e ti sembra di non farcela più fai silenzio e ascolta. Dio ti dice: Tu, non temere, perché io sono con te; non ti smarrire, perché io sono il tuo Dio; io ti fortifico, io ti soccorro, io ti sostengo con la destra della mia giustizia.
Ed è Pentecoste per te, perché quando crederai a questa parola, il tuo cuore si riempirà di gioia!