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Perché sovrabbondi in voi la speranza

Vorrei partire oggi da una domanda, cosa veniamo a fare nella chiesa ogni domenica? In cosa consiste il nostro culto a Dio? Notate due possibili risposte inadeguate. La prima, veniamo ad ascoltare un sermone. Certamente l'ascolto è al centro del culto cristiano, pero, attenzione, noi non veniamo ad ascoltare un sermone ma LA PAROLA DEL SIGNORE, perché come dice Giacomo essa ha la potenza di rigenerare le anime nostre per (verso) la salvezza. La seconda, veniamo a incontrare i fratelli e le sorelle, certo ne incontriamo di fratelli e delle sorelle, ma questo che è tanto importante non è l'oggetto del nostro culto, ma INCONTRARE IL SIGNORE e i fratelli e le sorelle. Se ora mettiamo insieme queste due affermazioni che ho fatto, vedremo un quadro più completo di cosa veniamo a fare nella chiesa ogni domenica: l'ascolto della parola e l'incontro con il Signore, insieme con l'ascolto e l'incontro con i fratelli e le sorelle. Ma, quali effetti ha su di noi l'ascolto e l'incontro. Questo è il punto dove volevo arrivare.

Il primo effetto è questo: l'ascolto della parola accresce la nostra fede e fa sovrabbondare in noi la speranza. Il testo di Romani 15 che abbiamo letto è una sorta di preghiera-augurio. L'Apostolo chiede (o si augura) che avvengano due cose nei Romani riguardo la loro fede e la loro speranza. Noi sappiamo bene che la fede viene dall'ascolto della Parola di Dio e si rafforza nella confessione della fede, ma forse non sappiamo che anche la speranza nasce dall'ascolto, si nutre dalla proclamazione della parola e vive e cresce dalla forza della nostra fede. Sì, notate subito i due verbi che si utilizzano: riguardo alla fede Paolo dice che il suo desiderio è che essa sia riempita (plerosai viene da pleroma che è la totalità) di ogni gioia e pace. Non è male questo augurio, chi di noi non vorrebbe essere pieno di fede. Il riempimento poi della nostra fede con questi due elementi, gioia e pace, sarebbe già un traguardo importante. Ma notate che il massimo a cui possiamo aspirare è ad essere riempiti di fede, ricordate che Gesù sempre rimproverava i suoi discepoli dicendo loro di avere una fede scarsa. Come è la vostra fede? Non parliamo ora della quantità di fede, ma della sua qualità, è essa piena di ogni pace e gioia? Como potrà la nostra fede raggiungere quello spessore attraverso l'ascolto sereno e costante della parola di Dio? Invece, notate il verbo utilizzato per l'augurio sulla vostra speranza: affinché sovrabbondiate (perisseuein sarebbe il verbo che si utilizza nel famoso testo "dove abbondò il peccato sovrabbondò la grazia") nella speranza. Ma se noi andiamo indietro, all'inizio del versetto, noteremo che Dio è chiamato il Dio della speranza. Cosa ci dà questo Dio della speranza invocato da Paolo? Ci dà come dono una fede piena e una speranza sovrabbondante. Queste due sono il frutto dell'operare in noi la sua grazia mediante la potenza dello Spirito suo.

Attenzione ora, parlerò brevemente del rapporto fede-speranza. Questi pensieri sono molto meditati, densi, fatte dunque attenzione. La nostra speranza dipende dalla spessore della nostra fede; la confessione della fede ha immediatamente effetti sullo spessore della nostra speranza. Qui non parliamo delle attese che come esseri umani abbiamo. Tutti aspettano e si attendono qualcosa, nell'immediato e nel futuro. Si dice che il motore dell'umanità, quello che ci spinge ad operare è proprio questo. Perché semina il contadino della parabola, e perché due giovani si sposano? Perché si attende il raccolto e realizzare la propria esistenza insieme con la persona amata. Ma qui non parliamo di questo generico attendersi qualcosa, i frutti maturi di quello che facciamo o siamo in quanto esseri razionali. Parliamo della speranza che è dono divino e che viene dall'ascolto della parola del Signore, quello che speriamo perché abbiamo creduto ad una promessa proveniente da Dio. Non ci chiediamo ancora sul contenuto della speranza che è cosa ben più grave, ma sul suo rapporto con la fede. Ora una fede piccola e senza fiato produce una speranza fiacca e nana, incapace di mobilitare la nostra esistenza. Una fede grande e rigogliosa produce una speranza radicata e potente che ci porta a grandi azioni per il Regno di Dio. Una fede povera e misera produce una speranza rachitica e rassegnata, senza levatura né scopo. Vanno della mano la fede e la speranza, senza speranza la fede diventa cieco dogmatismo, credenza, religione; senza fede la speranza nemmeno nasce, non ha la sua condizione di possibilità. Notate che la fede è in riferimento agli elementi storici confessati e creduti riguardo Cristo: è nato da donna, fu crocifisso, morì e risuscitò il terzo giorno, la fede orienta il nostro sguardo verso il passato fondante, mentre la speranza ri-orienta il nostro sguardo verso il futuro perché quello che attendiamo o speriamo è il ritorno di Cristo, il suo giorno, come indica esemplarmente questo testo di Atti 1,11 houtos eleusetai "così verrà, in quel modo come l'avete visto andare in cielo". Il territorio della speranza, il suo regno incontrastato è il futuro. La fede senza speranza dunque è credenza, forse opinione, è azzoppata, non cammina e non ci porta da nessuna parte.

Sì, la nostra fede deve riempire l'anima nostra perché siamo pieno di ogni gioia e di ogni pace. Ma soprattutto perché questa fede piena in Dio e nella sua parola ci faccia sovrabbondare nella speranza. Abbiamo detto quali siano gli effetti della fede (o della sua mancanza sulla speranza), riflettiamo ora sugli effetti della seconda sulla prima. Il primo effetto è la certezza, la fede diventa certa quando è ornata dalla speranza, figliano certezza, sicurezza le nostre due virtù: quando vanno insieme quale fertile avvenire ha il nostro amore verso Dio è il prossimo. La certezza deve affrontare il dubbio, il dubbio è l'anti-parola che vuole annullare in noi l'effetto della Parola di Dio, il dubbio invita a non credere, e a non sperare, il dubbio è un deserto di ghiaccio che porta alla morte spirituale. In secondo luogo, ascoltate bene, la speranza dà serenità alla fede. Ci sono delle fedi turbolente e esagitate, non confondiamo agitazione e esaltazione con fede, è un tragico errore, non ha più fede il più esagitato, l'urlante, il più fondamentalista, anzi, quella fede che non è piena di gioia e di pace, è sospettata di essere fede finta, figlia della religione o del fanatismo. La speranza difende la fede dal fanatismo esagitato, dal fondamentalismo sterile, la speranza dà serenità insieme con la certezza. Quando la tempesta sembrava inghiottire la fragile barchetta di Pietro, il Signore non sgrida subito il mare, prima sgrida i discepoli, chiama loro alla fede dicendo non temete Io sono. Parole misteriose che immediatamente portano fede, una fede serena perché il Signore è qui con noi, cosa potrà mai accadermi, e se accade qualcosa o la peggiore delle cose, il Signore è con me per raccogliere i pezzi della mia esistenza e ricomporla, risuscitarla. Infine, la speranza insegna la più delicata e scarsa delle virtù nei giorni nostri della fretta, cioè ci insegna la pazienza. La pazienza non è figlia della fede, ma della speranza, non ha niente a che spartire con la rassegnazione. La pazienza è provata dalla lunga attesa. Giovanni conclude il suo libro delle rivelazioni con questo urlo: Signore vieni presto! La sua situazione di urgente bisogno giustificava quell'impazienza. Anche il fatto che lui era stato così vicino al Signore per tre anni, non ce la faceva più senza il suo Signore. La pazienza, fratelli e sorelle, insieme con la certezza e la serenità sono la dote che la speranza porta a questo matrimonio tra fede speranza e amore che è la vita cristiana, il rapporto tra noi e Dio in Cristo mediante lo Spirito.

Dunque veniamo alla chiesa per imparare alla scuola della fede la serenità, la certezza e la pazienza, forse a questo punto avremo finito, ma no. Manca un elemento importante che non posso tralasciare. Ad un certo punto del capitolo tredici della Prima Corinzi Paolo dice: l'amore tutto crede, tutto spera. Non si poteva concludere senza fare riferimento all'agape divino: senza amore non si può raggiungere questa totalità di una fede piena che riempie di pace e di ogni gioia, e di una speranza che ci conduce sulla soglia della certezza con pazienza e serenità. Queste ultime vi auguro anche io oggi in questo momento dell'inverno più freddo scosso dal blizzard o come diavolo si chiami questo vento siberiano. Che la vostra fede abbia lo spessore di una speranza infinita che sovrabbondi in voi come un ruscello e scaldi i vostri cuori in queste giornate gelide.

Martin Ibarra 12 febbraio 2012.