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Se qualcuno vuole vantarsi, si vanti di conoscermi

Il profeta ha ricevuto da Dio un messaggio difficile da accettare da parte di Giuda: tra voi cresce la malvagità, si passa da un delitto all'altro, si commette violenza su violenza nel paese. Il popolo che doveva essere nel piano di Dio, una luce e un punto di riferimento per tutta la terra, è in preda all'ingiustizia, i più deboli soffrono maggiormente le contraddizioni di una società dove domina la pratica del male. Il popolo che doveva far conoscere Dio a tutte le na¬zioni, non ha una vera conoscenza di Dio. A questa denuncia pressan¬te del peccato, segue l'annuncio del giudizio divino: la rovina sarà inevitabile e verrà velocemente se si persevera in quella strada. Ma il profeta annuncia anche la grazia e indica la via di uscita nella conversione a Dio: chiama Giuda al pentimento, al ritorno a Dio, alla conver¬sione, intesa come "(ri) conoscere Dio". Questa espressione signi¬fica, innanzitutto, compiere i comandamenti, essere fedeli all'alleanza e imitare la santità e la giustizia di Dio.

Ecco individuata dal profeta la radice del problema che denuncia: il male dilaga, la guerra è vicina, la disgrazia e la rovina galoppano veloci verso Israele, perché Giuda ha rotto l'alleanza. Per questo motivo, adesso subiscono le conseguenze delle loro mancanze, hanno dimenticato il Signore e l'alleanza. Sono diventati malvagi come gli altri popoli pagani.

Il profeta indica anche la via verso la soluzione del problema. Mette a confronto due triadi. La prima è la triade della malvagità umana, cioè quello che noi cerchiamo disperatamente come singoli e popoli di ottenere: la ricchezza, la forza (il potere), la conoscenza (saggezze), per dominare gli altri e fare quello che vogliamo. Il profeta dice al popolo di Dio, voi non potete gloriarvi in quelle cose, in quella triade infernale, voi dovete gloriarvi perché seguite la legge dell'Eterno e dunque cercate nella vostra vita la triade alternativa, quella dei valori che Dio ha insegnato al suo popolo: la bontà (l'amore), la pratica della giustizia, del diritto, e la ricerca della rettitudine morale. Chi cerca queste cose "conosce" Dio e lo "riconosce nei suoi fratelli" e pratica verso di loro la giustizia, l'amore e la rettitudine morale.

Conoscere il Signore pertanto, significa praticare la giustizia, nota¬te questo concetto chiaro anche nel cap. 22, al vs. 16: Egli giudicava la causa del povero e del bisognoso ... non è forse questo conoscer¬mi? Conosce il Signore chi pratica la giustizia; un popolo che ama e venera la giustizia è un popolo che conosce il Signore. Chi non pratica la giustizia fraintende, non conosce Dio. Nel¬la nostra vita di ogni giorno essere giusti, praticare l'onestà anche nelle cose più piccole, è un segno di conoscere Dio, di fa¬re quello che Dio fa. Questa è la tragedia dell'Italia: non amiamo la giustizia, anzi. Si governa contro la giustizia, per impedirla, per azzoppare i pubblici ministeri, si dilapidano i soldi pubblici in opere inutili se non dannose, e si tolgono i soldi ai poliziotti che poi dovranno proteggere la società, ai magistrati. Un paese che non ama la giustizia è condannato a vivere nella precarietà del male, se poi sono i poveri, i più miseri a scegliere questi governanti non vi è soluzione se non in una vera rivoluzione morale, non dei forconi, ma delle persone oneste che dicono basta, si cambia. Spero che sia veramente così da ora in poi. Giuda era allora in preda alla dissoluzione più distruttiva, perché non praticava la giustizia; il nostro paese è in macerie perché ab¬biamo dimenticato, calpestato, schernito la giustizia. Il cumulo di rovine che vediamo sono una prova di questo allontanamento dalla vera giustizia.

Il profeta indica la strada della conversione e la chiama notate: arrivare alla vera conoscenza di Dio. Non si tratta di avere una conoscenza astratta, fi¬losofica di Dio, perchéi non possiamo conoscere Dio come conosciamo un teorema matematico o una proposizione filosofica, questo tipo di teologia scolastica ha fatto veramente danni all'immagine di Dio. Piuttosto, per il verbo che il profeta usa, yadah, dovremmo parlare di riconoscere il Signore per amarlo veramente, sapere chi e come sia Lui per sapere dove lo si possa trovare. Noi impariamo a riconoscere una persona quando imparia¬mo i segni che la distinguono da tutte le altre persone che cono¬sciamo. Com'è dunque questo Dio di cui parla il profeta? E' as¬solutamente necessario per noi distinguere i suoi tratti fonda¬mentali per riconoscerlo, per sapere dove trovarlo, per affian¬carlo e portare a termine il suo progetto storico di salvezza. Ebbene, il profeta ci dice che Dio è colui che può essere defini¬to in virtù di ciò che fa e di quel che desidera (9:22 23): dun¬que, Dio è bontà (amore), giustizia (diritto), e rettitudine (lealtà). Queste tre qualità divine sono in contrasto aperto, si oppongono radicalmente, al sistema di valori falsi che noi, esse¬ri umani abbiamo costruito e veneriamo:

alla sapienza umana, Dio oppone la sua bontà.

alla forza, Dio oppone la giustizia o il diritto.

alle ricchezze, Dio oppone la rettitudine.

Se questi tre valori falsi che cercano e adorano gli esseri umani, ci conducono alla rovina, alla distruzione, i valori che Dio promuove, bontà, giustizia, rettitudine, possono salvare e ricondurre il popolo verso la via della salvezza, della ricostru¬zione. Se i controvalori umani creano una società fondata sul cannibalismo sociale, la concorrenza spietata dove solo i forti possono godere i frutti, i valori che Dio promuove hanno il valo¬re pedagogico di ricondurre il nostro sguardo verso il debole, la vedova, l'orfano, per ricuperare il senso radicale della giusti¬zia: l'esigenza dell'amore al prossimo.

Gli esseri umani si vantano del potere, della ricchezza, della forza, perché sono questi i valori che riconoscono e ai quali vogliono conformarsi. Tutti vogliono essere ricchi, forti e saggi. Ma questo è impossibile, non è vero? Solo alcuni di¬ventano ricchi, in pochi ottengono il potere e la forza in una società, in pochi entrano in possesso dell'informazione e dunque della sapienza. Il risultato di una società che venera e adora questi valori? Leggete il giornale, guardate la TV, la crona¬ca... Invece, Dio elenca i meriti o le qualità che lui riconosce come vere: e tutti possono diventare buoni, giusti e retti, non è vero? Magari la concorrenza tra i singoli e tra i popoli fosse su chi è più buono, più giusto e più retto.

Solo chi vive così, viene a sua volta riconosciuto da Dio. Dio garantisce la vita eterna agli esseri umani che vivono in questo modo, che sono come lui, che cercano e venerano questi va¬lori. Questa è la conversione alla quale chiama il profeta:

Dio è buono, per tanto chi lo riconosce, dev'essere come lui, e vivere come lui.

Dio è giusto: chi riconosce Iddio dev'entrare in questa lo¬gica della giustizia divina che protegge il debole, l'emarginato, e non cerca l'alleanza con il potente.

Dio è retto: non fa accezione di persone, non ha preferen¬ze, applica gli stessi principi a tutti, è equanime, e si aspetta di noi la stessa integrità etica.

Queste sono le cose che piacciono a Dio, questa è la misura con cui Dio ci giudica, ci esamina, ci salva. Dio vuole che chi lo confessi come Signore viva secondo questi principi, agisca se¬condo questi valori. Conoscere Dio è accettare una forma di vita e di essere nel mondo, un tipo di relazione con Dio e con il prossimo.

Martin Ibarra Pérez 4 febbraio 2012