Questo sito web utilizza cookie per fornirti la migliore esperienza di navigazione.

Il vitello d'oro: Dio e gli idoli

Questa storia ha un fascino del tutto particolare. Raccontiamola brevemente. Mosè è salito sulla montagna di Dio, il Sinai, ed è rimasto lì per quaranta giorni. Nel frattempo è successo qualcosa di impressionante nell'accampamento israelita. Tutti hanno pensato che Mosè ormai fosse morto e che loro erano in pericolo mortale, abbandonati nel deserto. Chiedono ad Aronne di fondere un vitello d'oro che adorano come un simulacro del dio che li ha tratti dall'Egitto. In un colpo solo hanno commesso due dei peccati senza riscatto (abominio) e senza perdono: hanno adorato un altro dio, hanno costruito una immagine di Dio.

Per capire questo racconto dobbiamo fare un passo indietro. Dio ha ordinato al capitolo 20, quando ha stabilito la sua alleanza con Israele e dato loro i Dieci comandamenti, i primi due che sono il fondamento teologico dell'alleanza monoteista, questi sono: non avrai altri dei, non ti farai scultura, ecc. Prima ancora che questa alleanza diventi una realtà storica, gli israeliti l'hanno rinnegata facendo proprio quello che li è vietato in quanto popolo di Dio, avere altri dei e farsi una scultura di dio per adorarla. Cosa è successo nel deserto se non che ha presso il sopravento l'istinto idolatra dell'essere umano? L'essere umano è naturalmente idolatra, direbbe Calvino, la nostra tendenza naturale caduta è quella di fabbricarci i nostri dei alla nostra immagine e somiglianza. Mentre gli israeliti erano sorvegliati dal garante del patto, Mosè, essi si attengono alle esigenze fondanti dell'alleanza, appena Mosè e Dio si distraggono, il vitello riappare con tutta la sua forza simbolica che affascina l'uomo.

In cosa consiste dunque l'idolatria? In primo luogo nel dividere le nostre lealtà. Gesù disse ai suoi discepoli: Cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia, le altre cose vi saranno date in aggiunta. Questo è il problema, le altre cose. L'idolatria nasce dal cuore diviso degli uomini, da una parte c'è Dio e le sue esigenze, dall'altra ci siamo noi e le altre cose che compongono la nostra esistenza. In secondo luogo l'idolatria consiste nel desiderio di vedere, toccare Dio, di avere sicurezze, certezze si costruisce una scultura di Dio e la si colloca nei tempi di marmo per averlo a disposizione e andare ogni tanto a chiedergli l'affitto. Detto in modo talvolta crudo, l'idolatria consiste in farsi un'immagine di Dio a nostra immagine e somiglianza, secondo i nostri desideri e brame, perché risponda ai nostri appetiti.

Il vitello d'oro è una contraffazione di Dio, l'idolo è sempre due cose: una proiezione dei nostri desideri e delle nostre brame, è in realtà un'introspezione di noi stessi, l'idolo siamo noi o le nostre cose portate all'infinitezza. Per questo motivo è una contraffazione di Dio. L'idolo siamo noi, poiché non esistono i dei, essi non solo sono falsi ma non esistono, l'idolo che ci fabbrichiamo è in realtà noi stessi innalzati come oggetto di culto. Per questo motivo l'idolatria è così insidiosa. Sarebbe troppo facile eluderla, sconfiggerla se si presentasse grossolana nella forma di un vitello d'oro. Il mio idolo posso essere io stesso, il mio lavoro, le mie brame di denaro, successo, potere, sesso. Il mio idolo è la mia debolezza, le mie cose, quello che mi manca e bramo in modo smodato e pericoloso per la mia integrità. L'idolo sarebbe la contraffazione di Dio e dunque tutto quello che divide il mio cuore in due lealtà: verso Dio, e verso le mie cose idolatrate. Dico le mie cose per significare questo ampio spettro di idoli che non solo mi circonda ma che inonda la mia fantasia, sono in me in folta e nutrita schiera, alimentata dalla pubblicità, dall'invidia, dall'orgoglio, dal rancore e dall'odio, dalla cupidigia. Sì, l'idolo è la fabbrica incessante, sempre aperta del mio peccato. In secondo luogo l'idolo che è contraffazione di Dio è il mio desiderio di "vedere e di toccare con mano" il mio dio. Le folle che andavano dietro a Gesù, cosa cercavano? Il pane a gratis e il miracolo quotidiano, la loro dose di sacro, un Dio che si può toccare con mano, che è indicato dal lumicino rosso nelle chiese cattoliche (è lì, stai tranquillo, te lo daranno domani, potrai mangiarlo confortato e sicuro di tenerlo a tua disposizione), o dal guru carismatico di turno in certe chiese (fra virgolette perché talune di queste sembrano più un teatro, un cinema un varietà) pentecostali o neocarismatiche, queste chiese di plastica che offrono spettacolo gospel, teatro e varietà, barzellette e miracoli a buon mercato, cosa cercano le persone che accorrono a queste botteghe del sacro se non il sempiterno idolo appagante la sete di miracoli, pane e certezze? Sì, l'idolo non è soltanto ingombrante ma è, sa essere, molto insidioso, per questo è tanto pericoloso.

Come possiamo sbarazzarci senza rimpianti dei nostri idoli? Notate il doppio no divino agli idoli.

Dobbiamo imparare anche noi a dire no ai nostri idoli. Il primo no è a noi stessi, non farti idoli, tu non ti devi costruire idoli. Non si tratta ovviamente soltanto di non fare sculture, o di chiudere gli occhi terrorizzati di sacro sdegno quando vediamo un quadro che rappresenta una scena del NT o dell'AT. No, impariamo a dire no ai salvatori della patria che si presentano a noi come idoli da adorare e sono in realtà una fabbrica di peccati sempre aperta; impariamo a dire no alle nostre brame, desideri smodati, totalizzanti che ci risucchiano in un vortice infinito senza uscita. Per dire invece sì a Dio. Non farsi idoli significa rimanere "soli" con Dio, senza l'interferenza dei nostri idoli. Questo è il senso del doppio no divino agli idoli, in questo modo tu sei solo dinanzi a Dio, senza interferenze, mediatori né contraffazioni né simulacri di dio, tu uomo solo, donna sola, dinanzi al solo unico Dio. Questa è una decisione terribile, dire no agli idoli costa moltissimo, rinunciare ai nostri dei fatti alla nostra immagine e somiglianza è un grande sacrificio. Ma è assolutamente necessario per poter raggiungere la nostra integrità e avere un rapporto vero con Dio. Solo sbarazzandoci dai nostri idoli possiamo avere un vero rapporto con Dio. Abbiamo parlato di due no e di un sì, diciamo no agli idoli per dire sì a Dio. Notate il testo di Corinzi: Il vostro sì sia sì, il vostro no sia no.

L'idolo è la negazione o contraffazione di Dio per due motivi: il primo perché sostituisce Dio, toglie Dio dal trono della nostra vita per insediare un fantasma che sono le mie proiezioni, il secondo perché mi impedisce di avere un vero rapporto con Dio. A questo dico no: agli idoli che sostituiscono Dio e mi impediscono di riconoscerlo come mio Signore e adorarlo in spirito e in verità. Ma non basta dire no, occorre dire sì. Dire sì a Dio è l'antidoto alle nostre tendenze idolatre, al nostro cuore bramoso di idoli e che sguazza nel marciume dell'idolatria moderna dell'immagine. Dire sì a Dio è la via della fede, non posso toccare e controllare Dio senza allontanarmi per sempre del vero Dio che non può essere visto ma soltanto creduto per fede, fede che è abbandono nel deserto, fiducia smisurata nella sua misericordia che mi raccoglie e salva immeritatamente per grazia sola.

Martin Ibarra Pérez domenica 7 ottobre 2011.