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Il ciclo di Gedeone

Il ciclo di Gedeone comprende una serie di racconti che sono stati fusi e che provengono dalle due tribù con i territori più vasti: Manase ed Efraim (i Ben Joseph). La novità rispetto altre storia di salvatori è l'intervento di un profeta anonimo (6,7-10) che "interpreta" l'invasione dei madianiti e amaleciti, tribù di beduini del deserto, come una punizione divina ("non avete ascoltato la mia voce"), e la presenza dell'angelo "sotto il terebinto di Ofra", il rapporto di Gedeone con l'angelo è una delle questioni più interessanti dell'intera vicenda. Il centro dell'attenzione saranno le campagne militari di Gedeone contro le tribù nemiche ma anche contro alcune città che si sono rifiutate di aiutare il suo esercito. Un'interpretazione globale della saga si impone come necessaria. Questa parte del libro rispecchia l'intera epoca dell'entrata e insediamento delle tribù della confederazione ebraica in Canaan, si tratta più di un lento processo durata almeno due secoli, e non una conquista portata a termine in pochi anni.

Il profeta anonimo interpreta la storia, aiuta a capire il perché della condizione precaria del popolo. Si ripete lo schema teologico del DT (DT è la sigla con la quale identificheremo d'ora in poi il redattore della maggior parte del libro dei Giudici che è il risultato della combinazione da parte di questo redattore di una serie di documenti preesistenti e di varia antichità) , ma adesso si rafforza questa teologia della storia con un parola profetica che svela la situazione di miseria di Israele come conseguenza del loro peccato. Sorprende l'immediata risposta di Dio al pentimento di Israele e la mobilitazione dell'angelo che appare a Gedeone sotto il terebinto (gli alberi sono considerati sacri e dunque adatti per la teofonia o rivelazione divina), il saluto dell'angelo indica la "vocazione" di Gedeone come forte guerriero. Ma Gedeone pone una serie di obiezioni a Dio che iniziano con due domande di carattere giustificativo dell'azione divina, sono domande della Teodicea (la giustificazione di Dio di fronte all'esistenza del Male e della sofferenza). Questo dialogo diretto in cui l'uomo obietta a Dio è un precursore di Giobbe e di alcuni salmi. Gedeone fa delle domande e non delle affermazioni, chiede a Dio il perché della sua apparente assenza, e giunge ad una risposta umana al problema dell'abbandono del popolo da parte di Dio, "ci ha respinti" perché non abbiamo osservato il patto. La costatazione del fallimento storico di Israele rivela la maturità del pensiero teologico del DT. L'angelo dice in risposta a Gedeone: "Va' con questa forza e libera Israele".

Le prove del favore divino richieste da Gedeone, e per contra le prove alla fede del condottiero da parte di Dio, formano la parte più interessante, dal punto di vista religioso, dell'intero ciclo. Cominciamo con il sacrificio del capretto consumato dal fuoco scaturito dalla roccia 6,17-24. Possiamo pensare a due tipi di spiegazioni del fenomeno, si tratta di un segno e di una forma di sacrificio per la "pace" tra Dio e Gedeone, egli ha visto l'angelo "e ha parlato" a faccia a faccia con lui, senza il sacrificio per la pace Gedeone rischiava di morire, in questo modo si ristabilisce il rapporto tra colui che sceglie, Dio, e l'uomo che è stato scelto, fatta la pace tra di loro si può procedere a portare "la pace" tra Dio e Israele. Questo è il senso del sacrificio notturno chiesto a Gedeone da Dio (6,25-32) del "secondo toro di suo padre", offerto in olocausto completo su un altare costruito da Gedeone sulla roccia, usando come legno per bruciare l'olocausto l'altare di Baal e le Ashere (i pali sacri che rappresentavano Baal e Ashera). La forte valenza simbolica del gesto significa la rottura col passato idolatra, la restaurazione del culto vero a Dio (ma Gedeone non è un sacerdote), e la riconsacrazione di Israele a Dio. Gedeone ha compiuto un gesto di riparazione per l'intera nazione e ha purificato se stesso e il suo popolo per poter rinnovare il patto sulle ceneri dell'altare di Baal e dei simboli del suo culto alla fecondità. Alla richiesta del popolo che vuole punire Gedeone con la morte, risponde il suo clan: "muoia chi vuole fare giustizia a Baal, se è un dio, faccia morire entro domani chi ha bruciato il suo altare, si faccia giustizia da sé", questo gesto dà un secondo nome a Gedeone Jerub-Baal.

Le altre prove chieste da Gedeone, controbilanciate delle prove alla fede imposte da Dio, si presentano come un dialogo della fede e della fiducia. Gedeone chiede una doppia prova che riguarda la rugiada, una forma molto poetica di chiedere a Dio di alterare un fenomeno naturale. Quello che invece chiede Dio come contropartita riguarda la fiducia in lui da parte dell'uomo da lui scelto e dal popolo che guida. L'attenzione si sposta agli occhi di Dio sul numero dei guerrieri al comando di Gedeone. Questo esercito composto da Israeliti dalle diverse tribù, che risposero alla chiamata di Gedeone, si deve sempre più assottigliare. Anche qui vi è della poesia. La logica di "questo dialogo delle prove" da parte dell'uomo e di Dio ci appare quasi come una forma arcaica di preghiera, e come una forma sottile di confessione della fede, perché non si possa dire dopo "è stata la nostra forza a liberarci da Madian". La "scelta" dei soldati non segue una logica militare, non saranno i più forti, i più svegli, i scelti, le ragioni sono di carattere teologico, prima si lascia andare i titubanti e gli incerti, poi sono ancora troppi i soldati e allora avviene la scelta definitiva secondo un criterio divino: "ti indicherò io quelli che dovrai separare". La chiave sta dunque in questa parola, Dio separa quei trecento che saranno il nucleo delle forze di Gedeone.

Il resoconto delle battaglie non ci interessa ora, il contrasto tra il numero dei madianiti paragonati a locuste, e l'esiguo esercito di Gedeone ha una matrice teologica, la battaglia contro di loro è un combattimento divino. Dio risponde in questo modo all'obiezione iniziale di Gedeone: il Signore ci ha respinti, dove sono i suoi prodigi di cui i nostri padri ci avevano parlato?" Ecco, questi prodigi si sono rinnovati per questa generazione, ad iniziare da una battaglia vinta senza combattere, poiché sono stati i loro nemici ad uccidersi a vicenda, a voltare ciascuno la spada contro l'altro. La confusione nell'accampamento è da considerarsi un parallelo alla confusione delle lingue a Babele. I superstiti fuggono in ogni direzione e sono facile preda degli altri clan. A questo punto si inserisce la storia delle campagne militari di Gedeone contro altre città ebraiche, per esempio Sukkot e la terribile punizione inflitta agli anziani della città. Ma questo eccede i limiti imposti dal nostro tempo e dal nostro interesse più teologico che storico. La conclusione della storia è mirabile, poiché si propone a Gedeone di portare la corona di sovrano ma egli si rifiuta poiché Israele ha già un Re ed è Dio stesso.

Martin Ibarra giovedì 26 gennaio 2012.