Questo sito web utilizza cookie per fornirti la migliore esperienza di navigazione.

Una strategia per combattere la rabbia

Testi: Salmo 136, 1 Corinzi 6,19-20 e Ecclesiaste 11,1

Siamo arrabbiati.
Il più delle volte ne abbiamo sacrosante ragioni.
Ci sentiamo vessati, colpiti nei nostri diritti, quotidianamente destinatari della rabbia ingiustificata di  altri.
Ma con la rabbia si vive male. Non si costruisce niente. La rabbia è riottosa ma non rivoluzionaria.
Sicuramente anche per questo Paolo scrive: "Adiratevi ma non peccate. Il sole non tramonti sul vostro cruccio" (Efesini 4,26). Come dire che arrabbiarsi è inevitabile, ma sostarvi è pericoloso.
Con questo sermone di inizio anno, desidero condividere una strategia teologico-spirituale per combattere la rabbia, in particolare quella forma permanente e pericolosa di cui ho appena accennato.

1. La conta delle grazie
L'indicazione è semplice. Prendete una piccola agenda. Piccola abbastanza per metterla in borsetta, o nella borsa dell'ufficio, meglio se di quelle che hanno allegata una matita. E provate a fare un semplice ma disciplinato esercizio: annotare, con poche parole, ogni volta che vi accade qualcosa di simile ad una grazia. Non banalizzate. Non scrivete troppo. Ma esercitatevi a  mettere a coltivazione la gratitudine. Scrivete una ragione per cui, ad un certo punto della giornata, avete avuto un motivo per ringraziare, il cielo, la natura, il partner, un amica.
Se non avete un'agenda, può andar bene anche una bottiglia o un barattolo, in cui inserire dei pizzini. Metteteci la data.
L'esercizio va bene per tutti. Non ha ancora nulla di teologico. Lo può fare chiunque: cattolico, evangelico, ateo, agnostico.
Qualcuno direbbe che è l'esercizio del bicchiere mezzo pieno. Va bene. Chiamatelo così, se vi pare. Ma sottraetevi in qualche modo a quella rabbia che non è vostra, ma ideologica. Voi non ve ne accorgete ma viene da fuori: da troppa televisione spazzatura dove la rissa fa audience, dall'esercizio diffusissimo di sparlare e disprezzare le persone anche senza conoscere niente di loro, come avviene diffusamente nei  social. Provate a frenare il numero di giri della macchina del fango.
Di questa conta delle grazie il Salmo 136 ce ne offre una versione veterotestamentaria. "La misericordia di Dio dura in eterno, o, se preferite, resta". (HESED)
Il Salmo ci aiuta a compiere un passo decisivo in questa conta: dietro tutto ciò che quotidianamente di buono ci accade, c'è Qualcuno, esiste una Fonte, un Magazzino celeste delle grazie. Tutte hanno lo stesso marchio di fabbrica, lo stesso brand. E soprattutto, il Salmo suggerisce di scegliere di enumerare le grazie tra quelle collettive, che uniscono me con l'altro, col popolo di Dio.
Attenzione però, facciamo questo esercizio con rispetto. Non trasformiamolo, a sua volta, in una sorta di ideologia dell'ottimismo. Come se non si avesse nessuna legittimità enumerare le dis-grazie, come se non ci fosse il diritto di piangere e contare le perdite, che, come sappiamo, non sono affatto equamente distribuite. Pensiamo a persone che sono scappate da teatri di guerra o di grave conflitto sociale...
Facciamo pure la conta delle grazie, ma nella consapevolezza della sua insufficienza.
Ché poi, se vogliamo essere più precisi, dovremmo dire che questo esercizio è perfino impossibile.
Non abbiamo neanche la benché minima idea del loro numero. Non immaginiamo neanche quanto quel ritardo di 15 minuti, per il quale imprecammo, ci sottrasse da una situazione ben più grave o perfino letale. O di quanto, aver attraversato quell'incrocio, dieci secondi prima, ci abbia messo in salvo da una fatale collisione.

2. Il conto della Grazia
Qui ci aspetta il salto di qualità.
Qui finisce la psicologia e comincia la teologia. Finisce il tecnicismo spirituale e comincia la fede.
La rabbia la si disinstalla con la Grazia di Dio.
Paolo, in un capitolo della 1 Corinzi dedicato alla importanza del corpo, afferma un concetto che avrà modo di ribadire in molti modi nella stessa lettera: "Voi non appartenente a voi stessi. Siate stati comprati a caro prezzo." ( 1 Corinzia 6, 19-20).
La vostra libertà è stata pagata, come quella di uno schiavo, riscatta da un pagamento in denaro.
E il conto è stato salato.
Il Bonhoeffer di "Sequela" pose la questione della grazia a caro prezzo con espressioni particolarmente chiari ed efficaci:

La grazia a buon mercato è grazia senza sequela, grazia senza croce, grazia senza Gesù Cristo vivo, incarnato.
Grazia a caro prezzo è il tesoro nascosto nel campo, per amore del quale l'uomo va a vendere con gioia tutto ciò che aveva; la pietra preziosa, per il cui valore il mercante dà tutti i suoi beni; la signoria regale di Cristo, per amore del quale l'uomo strappa da sé l'occhio che lo scandalizza; la chiamata di Gesù Cristo, per cui il discepolo abbandona le reti e si pone alla sua sequela.
Grazia a caro prezzo è il vangelo, che si deve sempre di nuovo cercare, il dono per cui si deve sempre di nuovo pregare, la porta a cui si deve sempre di nuovo bussare. È a caro prezzo, perché chiama alla sequela; è grazia, perché chiama alla sequela di Gesù Cristo; è a caro prezzo, perché costa all'uomo il prezzo della vita, è grazia, perché proprio in tal modo gli dona la vita; è a caro prezzo, perché condanna il peccato, è grazia, perché giustifica il peccatore.
La grazia è a caro prezzo soprattutto perché è costata cara a Dio, perché gli è costata la vita di suo Figlio «siete stati riscattati a caro prezzo» (1Cor 6,20) e perché non può essere a buon mercato per noi ciò che è costato caro a Dio. E' grazia soprattutto perché Dio non ha ritenuto troppo elevato il prezzo di suo Figlio per la nostra vita, ma lo ha dato per noi. Grazia a caro prezzo è l'incarnazione di Dio

Il Conto della Grazia è il vero antidoto teologico alla nostra rabbia.
E, come scrive Bonhoeffer, ha due aspetti: L'amore di Dio che si manifesta nelle compassioni di Cristo e dall'altra parte, il discepolato, la sequela, del credente. E' grazia a caro prezzo per il prezzo pagato da Dio, ma è "a caro prezzo" anche perché  ci chiama a renderci disponibili a pagare per il nostro discepolato.
Qui finisce l'illusione della lista delle cose semplici da fare per curare la rabbia. Vincerai la rabbia, riuscirai a diventare uomo e donna di speranza,  compassionevole, perfino gentile, se avrai coscienza del "Conto della Grazia" e del suo "caro prezzo".
Mettiti più decisamente sulle orme di Cristo. Diventa ogni giorno di più, suo discepolo. Obbediscigli. Onoralo con parole e con fatti, e al di là del numero delle grazie che sei in grado di contare, troverai la forza per vincere la rabbia, troverai il coraggio per diventare costruttore di un mondo di pace.

3. Il Rac-conto della Grazia
Questo punto conclusivo è  di chiarificazione non aggiunge alla sostanza teologica del punto precedente.
Qoelet ci offre lo spunto decisivo.
Il versetto è quello di 11,1
"Getta il tuo pane sulle acque, perché dopo molto tempo lo ritroverai".
Il senso a me appare chiaro: l'assurdità del dono.
Tu che ti riconosci destinatario di tante grazie;
tu che conosci la Grazia a caro prezzo pagata da Cristo e
che riconosci la tua chiamata cristiana ad un discepolato esigente,
vivi la Grazia con un gesto assurdo, raccontala col dono:
"Getta il tuo pane sulle acque".
Semina il mare!
E la seconda parte ci aspetteremmo che fosse scritta in questo modo:
"Perché sicuramente non lo ritroverai".
Sul mare non crescono fiori. E non è mai  stagione di mietitura"

Impara a donare con gesti che sono senza tornaconto, senza retropensieri.
Cosa toglie ogni arma alla rabbia? Il dono!
La rabbia è la linea di credito inesigibile alimentata da conti che non tornano.
La rabbia è accumulo di frustrazione per risarcimenti mancati.
Essa è annientata dalla Grazia a caro prezzo e da un atteggiamento di prodigalità scandita dal dono.
Ma il dono è una cosa complessa, al limite del comprensibile.
Sono appena passate le feste durante le quali ci siamo "scambiati dei doni".
"Scambiati dei doni", percepite il paradosso? Io do' un dono a te e tu ne dai uno a me. Io ti faccio un regalo, e tu che mi dai?
Talmente è insita in noi questa mentalità, quasi in tutte le cose, che la TILC, ad esempio, traduce, e non senza un fondamento nel testo originale: "Investi il tuo denaro nel commercio marittimo, e lo ritroverai a suo tempo".
Cioè la "semina del mare" è interpretata come una richiesta di affrontare una azione difficile che richiede coraggio, per la quale per vedere il "ritorno" devi aspettare più tempo, ma poi verrà..."
Ma, a me pare che la logica della Grazia abbia in sé una dimensione assurda che può e deve essere lasciata esclusivamente a Dio.
Semina le acque e sii certo di una cosa: tu non ne trarrai assolutamente nulla! Bevi fino in fondo il calice della perdita. Non farti illusioni. Perché se ne avessi anche una sola avresti solo rimandato l'appuntamento con una rabbia, forse ancora maggiore.
Dona, dona generosamente.
E' in questo donare il poco o il tanto che hai che c'è la forza capace di spezzare l'ideologia economicista dello scambio che alimenta continuamente la rabbia e che è la legge dominante del nostro tempo tanto delle cose materiali, quanto di quelle spirituali.

Apri la mano e offri la tua vita, come fece Cristo. Vivila in una fiduciosa quanto ASSURDA semina del mare. Non aspettarti nulla in cambio. Non  fare cose per la gratitudine degli uomini, la delusione è garantita;  non le fare neppure per la tua salvezza spirituale, non ti è richiesto.

Dona, dona generosamente...

E abbandonati alla economia del dono. La parola "Resurrezione" è scritta nei suoi libri contabili.