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La Parabola della moneta perduta

Questa parabola ci potrebbe sembrare minore rispetto a quella del figliol prodigo o della pecora smarrita, una delle narrazioni più belle di Luca. Ma nessuna delle parole del Signore può essere considerata “minore”. Per capire questa breve narrazione dobbiamo vedere l’inizio del vs. 15 per capire “l’occasione o contesto narrativo” in cui ci viene proposta la parabola della moneta perduta. La situazione è questa, si erano avvicinati Esan eggitsontes a Gesù i pubblicani ed i peccatori per ascoltarli. Questo ha scandalizzato i farisei e gli scribi che hanno accusato Gesù di accogliere e di ricevere i peccatori. Effettivamente, quale maestro di religione vorrebbe come discepoli i peccatori noti, le prostitute? Anche oggi in molte chiese si procede alla pulizia etnica dei peccatori, sono espulsi senza pietà i peccatori o addirittura “non accolti”, non si dà loro il benvenuto e li si nega la benedizione. La parabola non si capisce senza questo disprezzo dei farisei per i peccatori e i perduti e prescindendo dell’amore di Gesù per loro, dell’accoglienza che offre proprio ai peccatori noti.

Questo è il centro della parabola, svilupperò quest’intuizione nella nostra meditazione oggi. Altri pensano che il centro si trova nella “ricerca attenta” (tsetì epimelós che significa in ogni luogo della casa, dappertutto). Non manca chi afferma che al centro abbiamo la perdita o il danno subito che poi si trasforma in gioia dopo il ritrovamento e dunque nel “completamento” dei santi, non voglio perdere il vostro tempo entrando nella spiegazione “calvinista” del completamento degli eletti. Una nuova lettura della parabola mette al centro il fatto che una donna e i suoi lavori domestici siano usati per descrivere il ministero di Gesù, non manca di fascino questa idea e in quello che ha di riscatto della dignità delle donne è da apprezzare, ma non è questo il centro significante della parabola. No, qui abbiamo “i perduti” che sono oggetto di disprezzo da parte di alcuni e di amore, cura affettuosa, ricerca accurata da parte del Signore. Non ci deve sfuggire il carattere paradossale e quasi buffo di questa narrazione, vi è un elemento umoristico: si accende la lampada, si spazza tutta la casa (come si fa nelle case ebraiche la vigilia della Pasqua per trovare tutto quello che è corrotto per purificare la casa dove si mangerà la Pasqua), si rivolta ogni cosa finché la moneta non è stata trovata. Notate lo scherzo di Gesù: quelli che voi disprezzate – i pubblicani e i peccatori – sono agli occhi di Dio preziosi come monete, come denaro sonante. L’ironia è anche nel fatto che i pubblicani e i farisei disprezzano i peccatori ma amano il denaro. Qui possiamo dire che l’ironia è pure amara e lascia amarezza: per alcuni maestri di religione contano di più i soldi delle persone.

Stabilito il centro di significato vediamo come la parabola si relaziona al Regno di Dio, perché ogni parabola racconta in allusioni il Regno di Dio. In cosa consiste il regno di Dio per i farisei, per i pubblicani e peccatori noti che si avvicinano al giovane rabbi di Nazareth, e cosa sarebbe il regno di Dio per Gesù? Questo è il tema teologico di questo racconto, dove si trova la priorità, cosa mettiamo al centro della nostra attività come chiesa?. Per i farisei e per gli scribi il regno di Dio sarebbe l’affermazione sulla terra del regno di Dio, vale a dire il ritorno di un re come Davide che avrebbe restaurato l’antico regno di Davide in tutto il suo splendore e che poi avrebbe dominato tutti gli altri popoli della terra. Il pensiero ebraico è concreto e non astratto, per Regno di Dio intendono un “regno” sulla terra e per la loro generazione, non hanno capito e accettato un Regno spirituale che non è di questo mondo. Per i pubblicani e i peccatori il regno di Dio sarebbe il giudizio divino per il peccato e la colpa, la distruzione del peccatore in un lago di fuoco e zolfo. Per questo si sono avvicinati a Gesù, perché il giovane predicatore di Galilea parla di perdono e di grazia, che Dio non è colui che ci butta e scarta nell’inferno, ma colui che ci accoglie per grazia e perdona gratuitamente tutti quelli che pentiti dei loro peccati si avvicinano a Lui. Notate di nuovo l’espressione del vs. 1 si erano avvicinati, questo è linguaggio della liturgia dei sacrifici quando i penitenti si accostavano all’altare portando le vittime per ottenere il perdono. Si avvicinano a Gesù per ascoltare le sue parole, da questo ascolto nasceva la fede, si pentivano dei loro peccati e ottenevano il perdono (era ciascuno di loro una moneta perduta che era ritrovata da Gesù in quello stesso momento). Il Regno di Dio per loro era quel messaggio, quelle parole di Gesù che parlavano di Dio per loro. Infine, per Gesù il Regno di Dio sono le sue parole e le sue azioni tese alla salvezza, alla redenzione proprio dei peccatori.

Vediamo ora quali sono le azioni di Gesù descritte in questa parabola: la prima è la costatazione della perdita, il dolore, la sofferenza non per il peccato ma per la sorte e lo stato di perdizione del peccatore, se non capiamo questo non abbiamo capito niente della Bibbia. Vi è colui che è perso e questo ha mobilitato l’amore e la misericordia di Dio che ha inviato il Figlio a cercare accuratamente colui che era perduto fino a rivoltare l’intero universo: Dio è diventato carne. Questa immagine mi piace tanto, la donna della parabola ha accesso una luce e così Dio ha inviato la sua luce, il Figlio al mondo per salvarci; la ricerca accurata è il ministero di Gesù, la sua vita e la sua morte, la sua risurrezione e il suo essere ora avvocato e intercessore per tutti quelli che era venuto a cercare, cioè ciascuno e ciascuna di noi. La ricerca accurata significa che ha fatto quello che era necessario per la nostra salvezza senza trascurare niente perché chi era perso fosse ritrovato e dunque salvato. Mi piace anche l’immagine dello spazzare la casa da cima a fondo. L’ebraico ha due parole per terra: erets e adamah, la prima parola è per la terra come pianeta, contenitore della vita, casa delle creature, Genesi 1,1 usa questa parola In principio Dio creò il cielo e la terra (erets); ma l’altra parola è la terra in quanto sabbia, terriccio o polvere, la materia con la quale Dio ha fatto l’essere umano, ecco cosa cercava Gesù: la polvere della terra, la spazzatura, quello che altri disprezzavano, i peccatori, i gentili, la gente da poco. Questa immagine e tante altre sfuggono a chi legge la Bibbia come chi fa un’autopsia ai testi, senza fantasia né mettendoci tutto se stesso, e dunque non solo la testa ma anche tutto il resto, per esempio tutta l’emozione di cui siamo capaci. Così ciascuno di noi è un pugno di polvere che la donna raccoglie con pazienza, un po’ di umanità che è raccolta accuratamente dal Signore per salvarla e redimerla.