Questo sito web utilizza cookie per fornirti la migliore esperienza di navigazione.

TOMMASO

Testo: Giovanni 20,19-20

Ogni volta, o quasi, che l’evangelista presenta questo discepolo, ne spiega il nome.  Viene chiamato “Didimo”. Detto così sembra che si tratti di un soprannome, in realtà̀ è la traduzione greca della parola aramaica «Toma’», Tommaso vuol dire Gemello; Didimo in greco vuol dire Gemello; sono la stessa parola, ma Tommaso in aramaico, Didimo in greco, Gemello in italiano.
Dal momento che il narratore traduce il nome proprio, significa che ha una intenzione; anche Nataniele ha un significato, ma l’evangelista non lo spiega. Se qui lo dice, e lo ripete più̀ volte, è perché́ ritiene che, per capire il personaggio, bisogna partire dal significato del suo nome. È una riflessione simbolica che Giovanni ha compiuto nel tempo. Partendo dal nome reale, storico, di questo apostolo e tenendo conto di alcune vicende da lui vissute, l’evangelista ha maturato questo ritratto del discepolo “gemello” e noi cerchiamo di capire in che cosa consiste questa sua qualità̀ gemello.  Nel momento in cui Gesù̀ annuncia la morte di Lazzaro e la sua decisione di tornare in Giudea, gli apostoli sono spaventati perchè Gesù̀ rischia seriamente; difatti dare la vita all’amico Lazzaro gli costerà̀ la vita. Tutti si rendono conto che la situazione è pericolosa e rischiosa, ma mentre gli altri discepoli sono titubanti, incerti e vorrebbero convincere il maestro a non andare, Tommaso prende la parola con grande entusiasmo e dice agli altri – non a Gesù̀ – ma ai condiscepoli:
“Andiamo anche noi a morire con lui!”.
È la prima volta che, nel vangelo secondo Giovanni, Tommaso parla e parla con un piglio  coraggioso, da discepolo che è pronto a seguire il maestro fino alla morte. La seconda parola che viene pronunciata nel racconto giovanneo da Tommaso è una parola di ignoranza, Tommaso dice quando Gesù che annuncia la sua dipartita:
14,5«Signore, non sappiamo dove vai e come possiamo conoscere la via?». 6Gli disse Gesù: «Io sono la via, la verità̀ e la vita.
La prima volta aveva detto “Andiamo, andiamo con lui”; adesso ammette “Non sappiamo dove vai”.
Ma allora era disposto ad andare con lui senza sapere dove andava, se non sa dove va Gesù̀, vuol dire che non ha capito molto di quel che Gesù̀ stava dicendo. Vuol dire che non ha assimilato il suo stile, ma sta andando senza sapere dove. Come possiamo conoscere la via? Il discepolo sta dicendo “non so dove andare, non so che cosa fare”. La risposta di Gesù è una di quelle frasi solenni, rivelatrici che però ribadiscono quello che avrebbe dovuto già̀ capire: «Io sono la strada». Tommaso non sa la strada, Gesù̀ gli dice – come se fosse una cosa ovvia – “La strada sono io”, venire con me vuol dire camminare attraverso di me, camminare come me, seguirmi effettivamente, vivere come me. Poco prima ha detto: “Vi ho lasciato l’esempio perché́, come ho fatto io, facciate anche voi”; questa è la strada, e dove porta questa strada? “Non sappiamo dove vai”; come tante altre volte si dice: “Non sappiamo da dove viene”, adesso i discepoli dicono che non sanno neanche dove va. Ma come è possibile? Gesù̀ l’ha detto all’inizio: “Vengo dal Padre e vado al Padre». Non basta però sentire le cose per poterle capire, afferrare, condividere. Quante volte anche noi abbiamo sentito delle parole di Gesù̀, ma quando toccano la vita in profondità̀ non lo sappiamo piùù, abbiamo delle altre idee, sono le nostre, un’altra mentalità̀ che continua ad essere la nostra e non sappiamo come si fa, non sappiamo dove si va. Ma come? E tutte le volte che l’hai sentito? Lo sai; magari l’hai spiegato agli altri e adesso che si applica a te, perché́ non sai? La comprensione autentica e profonda della parola di Gesù̀ è un passaggio importante, anche se doloroso, quando diventa esperienza della nostra vita, quando diventa il nostro pensiero, quando le idee sue sono le nostre idee. In Tommaso noi vediamo anzitutto questa divisione: da una parte l’entusiasmo di andare con Gesù̀, dall’altra l’ignoranza della strada di Gesù̀. Ma non è una ignoranza di istruzione, di cultura, è proprio legata alla sua volontà̀; non vuole andare dove da Gesù, è un rifiuto, forse inconscio. Mentre è pronto a seguirlo, di fatto non vuole seguirlo. Forse abbiamo intuito che cosa può̀ significare “gemello”. Il gemello è un doppio, è una figura duplice e difatti Tommaso è un personaggio doppio, denuncia uno stile che è un po’ il nostro, di una doppiezza. C’è una differenza tra la teoria e la pratica, fra il dire e il fare. In questa dualità̀, che impone una scelta, si rivela la caratteristica di Tommaso – il gemello – e il suo personaggio viene descritto a tutto tondo nel capitolo 20 dopo la risurrezione di Gesù̀. Partiamo dalla prima osservazione. Tommaso non era con gli altri, ma non ci viene detto il perché́. nel testo non c’è e allora lasciamo da parte la motivazione - Di fatto Tommaso non è con gli altri; lui che aveva esortato gli altri ad andare con Gesù, a morire con Gesù, poi è scappato come gli altri, non è andato con Gesù, non è morto con Gesù e non è neanche con gli altri apostoli. C’è uno stato fatto di separazione, di distinzione e, di fronte alla testimonianza degli apostoli, Tommaso pone la necessità di vedere: “Se non vedo, se non metto il dito, se non metto la mano, non credero”. Il segno che io devo vedere sono le piaghe di Gesù, cioè i segni della sua passione; è importante il particolare. Tommaso vuole verificare che – in quello che dicono essere il Risorto – ci siano i segni del Crocifisso, perché́ altrimenti potrebbe essere un altro. Devono proprio essere i segni dei chiodi e la ferita del costato; devono esserci per poter essere sicuro che il Crocifisso è risorto. Non è una mancanza di fede, un atteggiamento da incredulo, ma una ricerca di verifica, di intelligente verifica, tanto è vero che il Signore Gesù lo accontenta. La richiesta formulata da Il Gemello si trova di fronte ad un doppio, ad una situazione dubbiosa: sarà̀ o non sarà̀? Come poter scegliere? Non può scegliere se non ha degli argomenti seri, è troppo bello... per essere vero. Deve essere certo.
26Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c'era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, si fermò in mezzo a loro e disse: «Pace a voi!».
Si ripete tutto come otto giorni prima. È importante quel numero otto; al sei insistente del periodo precedente, adesso subentra l’otto della pienezza, della totalità, del giorno senza tramonto. Otto giorni dopo indica la domenica seguente “Venne e si pose nel mezzo”. La richiesta di Tommaso è soddisfatta da Gesù, ma non privatamente. Se Tommaso è con gli altri discepoli nel cenacolo, otto giorni dopo, il Cristo risorto che si fa presente in mezzo a loro è visto anche da Tommaso. Potremmo pensare che, se Tommaso non ci fosse stato – come l’altra volta – non lo avrebbe incontrato. Quindi c’è una fondazione del calendario cristiano di domenica in domenica, c’è l’incontro degli apostoli con la presenza del Cristo risorto e l’esperienza del Cristo risorto che non si fa privatamente, ma nella comunità liturgica che celebra il mistero pasquale di morte e risurrezione. Gesù, disse: «Pace a voi!». 27Poi disse a Tommaso: «Metti qua il tuo dito e guarda le mie mani; stendi la tua mano, e mettila nel mio costato; e non essere più incredulo ma credente!». 28Rispose Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!». Anzi tutto osserviamo che il racconto non dice che Tommaso ha messo la mano nelle piaghe di Gesù, non racconta l’esecuzione di quel che aveva chiesto; Gesù gli offre la possibilità di farlo. Alla Maddalena aveva detto: “Non mi toccare”, a Tommaso dice: “Tocca pure”. Due persone diverse sono trattate con due stili diversi, perché una ha bisogno di non toccare, l’altro ha bisogno di toccare e ad ognuno il Signore si rapporta secondo le sue capacità e le sue inclinazioni, facendo quello che è giusto per ciascuno di noi: non sempre a tutti la stessa cosa. La reazione è istantanea ed è una reazione di fede, di fede grandiosa; è l’ultima, più solenne, professione di fede che incontriamo nel vangelo secondo Giovanni, è il vertice. Tommaso è l’apostolo che ha formulato la fede più matura; è l’unica volta in cui Gesù è chiamato Dio. Non solo, ma è anche caratterizzato dall’aggettivo possessivo. Dice “Tu sei il mio Dio”. È un coinvolgimento personale, di adesione totale. Inoltre la proposta di Gesù invita ad un cammino in divenire: Non essere “a;pistoj” (à–pistos) “incredulo”, bensì diventa “pisto,j” (pistós) “credente”. L’imperativo che adopera Gesù – nel testo greco di Giovanni – non impiega il verbo essere ma il verbo diventare, ed è un imperativo presente. l’imperativo presente indica qualche cosa di continuativo e allora potremmo tradurre: “Non diventare incredulo, ma diventa credente”. È un cammino, è la prospettiva della vita, non diventare nella strada della incertezza, della infondatezza, della infedeltà, della sfiducia, ma diventa nella strada della fondatezza, della certezza, della fiducia, della fedeltà. Diventa, matura, cresci; nel dubbio, nella situazione doppia, scegli la strada giusta. Tommaso sceglie la strada giusta: il riconoscimento entusiasta di Gesù come il suo Signore e il suo Dio. A questo punto noi possiamo riflettere su un altro significato del “gemello”, perché l’immagine del gemello fa pensare subito alla somiglianza; due gemelli si assomigliano e Tommaso viene presentato come il gemello di Gesù. Non nel senso fisico, materiale – sarebbe ridicolo – ma nel senso spirituale. È il discepolo che deve diventare gemello di Gesù, al punto da assomigliargli come una goccia d’acqua. Ecco l’ultima figura della fede con cui chiudiamo il nostro cammino, per aprire il resto del cammino della vita. La fede nel Signore Gesù ci porta ad assomigliargli, ad assumere in noi le sue fattezze, i suoi lineamenti. È una dinamica psicologica consueta. Quando si ama una persona la si imita, se ne assumono anche i gusti, ci si mette nei panni della persona e si finisce per parlare allo stesso modo, per fare i gesti che fa quella persona. Colui che ama imita. Come è l’amico, così sarà il suo amico. Diventare credente, per Tommaso, significa diventare gemello, diventare “il doppio” di Gesù. Chi vede voi vede me.