Questo sito web utilizza cookie per fornirti la migliore esperienza di navigazione.

RALLEGRATEVI NEL SIGNORE

Testo: Filippesi 4,4

Non ci capita spesso di questi tempi di sentirsi rivolgere esortazioni così bella; non capita spesso di saper predicare esortazioni così belle e offrire ai propri fratelli e alle proprie sorelle il profondo senso di sollievo, di serenità che parole come queste hanno il potere di suscitare.
L’invito a rallegrarsi percorre tutta la Bibbia. Nel celebre romanzo della Porter Pollyanna diceva: "Se il buon Dio si è preso il disturbo di dirci ottocento volte di essere lieti, è ovvio che voleva proprio che lo fossimo!
In particolare, per la lettera ai Filippesi il tema della gioia, è fondamentale; tra sostantivi e verbi la parola gioia compare solo in questa lettera sedici volte.
Come mai allora il cristianesimo è spesso associato alla sofferenza e al lamento. il Vangelo è la lieta notizia, il cristianesimo è la religione della gioia. Noi cristiani siamo messaggeri della gioia, testimoniamo la resurrezione; la vita che ha sconfitto la morte. È vero che c’è il calvario e la crocifissione, ma il centro del vangelo è un altro.
Noi cristiani spesso viviamo la nostra fede sempre con i musi lunghi, perché ci siamo dimenticati cosa sia la gioia e rincorriamo un po' troppo gli schemi mondani.
La felicità nel nostro tempo sembra quasi un atteggiamento compulsivo con il quale continuiamo a riempirci continuamente lo stomaco senza essere mai sazi. Alcuni immaginano la felicità come il momento in cui hanno finalmente il controllo sulla loro vita, la percezione della sicurezza: peccato però che la vita somigli a una zattera che imbarca continuamente acqua! Per altri invece la felicità è sinonimo di mediocrità, un certo accontentarsi: meno desideri, più sei felice, una sorta di buddismo fai da te. E poi ci sono quelli che si recano periodicamente al mercato della felicità, dove si svendono pur di sentirsi amati almeno per un po’: per loro la felicità si compra perché sono convinti di non esserne degni.
La felicità cristiana è ben altro è Gesù stesso che ne parla è la prima parola della prima lezione di Gesù nel Vangelo di Matteo. Purtroppo, forse per pudore, noi cristiani continuano a non usare questa parola, sostituendola con un termine che sembra più casto e non contaminato dai banali desideri umani: parliamo di beatitudini!
Gesù invece usa volgarmente proprio la parola ‘felicità’. A dire il vero non usa la parola ‘eudaimonia’, che veniva usata invece dai filosofi, per esempio da Aristotele, secondo il quale per raggiungere la felicità devi fare qualcosa. La felicità per Aristotele è un fine, uno scopo, che si raggiunge mettendo in atto altre azioni intermedie.
Provocatoriamente Gesù non usa questa parola, ma usa l’aggettivo ‘macharios’: come per dire che la sua idea di felicità non è quella di Aristotele. Per Gesù la felicità è un dono non una conquista, la felicità è prendere consapevolezza di ciò che sei in Dio. Gesù, infatti, non parla
di felicità al futuro, ma usa il tempo presente: siete felici. Siete felici perché figli di una promessa.
Paolo riprende questo tema di Gesù aggiungendo però che al dono di Dio va unito anche l’impegno alla felicita, non che bisogna fare delle azioni come diceva Aristotele, ma che il dono va costantemente vigilato altrimenti si rischia di perderlo. Paolo insiste sul fatto che dobbiamo essere gioiosi; addirittura coniuga all’imperativo tutte le sue indicazioni:
«Anche voi gioite e gioitene con me» (Fil 2,18).
«Fratelli miei, gioite nel Signore» (Fil 3,1).
«Gioite nel Signore sempre; ripeto, gioite» (Fil 4,4).
Non si tratta dunque di un semplice augurio o di una esortazione, ma di un ordine, di un comando apostolico.
E aggiunge la parola “sempre” e proprio questo sempre, rende questi versetti importanti.
Paolo ci sta dicendo perciò, anche quando non vedete alcun motivo per rallegravi, rallegrati sempre; anche quando stai male, anzi soprattutto quando stai male, anche quando ti senti sola, anche se soffri perché qualcuno ti ha fatto del male, anche quando ti assale l'angoscia davanti ai trionfi dell'ingiustizia, della sofferenza, della malattia, della morte o la preoccupazione.
Sembra facile, ma come fa a rallegrarsi una persona quando gli capita di tutto? Dice bene Paolo, lo vorrei vedere al posto mio!!
E di che cosa dovrebbero mai rallegrarsi i cristiani e le cristiane della prima chiesa di Filippi? Forse del fatto che Paolo, il loro amato fratello e padre spirituale, scrive loro questa sua lettera da una prigione?
Si Paolo è in prigione e dalla quale forse pensa di non uscirà più se non per essere giustiziato.
Un uomo in prigione invita gli altri a rallegrarsi e a non vivere nella tristezza
Non c’è messaggio più forte di quando uno che ha tutti i motivi per essere infelice di dice: si felice come me.
Perché quest’uomo parla così spesso di gioia, qual è il segreto della sua felicità? Sarà lui stesso a spiegarlo, al capitolo 3 dei Filippesi. Leggiamo cosa scrive: 7 Ma ciò che per me era un guadagno, l'ho considerato come un danno, a causa di Cristo. 8 Anzi, a dire il vero, ritengo che ogni cosa sia un danno di fronte all'eccellenza della conoscenza di Cristo Gesù, mio Signore, per il quale ho rinunciato a tutto; io considero queste cose come tanta spazzatura al fine di guadagnare Cristo.
Paolo si considera il più felice e più ricco di tutti perché ha incontrato Gesù Cristo e la conoscenza di Lui la stima al punto che tutto il resto lo considera come… spazzatura, Paolo non disprezza le cose del mondo: è uomo colto, in buoni rapporti con le autorità romane e i consiglieri dell’imperatore, lavoratore e fabbricante di tende. Qualificando ogni cosa come
spazzatura, egli vuole solo indicare una scala di valori: la conoscenza di Gesù e la sua grazia valgono più di tutto il resto, perché solo queste fanno l’essere umano felice.
È l’esperienza di un innamoramento. Chi l’ha provata sa bene che le stesse cose, quelle viste e conosciute fino a un momento prima, sono adesso cambiate tutte, assumono un colore nuovo, non sono più le stesse. L’amore colora in positivo tutto ciò che facciamo, ogni attimo del nostro tempo, ogni respiro della nostra vita… Anche quando si soffre, se si ama, si può essere felici: «Sono lieto nelle sofferenze che sopporto per voi – scrive ancora ai Colossesi
E dunque la gioia nel Signore non è assenza di dolori o sofferenze, ma è quello stato d’animo che nasce quando Dio è al primo posto nelle nostre vite. Quando, siamo così innamorati del Signore che lui diventa la nostra priorità.
Questo dono va alimentato e diviene paradossalmente un impegno, e un impegno costante. Implica lo sforzo della lotta contro la tentazione della tristezza, quel subdolo «verme del cuore» (Evagrio) che, se non combattuto, finisce lentamente per invaderci e prendere possesso della nostra esistenza, spegnendo poco per volta in noi la voglia di vivere.
Questa domenica d’avvento Paolo ci invita a lottare per la felicità che il Signore Gesù ci ha donato. Non lasciamoci scoraggiare da niente e nessuno perché Dio ci vuole felici.