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Il nostro Dio è un Dio "maternale"

Nelle antiche tradizioni di Israele troviamo una doppia consapevolezza riguardo Dio che è adorato nell'unicità dell'essere Unico e solo Dio: da una parte abbiamo la memoria del Nome che si dà a Dio come Dio dei Padri (di Abramo – di Isacco – e di Giacobbe), con tutto quello che questa parola può evocare di severo e di affettuoso; e dall'altra parte abbiamo l'idea che Israele è stato adottato come figlio da Dio che diventa in questo modo Padre di Israele per adozione (Os 11, Ger 3,19). Questa idea paternale di Dio è profondamente positiva e l'israelita percepisce questa certezza come un beneficio, avere per padre della nazione il creatore di tutto è senza dubbio un elemento di fiducia, se il mio destino dipende da colui che è per me Padre, allora posso avere speranza di redenzione.

Allo stesso tempo l'idea stessa della creazione conferisce al concetto israelita di Dio una dimensione materna indubbia, poiché nei paesi viciniori accanto al Dio padre vi è la sua Ashera, la moglie poiché il principio maschile ha bisogno della fertilità femminile per creare, nel senso biblico della creazione poiché vi è un solo Dio in Lui ci devono essere sia l'aspetto maschile (paterno), sia l'aspetto femminile (materno), perciò possiamo concludere che la fede di Israele in Dio si articola come fede in un "padre maternale" dall'inizio della creazione. Ora vedremo se questa intuizione è corroborata dal dato biblico. Partiamo dal testo che ci guida nella riflessione: "E Dio creò l'umanità alla sua immagine e somiglianza, uomo e donna li creò", questo esempio basterebbe, ma nel corso della storia il predominio maschile (patriarcale) ha relegato la dimensione femminile di Dio a metafora senza praticamente rilevanza nella riflessione teologica. Soltanto un'immagine che integri i due aspetti dell'immagine divina (maschile e femminile) rende giustizia al dato biblico inconfutabile. Dio crea e la creazione avviene attraverso la ruach, lo spirito e l'alito divino che è neshamà, respiro, vento, la santa ruach che in ebraico è parola femminile. La creazione è il dispiegamento della santa ruach divina che cova nell'oceano immenso oscuro primordiale la nascita della vita, l'immagine è quello della cova da parte della colomba. A volte questo vento è brezza che carezza (la ruach condusse Israele come un pastore guida le sue bestie nel deserto Is 63,14), e altre è un vento impetuoso che separa il mare perché il popolo oppresso e minacciato possa sfuggire al genocidio progettato da faraone.

Un'altra immagine che consolida questo concetto del padre maternale è l'uso di due tipi di espressioni collegate agli organi riproduttivi femminili, che danno nome all'amore misericordioso e incondizionato di Dio. La prima parola è rachami parola che descrive la clemenza e la misericordia di Dio. La radice di questa parola è rechem che significa "l'utero materno", le rachamin sono dunque le parti del corpo femminile dove cresce la vita, dove il bimbo, la bimba cresce, è protetto/a, riceve il nutrimento, è la prima "casa" dell'essere umano di cui sentiremo sempre la mancanza dopo che la nascita ci strapperà da essa. Quando si applica a Dio questa espressione le rachamin significa dunque che Dio, come la madre, sente dentro di sé lo stesso tipo di amore disinteressato e fatto di pura grazia, è un amore invincibile (Is 49,15 "dimenticherà la donna il figlio che diede alla luce? ... Anche se lei dimentica io non ti dimenticherò mai") contro il quale non si può agire, evoca l'intimità dell'amore materno che protegge, salva, perdona in modo misterioso e del continuo. La hesed divina sorge dunque dal cuore divino, dal suo utero materno, e malgrado le infedeltà e i peccati, rinnova l'alleanza, il patto, perdona il peccato e dà del continuo una nuova opportunità al peccatore pentito per iniziare di nuovo il percorso della santificazione. La fede di Israele si rivolge a Dio dunque con questa profonda consapevolezza di essere diretta a un padre dai risvolti materni, nel Salmo 77,9 leggiamo nella traduzione letterale ha chiuso Dio con ira le sue rachamin? Non è possibile perché Dio non può "dimenticare" la sua hesed, la sua pietà misericordiosa.

Infine abbiamo la dimensione materna anche nell'idea biblica della Sabiduria, hokma che a volte è chiamata "la figlia di Dio" (il figlio di Dio ha dunque dei connotati femminili e non soltanto maschili, dato che Cristo è chiamato "potenza (dynamis) e sapienza (sophia-hokma) di Dio". Nel capitolo 8 di Proverbi la Sapienza è una madre che inculca e trasmette la sapienza della vita ai propri figli e figlie perché imparino attraverso i comandamenti il timore dell'Eterno Dio, a occupare nel mondo creato il proprio luogo di collaboratori di Dio per la cura del creato e degli altri e non per la sua distruzione o dominazione perversa. Così nel NT troviamo la parola che definisce Dio ed è femminile: agape. Il padre di Gesù è agape, amore e questo è in continuità perfetta con quello che abbiamo visto nell'AT: agape è l'amore divino di Padre materno che riversa sul mondo se stesso (anzitutto il Figlio), fa dono di sé, del Figlio, dell'amatissimo per salvare e redimere un mondo che altrimenti sarebbe perduto. Questa idea del "riversare" Dio sul mondo peccatore e perduto "il Figlio" è poi accompagnato dal dono dello Spirito quando il Figlio ritorna al Padre materno, Dio continua a riversare se stesso, il suo essere amore attraverso il charisma totale dello Pneuma, parola che traduce in greco l'ebraico ruach: Spirito. Dio stesso si riversa sul mondo, sulle relazioni umane deturpate dal peccato per creare nuovi rapporti di figliolanza e di dipendenza paterna e materna, Dio non nasconde dentro di sé inferni o paradisi che tirerà fuori alla fine del tempo, ma dentro di sé Dio è un Padre materno. Questo è il principio inclusivo divino che ora riconosciamo pienamente all'opera dall'inizio anche se per secoli siamo stati offuscati da teologie inadeguate che hanno oscurato la realtà dell'essere divino trinitario.