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Rumori di ali: gli angeli nell'antico e nel nuovo testamento

Gli angeli sono di moda. Colpa della New Age? Forse. Oggi nelle librerie troverete decine di libri sugli angeli. Alcuni riportano i nomi e le preghiere che renderebbero possibile il loro aiuto e assistenza. Altri si limitano a "testimoniare" le esperienze di "contatto" con esseri angelici fatti da persone insospettabile di pulsioni mistiche. Molti proclamano la loro "fede" nelle presenze angeliche, negli angeli guardiani posti a presiedere i giorni della settimana, ad influenzare i nati in determinati giorni. Le fonti più comuni di questi libri o credenze sugli angeli sono "inquinati" alla base, sono traduzioni imperfette e manipo­late, moderne di testi ebrei e persiani appartenenti al periodo della pseudoepigrafia: II e I secoli a.C. A testi gnostici del II e III secoli d.C., a testi medievali o rinascimentali dove l'in­vocazione angelica era associata alla protezione contro i demoni, le streghe, il malocchio, la scalogna. Le immagini degli angeli riempiono calendari, libri, cartoline; li sono dedicati film, serie di televisione, libri, studi. Associate all’astrologia, alla magia sono entrati prepotentemente nell’immaginario collettivo del nostro tempo affamato di miti.

La parola aggelos, è la traduzione greca (e poi latina) del termine ebraico malach, che si utilizza nell’AT ben 215 volte. Questa parola possiedi fondamentalmente due significati:

A‑ si tratta di un messaggero di Dio che è al servizio divino;

Nei brani più antichi della Bibbia si distingue fra i due signi­ficati più comuni. Mentre tutti i messaggeri divini sono conside­rati degli esseri spirituali, non tutti gli esseri spirituali sono dei messaggeri divini. Questa distinzione scomparirà dopo negli scritti del dopo esilio influenzato dalla religione persia­na, nella pseudoepigrafica di carattere apocalittico, e nel NT che segue la linea tracciata dall'apocalittica, che possiamo considerare la religiosità popolare ebraica del periodo che va dal II secolo a.C. al II secolo d.C. Questo aspetto è dominante, possiamo dire che definisce l’angelo come il servitore divino, inviato a manifestare, rivelare la volontà divina agli esseri umani. Questa funzione indica una dipendenza e suggerisce un concetto teologico della necessaria mediazione tra la realtà divina ed umana che vedremo subito dopo. La loro presenza veicola dunque un concetto teologico fondamentale della teologia ebraica del rapporto diretto impedito tra Dio e gli esseri umani: da una parte Dio è santo, l’uomo peccatore, l’incomunicazione dev’essere risolta, ecco perché appare l’angelo.

B‑ si tratta di un essere spirituale ma non divino.

Questa distinzione è molto importante, perché nelle religioni dei paesi confinanti con Israele questi esseri spirituali chiamati per esempio Figli di Dio (dai cananei) o karibu (notate la somiglianza con il termine cherubini, dai babilonesi), erano considerati come i cortigiani dell’essere divino supremo e come tali delle divinità inferiori. Per gli ebrei non ci sarà mai questa confusione. Sono esseri spirituali ma non delle divinità inferiori, la loro condizione è sì spirituale ma non sono divini il che porrebbe un problema all’unicità divina, alla concezione monoteista della religione ebraica.

Consideriamo il testo della prima apparizione angelica in Genesi 3,24. Notate che il nome dato ai Cherubini è spiegato con il termine “spada fiammeggiante”, cioè il nome dato a questi angeli destinati a sbarrare la via verso l’albero della vita, Cherubini è subito tradotto come spada fiammeggiante, non che portino una spada di fuoco, ma sono essi stessi fiamma di fuoco che gira verso ogni parte. Questa connessione con la luce  e il fuoco deve essere adesso sminuzzata.

La luce significa in questo caso una rivelazione divina, è Dio stesso a rivelarsi ma quello che vedono gli esseri umani oggetto della rivelazione, è un essere di luce e di fuoco, vedono un volto angelico ed odono il rumore o fruscio delle ali. Questo è importante perché fino a quel momento, il racconto primordiale parla di una comunicazione diretta tra Dio e l’umanità incipiente. In effetti, nel giardino dell’Eden, al calar della sera, Dio veniva direttamente a parlare con loro 3,8. Dal momento che l’essere umano ha peccato questo rapporto diretto è impedito dalla trasgressione appena consumata. La rivelazione divina non sarà più trasparente, diretta ma mediata dal malach o dalla parola che sarà comunicata dal messaggero divino. L’angelo rappresenta dunque il momento della rivelazione o della teofania divina, quando Dio mostrerà la sua volontà all’essere umano lo farà attraverso l’angelo. In senso simbolico anche il profeta, il nebi rappresenta questo dischiudere Dio all’essere umano attraverso la parola la sua volontà resa trasparente: ricordate come un profeta Malachia (l’ultimo dei profeti) porta il nome angelico.

Il fuoco collegato al cherubino significa il giudizio divino del peccato che purifica. Insinua già due cose in questo contesto dell’Eden perso e del blocco dell’accesso all’albero della vita. La prima è che il giudizio e la condanna sono provvisori, appartengono alla manifestazione dell’ira divina per il peccato. Questa dura un attimo, immediatamente dopo il giudizio divino di condanna si trasforma in grazia che offre il perdono. Dio adesso aprirà un’altra via di accesso all’albero della vita. Quella diretta o immediata è bloccata per il peccato, ma ora si apre la via della redenzione, della giustificazione e del perdono. La presenza angelica mostra dunque questo doppio aspetto: mette in evidenza la gravità del peccato e le sue conseguenze, la morte è entrata nella storia, accompagnerà l’umanità aggiungendo travaglio a travaglio e renderà dura la condizione umana vissuta ad Est di Eden. Dall’altra evidenzia il volto materno e perdonante divino, che apre una nuova strada che inizia con il perdono, con la restaurazione del peccatore alla grazia. L’angelo è il volto trasparente divino, riflette la luce che dà speranza e il fuoco che giudica ma non consuma, salva. Si tratta di un volto terribile che incute paura, ma allo stesso è un volto che rassicura, dà speranza, indica la via della salvezza.

Nell’opinione di Von Rad, Dio si rivela, si mostra attraverso l’angelo, vediamo il suo volto “umano” nei lineamenti dell’Angelo del Signore che accompagna i patriarchi e poi Israele nel deserto, fino al punto, come vedremo nei prossimi studi, di confondersi entrambi. L’angelo del Signore (Malachi Yhwh) sarà praticamente confuso con una teofania di Dio stesso, per esempio da Abramo a Mamre, nel boschetto di querce delle teofanie angeliche.