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Dalla scoperta di Dio alla fuga da Dio

Testo: Salmo 139

Il Salmo 139, uno dei più belli di tutto il Salterio è un vero capolavoro.  E’ una lunga e profonda meditazione nel corso della quale il Salmista un po’ dialoga con se stesso e un po’ con Dio.  Fede e conoscenza si intrecciano del continuo, compenetrandosi intimamente. «Stupenda per me è la tua saggezza, troppo alta. E io non la comprendo»[1]. Non la comprendo, ma mi chino su di essa, non la comprendo, ma la contemplo, provo stupore meraviglia, ammirazione, commozione. La fede non è chiudere gli occhi, ma iniziare ad aprirli, aprire gli occhi per discernere il mistero di Dio e dell’uomo. Un mistero bello, che non fa paura, ma scaccia via la paura, un mistero di luce, una presenza benigna che dà pace e genera fiducia: il mistero dell’onnipresenza di Dio. Spesso sentiamo dire: Dio dove sei? Qui invece è: Dio dove non sei? Qui c’è un’esperienza di Dio persino troppo presente, che incombe sull’uomo, che, anche se volesse, non potrebbe sfuggirgli. Qui abbiamo un Dio che non è solo in cielo come la richiesta del «Padre nostro», ma è dappertutto, in ogni spazio e in ogni luogo. Non c’è nessun luogo senza Dio. E parliamo di un Dio che ci conosce più profondamente di noi stessi. Qui vediamo che il salmista non fa un discorso teologico astratto ma é un dialogo intimo, personale con Dio. Non è un discorso su Dio, ma un discorso a Dio. Questo Dio incommensurabile, che i cieli non possono contenere, è una presenza vicinissima, intima, che entra in dialogo personale con ciascuno di noi, con ogni creatura.

Così il Salmo 139 da un lato ci dischiude orizzonti infiniti, dall’altro ci porta a noi stessi.

Il Salmo 139 è articolato in quattro parti: la scoperta di Dio - fuga da Dio - ritorno a Dio e l’odio del salmista per i peccatori (i nemici). Tuttavia vorrei soffermarmi soltanto sulle prime tre parti.

La prima parte del Salmo ruota intorno a due poli: la conoscenza che Dio ha del Salmista e la presenza totale di Dio.

Tutta la vita del Salmista, in ogni suo aspetto, esteriore e interiore, pubblico e privato, si svolge non solo «sotto lo sguardo di Dio», ma con il coinvolgimento di Dio:

«penetri da lontano i miei pensieri… alle spalle e di fronte mi circondi, e poni su di me la tua mano»[2].

E’ una percezione quasi fisica  della presenza di Dio. Dio non è uno spettatore! Il suo sguardo che tutto vede non è lo sguardo,  di uno spettatore che controlla, ma è lo sguardo di un Amico premuroso che accompagna il Salmista nel suo cammino come presenza benigna.

Non sempre, nella Bibbia, lo sguardo di Dio è vissuto in termini positivi come qui. Adamo ed Eva dopo, avere mangiato il frutto proibito, «si nascosero dalla presenza del Signore, cioè dal suo sguardo, fra gli alberi del giardino»[3]. Anche Giobbe si sente come assediato da Dio, quasi ossessionato da questo sguardo che non lo lascia un istante[4]. Invece qui lo sguardo di Dio è uno sguardo amico, benevolo e benefico, affabile e prezioso. Il Salmista fa una scoperta sorprendente. Dio non è solo nell’universo; la sua vita così normale, così ordinaria, così comune, non vive da sola. La sua vita proprio negli aspetti più comuni come alzarsi, sedersi, camminare, riposare, pensare, parlare, non è soltanto vissuta da lui, ma con Dio e insieme a Dio.

Ecco, una bella descrizione della fede: scoprire i legami invisibili che legano la nostra vita quotidiana.

Come può avvenire questa scoperta?  Nella Bibbia la via maestra da percorrere per scoprire Dio è la Parola, che ci raggiunge da fuori, ma entra dentro nel profondo del nostro essere. Abramo, padre dei credenti, udì una voce che lo chiamava. Così anche Mosè, dal pruno ardente che bruciava, ma non si consumava, udì una voce che lo chiamava per nome. Mosè! Mosè!

Forse anche tu, in questo momento senti una voce che ti chiama per nome: ……

Dopo aver scoperto Dio e i mille legami invisibili che lo legano alla nostra vita, il Salmista scopre anche che questa presenza è sì, benigna, ma anche scomoda, è sì, rassicurante, ma anche inquietante, è sì, amica, ma non complice.

Perché tutto a un tratto Dio diventa scomodo, tanto che il Salmista vuole fuggire lontano da lui?

«Dove andare lontano del tuo spirito, dove fuggire dalla tua presenza?.. Se prendo le ali dell’aurora per abitare all’estremità del mare, anche là mi guida la tua mano…»[5]

Ecco allora il gran tema del Salmo 139: dalla scoperta di Dio alla fuga da Dio. Perché?

Dio è sì, la scoperta più bella e più importate della vita, ma è anche una scoperta inquietante per il semplice motivo che Dio pone il problema della verità della nostra vita, cioè la sottopone a una verifica, la passa al vaglio, ne misura la consistenza oppure l’inconsistenza, la verità. Ecco perché il Salmista vorrebbe fuggire: perché non vuole sottoporsi a questa verifica divina. 

Ma fuggendo da Dio, fuggirebbe anche da se stesso. Dio infatti non è solo il creatore della vita, ma è anche colui che vuole renderla vera, autentica, degna di essere vissuta. Ma noi temiamo questa verifica, non vogliamo conoscere la verità, preferiamo cullarci nell’illusione.  

La fuga però si rivela impossibile, come non è possibile che una pianta si allontani dalle sue radici. Vivendo tra la gioia della scoperta e il timore della verifica, i suoi pensieri si concentrano su quello che è il più grande mistero: il mistero del concepimento della vita.

Dopo la scoperta di Dio e la fuga da Dio, c’è un ritorno a Dio. E questo ritorno è attratto dal pensiero della creazione, ma non la grande creazione, cioè la creazione dell’universo[6], e neppure la creazione dell’uomo come descritto in Genesi[7]. No, qui l’atto creatore di Dio si compie nel grembo della donna incinta, nel momento stesso del concepimento.

Il grembo della donna si confonde con il grembo della terra, la madre terra da cui tutti proveniamo e alla quale torneremo. Tra questi due grembi si dipana la nostra esistenza: «il grembo materno da cui il bimbo esce nudo e il grembo della terra che accoglie l’uomo spogliato dei beni terreni sono i due poli entro cui corre la vita umana»[8]. Ma non è sui grembi che il Salmista ferma la sua attenzione, bensì su Dio e la sua opera creatrice.

«Sei tu che hai creato i miei reni e mi hai tessuto nel seno di mia madre»[9]. «Ti loderò perché mi hai fatto come una cosa meravigliosa, sono stupende le tue opere»[10].

Ci sono due pensieri dominanti in questi versetti: lo stupore, la meraviglia davanti al miracolo della vita. Se uno si fermasse un istante e considerasse queste cose e si chinasse sul mistero della sua nascita e della sua vita, non potrebbe non provare un sentimento simile a quello del Salmista: «Ti lodo perché sono stato fatto in modo stupendo», cioè perché tutto questo è un semplice miracolo. La vita è bella. E’ bella perché è miracolosa. E‘ bella, ed è bello nascere, è bello vivere. Ma spesso vediamo che tanti giovani distruggono la loro vita con la droga e con  l’alcool, come se per loro la vita non fosse bella!

Dio non è solo il creatore che suscita la vita e poi l’abbandona ad suo destino. Dio custodisce la vita che crea, la scrive nel suo libro. La nostra vita non è affidata al caso o sospesa nel nulla, è scritta nel libro di Dio. Questa bella immagine vuole dire che Dio, oltre che creare, vuole anche orientarci, in modo che non giriamo a vuoto e ci perdiamo nell’insignificanza.  La nostra vita è destinata ad avere un senso. Ma non scopriamo il senso della vita, nella vita stessa, ma nel libro della vita; vale a dire: in Dio!  

Quindi, se Dio è questo, allora non devo temere la verifica della mia vita; anzi da essa potrò ricevere più significato, più consistenza, più valore. Con questo pensiero il Salmista si abbandona in Dio e si immerge, nei pensieri di Dio:

«Quanto profondi per me sono i tuoi pensieri, quanto grande il loro numero, o Dio; se li  conto sono più della sabbia, se li credo finiti, con te sono ancora»[11]

Care sorelle e cari fratelli, il Salmo ci ha condotto attraverso un viaggio. Una scoperta, una fuga impossibile, un ritorno fiducioso. Saremo come il salmista, capaci di renderci conto che la nostra vita si muove in viaggio tra questi poli? Signore tu mi conosci come nessun altro; conoscimi Signore! Una constatazione e una supplica fiduciosa. Tra  queste certezze, chi potrà mai strapparci dall’amore di Dio, che è  in Cristo Gesù, come dirà in seguito l’apostolo Paolo?  Possa lo Spirito infonderci questa fiducia incrollabile che renderà la nostra vita ricca di senso e di pace. Amen!


[1] V. 6

[2] Vv. 2 e 5

[3] Genesi 3,8

[4] Giobbe 7,16.19

[5] Vv. 7-10

[6] Genesi 1,1 «Nel principio Iddio creò i cieli e la terra»

[7] Genesi  2,7 «Dio formò l’uomo della polvera della terra»

[8] Gianfranco RAVASI, op. cit. [nota  4, p,.8], III, p 819

[9] V. 13

[10] V. 14

[11] V. 18