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Paolo e Sila in prigione

Il primo elemento di questa storia che si impone alla nostra attenzione è la doppia ingiustizia subita da Paolo e Sila a Filippi. La prima è che sono stati sottoposti ad un giudizio sommario in cui non sono stati rispettati i loro diritti elementari: l'accusa era falsa e ingiusta, sono accusati di sedizione per aiutare ad una ragazza schiava a diventare libera; la seconda è che sono condannati senza essere nemmeno ascoltati e subiscono una doppia condanna punitiva: sono stati crudelmente sferzati e poi gettati in prigione, nella parte più oscura e legati con le catene, senza aver commesso nessun reato. Notate la sequenza terribile e ingiusta degli eventi e vedrete quanto sia stata sbrigativa la giustizia umana nei confronti di Paolo e di Sila, due stranieri, poveri, senza avvocato né conoscenze nella città (tranne una vedova anche lei straniera e qualche donna).

Partiamo da questo elemento per descrivere ora la situazione vissuta dai detenuti nelle nostre prigioni, che sono state pensate molti anni fa per ospitare, si fa per dire, meno della metà delle persone che ora le riempiono fino al collasso. Prigioni vecchie, pensate vecchia maniera quando la pena era da scontare senza misure alternative e le carceri non erano disegnate per realizzare progetti rieducativi o di lavoro che potessero dare il via ad un percorso riabilitativo e di reinserimento nella società. In queste carceri obsolete e inadeguate, superaffollate e insalubri la vita delle persone è resa una tortura (la pena della privazione della libertà si trasforma dunque in qualcosa di ben più grave il che a sua volta trasgredisce la legge) . Ci troviamo dunque in una situazione paradossale simile a quella di Paolo e di Sila, la pena subita non è proporzionata al male commesso. Orbene questa situazione è insostenibile dal punto di vista del diritto ed è ora di denunciarlo e di mobilitarsi per cambiarla in modo civile.

In secondo luogo in questa storia di prigionia ingiusta si mescolano due elementi molto diversi:

-- la punizione inflitta dai giudici umani a due accusati di commettere un reato grave; abbiamo in questa parte della storia il normale procedimento della giustizia che cade pesantemente su quelli che sono accusati o colpevoli di reati più o meno gravi. Una procedura possiamo dire "normale", separa alcuni uomini e donna dalla vita sociale normale e li getta (isola) nel carcere, un istituto creato per segregare quelli che sono stati privati dalla loro libertà e autonomia (del loro diritto individuale). Per noi questo procedimento è diventato normale, molti addirittura lo chiedono ad urla per i loro simili, ascoltiamo in continuazione lamentele che vorrebbero più carceri, sentenze di prigione più lunghe e più dure anche per reati relativamente minori (e quelli che chiedono la pena di morte per questo o l'altro reato). Paolo e Sila, due evangelizzatori miti e pacifici si trovano in questa situazione e sono schiacciati dal potere dei loro accusatori e dalla reticenza colpevole dei giudici di quella città. Subiscono dunque a pieno "la procedura normale" anche nei giorni nostri molte persone sono schiacciate da una giustizia piegata agli interessi di alcuni che addomesticano l'opinione pubblica e chiedono pene severe per il furto, diciamo, ma non si mettono d'accordo per approvare una legge contro la corruzione o malversazione di denari pubblici. Così Paolo e Sila finiscono bastonati a sangue e rinchiusi nella parte più oscura e profonda del carcere di Filippi a lamentare la loro cattiva sorte;

-- l'altro elemento è caratterizzato da tre sorprese: la prima è che questi uomini bastonati e sbattuti in prigione anzi che "piangere la loro triste sorte", cantano e pregano pieni di gioia nel ventre di quella prigione che come il pesce di Giona sembra averli inghiottiti. Gli altri prigionieri ascoltano questi canti e si sentono "meravigliati" di una tale spavalderia; secondo, avviene un terremoto molto ma molto irregolare, quasi quanto il comportamento dei giudici, si tratta di un terremoto "intelligente" che anziché abbattere i muri della prigione e seppellire i malcapitati tra le rovine dell'edificio, "seleziona" gli elementi che distruggerà, le porte, le grate e le catene che opprimono gli uomini, un terremoto selettivo e imprevedibile "libera" i prigionieri dalle loro catene e prigioni; terzo, questi prigionieri liberati anziché scappare verso città lontane o boschi accoglienti, si radunano tutti attorno a questi due carcerati sbattuti nel profondo del carcere e che cantavano ad un Dio prodigioso che ama e perdona i peccatori per grazia senza imputare loro le colpe e le pene dovute ai loro errori e trasgressioni. Questa è forse la parte più sorprendente della storia (e il miracolo più grande?)

Infine, torniamo alla situazione dei carcerati e alle persone che dedicano il loro tempo e sforzi per rendere più umana e vivibile la loro condizione. Ho sentito dire recentemente ad un giudice questa frase: "la prigione non gliela auguro mai a nessuno e men che meno quella italiana a chicchessia". Forse ho reso un poco più letteraria e accettabile quell'affermazione. Dico a voi, volontari dell'Associazione Amici di Zaccheo, tra tutte le attività e ministeri che ci sono nella comunità siete proprio andati a cercare quello più difficile, come mai? Cioè quale spinta inderogabile avete sentito che vi porta a dedicare una parte del vostro tempo a penetrare nel ventre di questo mostro che inghiotte le persone e ne divora le speranze i sogni, gli affetti, la loro umanità? Qui trovo una dimostrazione di una verità semplice: se non si fosse una chiamata del Signore rivolta a una persona concreta non ci sarebbero i volontari né le persone che consacrano le loro vite e professionalità al lavoro dentro delle carceri. Quel terremoto liberatorio siete voi, questo Paolo e Sila che non dovevano entrare in quel carcere, che erano le persone meno indicate a finire in prigione perché apostoli di Gesù Cristo sono stati inviati in quel carcere per liberare i prigionieri e per liberare dalle tenebre il loro carceriere. Sì, perché qui il terremoto della liberazione nasce da un giudizio e da una condanna ingiusti, dalla fede di due uomini che non si sono lasciati andare alla disperazione, anzi hanno combattuto l'ingiustizia con il canto, la preghiera e la testimonianza. Loro erano il terremoto anomalo che ha frantumato le catena della prigione di Filippi, hanno spalancato le porte del carcere, hanno espulso i demoni che rendevano inumana la vita degli schiavi, e hanno portato la libertà del Signore a tutti: ai prigionieri e ai loro carcerieri. In questo modo è avvenuta la riconciliazione più potente raccontata nella Bibbia: tra carnefici e vittime, tra schiavi e padroni di schiavi.

Una doppia ingiustizia è stata riparata con una doppia riconciliazione, che in un colpo solo non solo ha restituito la giustizia a quello che ne erano sprovvisti, ma che ha anche aperto gli occhi dei colpevoli perché pentiti potessero anche loro ricevere il perdono gratuito. In questo modo rinasce la speranza, questa è la prima storia della conversione dell'Europa al Vangelo, e tutto ha inizio nella predicazione ad un gruppo di donne straniere e a un pugno di carcerati e al loro carceriere nell'oscura prigione di Filippi. Noi siamo figli di quella storia e quel terremoto scuote ancora le pareti delle nostre anime. Credo che se non altro, alcuni avranno capito finalmente cosa vi spinge nel vostro ministero verso gli ultimi tra gli ultimi, e chi sa se qualcun altro oggi avrà sentito lo scuotere sismico divino che lo chiama a questo ministero insieme con voi.