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Gli angeli nel libro di Apocalisse

L'angeologia e la demonologia sono particolarmente sviluppate nella letteratura apocalittica dovuto all'in­fluenza della religione persiana.  In questo genere letterario si interpreta la storia umana come un conflitto eterno tra il bene e il male. La chiave teologica di comprensione di questa letteratura è che Dio regna sul trono, alla fine il suo progetto sarà realizzato anche se ora per breve tempo sulla terra e nel tempo umano sembri regnare il male e la sofferenza. La vittoria finale appartiene a Dio e ai giusti, ai suoi figli.

Nella nostra Apocalisse, Il veggente ha un angelo (Ap 1,1) che lo conduce nel raptus estatico o nel sogno, è lo strumento di media­zione fra il veggente e Dio. Dio è troppo lontano, si è allonta­nato da un mondo dominato dal male. C'è un abisso invalicabile fra la sua santità e l'eone malvagio della storia umana. Gli angeli riempiono questo abisso. Sono inviati da Dio come media­zione necessaria per superare la distanza fra le due realtà. Apocalisse inizia con la visione del Cristo risorto, il che significa che dall’inizio il messaggio è che Dio ha “vinto” e sconfitto il male, esso si manifesterà ancora per un po’ nel tempo presente, ma il male è già stato sconfitto e noi partecipiamo da ora a questa vittoria anche se dovremo subire nella carne il martirio o la lotta contro le tentazioni o le sofferenze personali. Dio ha vinto e ci fa dono della sua vittoria già, qui ed ora. Ma questa vittoria deve ancora manifestarsi pienamente nel tempo storico della presente era.

Gli angeli però non hanno una personalità propria definita, sono descritti in fun­zione di ciò che fanno o che compiono agli ordini di Dio: i sette angeli che suonano le trombe, i sette angeli che versano le coppe dell'ira di Dio. Altri angeli sono descritti attraverso quello che dicono si tratta di angeli della parola, che rivelano al veggente il significato nascosto delle visioni). Pensiamo che in realtà il ricorso agli angeli possa essere uno strumento letterario per evitare antropomorfismi quando si descrive l'opera di Dio, l'unico vero attore del dramma in corso. Abbiamo analizzato precedentemente il ruolo dei quattro esseri vivente attorno al Trono di Dio, dei ventiquattro Presbiteri-Re che occupano il secondo cerchio più vicino al Tempio e la moltitudine di angeli e di fedeli occupati nell’adorazione celeste.

Ora passiamo a descrivere questi angeli distruttori portatori del giudizio divino. Notate nel nostro testo le sequenze della visione. Prima dell’apertura del settiamo sigillo si fa “silenzio” nel cielo, questo silenzio di Dio è un tema esegetico non di poco conto, l’importante è che dura poco, si tratta del tempo della prova, del martirio quando le nostre preghiere sembrano trovare il silenzio divino come risposta. Seconda sequenza, appaiono i sette angeli della presenza ed è dato loro uno strumento (le trombe), al suono delle trombe seguiranno della catastrofi sulla terra. Ma, attenzione, prima che sia dato loro l’incarico di suonare le trombe, un altro angelo porta l’incensiere con molti profumi per offrirli “insieme” con le preghiere dei santi, molti vedono in questi profumi dagli aromi diversi, offerti a Dio insieme alle preghiere dei santi, le preghiere di tutti gli esseri umani. La funzione di questo angelo è dunque quella di portare alla memoria di Dio, le preghiere di tutti gli esseri umani, specialmente quelle dei santi, in favore dell’umanità, proprio prima che si scateni la giusta ira divina, appare la grazia, Dio non si dimentica le preghiere degli uomini e delle donne, non lascia inascoltate le preghiere dei santi, per cui il contenuto dell’incensiere dentro il quale è stato versato del fuoco dell’altare è scagliato sulla terra. Prima del giudizio Dio scaglia sul mondo la sua misericordia, la sua grazia. Soltanto dopo questa offerta del profumo variato delle preghiere umane nella storia, si rompe il silenzio nel cielo e dunque i tuoni, le voci, i lampi e il terremoto annunciano l’inizio della serie delle calamità.

Il racconto delle grandi calamità cosmiche che prece­deranno la fine sono simboli da interpretare. Non si pensi che sono una sorta di cronaca annunciata di ciò che accadrà alla fine del tempo, quando e come, che si possa stillare un elenco di eventi secondo una successione cronologica partendo da queste calamità naturali. Quello che si vuole dire è che il conflitto finale tra il bene e il male avrà una dimensione cosmica che coinvolgerà l'intero creato: la terra, il mare, gli animali, la luna, il sole le stelle. Come abbiamo visto, nella letteratura ebraica intertestamentaria tutti questi elementi cosmici o potenze della natura erano collegati agli angeli. Non si creda che abbiamo la descrizione di come sarà la "fine del mondo". Oltre ad essere riduttivo supporrebbe una distorsione del messaggio. Gli angeli che suonano le trombe o che versano le coppe hanno autorità sugli elementi e la parte del creato su cui versano le “coppe dell’ira (orgé) di Dio”. Notiamo due cose. La prima è che questi angeli di distruzione non compiono la distruzione totale dell’elemento su cui hanno il potere o controllo, ma è data loro facoltà di danneggiare soltanto una parte (del mare, della terra, delle stelle). Le calamità indicate e le piaghe che colpiranno la terra e i suoi abitanti (fame, guerra, pestilenza, terremoti, fuoco, inondazioni, cavallette, ecc.) sono fenomeni naturali che avvengono in tutte le epoche storiche, sono descritte in un modo particolare: si corrisponde ognuno di questi eventi sulla terra con una decisione o un evento accaduto in cielo. “Dopo queste cose”, dice il veggente in riferimento a cose che sono accadute in cielo davanti al Trono di Dio, ecco che l’angelo della prima, della seconda tromba suona lo strumento e dunque “una sciagura colpisce la terra e il tempo storico”. Abbiamo già visto in azione questi angeli “demolitori” che annunciano il castigo divino, questa funzione è ora sistematizzata. L’idea conclusiva è che si avvicina la “fine” dell’era presente e questa fine è preceduta da eventi catastrofici in catena che preannunciano l’imminenza della “fine”. Ma trattandosi dei soliti fenomeni naturali, qualunque epoca umana successiva potrà dire “la fine è vicina poiché i segnali sono tutti presenti contemporaneamente in ogni epoca”. La differenza oggi è la presenza di otto miliardi di esseri umani sulla terra il che amplifica ad ogni catastrofe le dimensioni delle tragedie.

Ap. 21,9 L'angelo che mostra e guida Giovanni nella città celeste della fine e dell'inizio è uno dei sette che ha scaricato le coppe dell'ira dell'Altissimo.  Un angelo distruttore che diventa costruttore.  Questi angeli hanno una parte importante nella struttura del libro.  Era anche uno di loro l'angelo che ha rivelato al veggente la sentenza emessa contro la grande prostituta Babilonia (17:1). La città che rappresenta il male assoluto era il risultato della frode diabolica e si mostrava nel seducente aspetto della bellezza e della potenza, ornata da gioielli e vestita di porpora.  La nuova Gerusalemme invece è la sposa dell'Agnello. Ha nella terra la sua progenitrice, la città di Sion, e la sua antagonista, Roma la nuova Babilonia. La città santa che scende da Dio è simboleggiata con l'allegoria della sposa, come Babilonia era simboleggiata dalla prostituta. E' la città del futuro e della fine del tempo che esiste nel presente come città santa, congregazione dei santi, del popolo eletto, ma visibile soltanto nel segreto di Dio e nella contraddizione del suo essere fragile e debole, anche se ogni congregazione ha l’aiuto e il sostegno dello Spirito e del suo angelo (il ministro, la ministra del vangelo è rappresentato come l’angelo della chiesa o come un candeliere acceso). Tutti i lettori di Giovanni abitavano in sette città della provincia dell'Asia, immersi nella contraddizione di essere cittadini sotto il dominio della prostituta babilonese, e contemporaneamente, cittadini della "santa città", e membri dell'assemblea della chiesa terre­stre. Per servire il Cristo dovevano rinunciare ai loro privilegi come abitanti di Babilonia‑Roma. Mentre la gloria della città pagana era visibile ed evidente, la gloria della città santa è invisibile, nascosta. Loro dovevano fare una scelta drammatica e coraggiosa: perdere lo splendore visibile di Babilonia dissocian­dosi dalla loro idolatria e immoralità, per ottenere lo splendore invisibile, nascosto della città santa che doveva scendere da Dio. Sia l'una che l'altra città rappresentavano l'antico ideale mitico della città come luogo che ha al suo centro il divino, e nel quale la comunità umana vive in sicurezza e prosperità. Babilonia‑Roma rappresenta la perversione di questo ideale, in cui si cade quando, al posto del vero Dio, l'umanità si autodivi­nizza. E'successo a Babele, a Ninive, a Babilonia ogni qualvolta l'uomo attraverso i suoi idoli ha voluto divinizzarsi o rendere culto alle sue opere come la città di Roma che aveva fatto Roma stessa incarnazione del “divino” e oggetto di culto, a sua volta l’Imperatore era divinizzato alla sua morte e adorato come “divino”. Adesso accade con Roma la stessa cosa. Babilonia‑Roma cadrà, come sono cadute le sue progenitrici per consentire alla nuova Gerusalemme di sostituirla. Roma è la brutta coppia satanica della santa città, deve cadere e lasciare il posto alla realtà divina, la nuova Gerusalemme. La descrizione della città che scende da Dio è un intreccio straordinario di molti fili di allegorie veterote­stamentarie, che produce un'immagine suggestiva di un "luogo" dove si vive alla diretta presenza di Dio. In quanto luogo, la nuova Gerusalemme è insieme città santa, tempio nuovo e paradiso ritrovato. Sorge sull'altezza della "grande montagna bianca".  Gli angeli delle trombe e delle coppe dell’ira non sono soltanto distruttori, ma anche costruttori, insieme con i credenti e i fedeli, ai quali accompagnano e proteggono, demoliscono pezzi della Babilonia-Roma, la città del peccato e della morte, e costruiscono la nuova Gerusalemme, la sposa dell’Agnello.