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Gli angeli nella letteratura apocalittica

Dopo l’esilio in Babilonia e a stretto contatto con le concezioni caldee e soprattutto persiane, assistiamo ad una trasformazione e ad uno sviluppo impressionante delle idee e concezioni sugli angeli. Alcune di queste idee erano già presenti in modo larvato nell’AT, altre rappresentano delle novità, altre ancora sviluppano idee già presenti come p.e. l’esercito angelico, la mediazione tra Dio e gli esseri umani, etc. Parlando in termini generali, fino a questo momento possiamo dire che gli angeli sono nell’AT una “personificazione di concetti o elementi teologici”, ora assistiamo ad una completa “identificazione” tra fenomeni ed elementi religiosi e naturali con “specifiche figure angeliche” con nome propri e funzioni specifiche sia positive che negative.

Possiamo iniziare con una domanda, in Daniele 4,13 appare una figura in visione al veggente chiamata uno dei santi veglianti sceso dal cielo. Come al solito abbiamo a che fare con una traduzione che cerca di farci capire un complesso gioco di parole che letteralmente dice uno dei santi che veglia, vale a dire che non dorme, identificato dal nostro solerte traduttore con il sostantivo vigilante. Questa semplice incursione nel significato delle parole ci aiuta a capire il processo attraverso il quale si passa da un concetto (un santo essere che non dorme e che è nel cielo) ad una personificazione angelica (non può che essere un angelo guardiano. Da una parte si tratta di un concetto antico “gli angeli sono santi” nell’AT, dall’altra ora si tratta di “un tipo specifico di angelo diverso da altri tipi di angeli che ha ricevuto un compito specifico che svolge in favore del veggente Daniele.

Gli angeli formano ora un vero e proprio esercito diviso in categorie gerarchiche, a capo dell’esercito angelico troviamo gli arcangeli in numero variabile 3, 4 e 7, come avevamo già più volte accennato. Questa concezione è molto significativa. Un esercito deve combattere, chi o cosa combatte questo esercito celeste? Combatte il male e per realizzare il proposito divino nella storia. Le conseguenze sono evidenti. Ci sarà contro un altro esercito, e chi forma questo esercito? Gli angeli caduti che a loro volte avranno una gerarchia e un “capo” assoluta incarnazione del male. Manca una cosa sola: dare un nome specifico a questi concetti perché diventino “esseri reali”. Allo stesso tempo, come i fenomeni celesti hanno una loro controparte nei fenomeni terrestri (nella storia), c’è una nazione santa ed eletta (Israele) che è il popolo di Dio e formano l’esercito dei santi che deve fare nel tempo e nella storia quello che gli angeli compiono in cielo, e i loro nemici formano l’esercito del male aiutato dagli angeli caduti. Certamente questo sviluppo non si è dato in una generazione ma è iniziato nel periodo dell’esilio  ed è completo p.e. nel Libro di Enoch o nel Libro dei Giubilei. In quanto alle gerarchie angeliche ricordiamo la denominazione “angeli della presenza”, “angeli della potenza” etc. Questi nomi  rappresentavano l’idea della vicinanza a Dio e dunque gli angeli più vicini a Dio sono quelli più importanti nella gerarchia, quelli più lontani da Dio sono quelli di rango inferiore. Si tratta di una proiezione delle realtà delle corti dei re orientali del tempo, così è rappresentata la realtà celeste come una corte regale.

Si sviluppa l’idea dell’intercessione angelica, questa diventa necessaria perché Dio ora è concepito come troppo lontano e inavvicinabile. Nell’antica concezione avevamo visto che l’angelo di Dio era a volte un nome per la teofania o apparizione di Dio stesso, altre volte si tratta dell’angelo ed è confuso con un uomo perché si presentava sotto forma umana. Ora non vi è possibilità di confusione: Dio è troppo lontano e non può avere nessun contatto con l’umanità. Non vi saranno più teofanie, Dio non parlerà più direttamente all’uomo, la profezia è finita, i libri che si scrivono ora si presentano come scritti “da grandi personaggi del passato” Enoch, Mosè, Salomone, etc. Da una parte l’angelo copre l’abisso che divide Dio dall’umanità, il cielo dalla storia umana, Dio lo invia perché non agisce direttamente nella storia ma attraverso l’angelo mediatore. Allo stesso modo l’uomo non può parlare direttamente con Dio, è l’angelo a portare la preghiera dell’uomo a Dio (Tobia 12,15), il fumo dell’olocausto, sono loro a proteggere il giusto (e non più Dio direttamente), a proteggere la nazione dei santi. Da questo ruolo di guardiani, di vigilanti si svilupperà l’idea dell’angelo guardiano o protettore di intere nazioni ma anche dei singoli individui (e parallelamente l’idea dei demoni nemici e tentatori dei singoli credenti). Il concetto è che l’angelo diventa figura necessaria alla mediazione non soltanto tra l’umanità e Dio, ma anche tra Dio e l’essere umano, tra la realtà celeste e la storia umana.

L’idea degli angeli che non sono soltanto dei mediatori ma che incarnano i poteri della natura e i fenomeni naturali non è nuova. Ora si sviluppa e cresce oltre misura, vi è una chiara relazione tra i nomi dati agli angeli e questi fenomeni naturali. Prendiamo qualche esempio. Un angelo è chiamato Kokbiel che ha potere sulle stelle, l’angelo dello zodiaco possiamo dire, dal radicale KKB “stella”. L’angelo chiamato Ruhiel che ha potere sul vento, o angelo dei venti, dal radicale RH “vento”. Possiamo citare molti altri esempi ma questi possono bastare. Lo stesso si può dire degli angeli che presiedono alle stagioni dell’anno, i loro nomi sono collegati ai nomi delle stagioni. Il caso dell’arcangelo Rafaele è esemplare a sua volta, si tratta dell’angelo della guarigione e il suo nome deriva dal radicale RPH’ che significa guarire. Il passo seguente sarebbe che se hanno potere su questi fenomeni e potenze allora possono essere invocati in aiuto (o per danneggiare un nemico). Il passo tra superstizione e magia è breve. Ci è noto l’uso dei nomi degli angeli per le pratiche magiche (condannate comunque sempre nell’AT) che diventano molto popolari in questo periodo.