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Il Signore disse a Noè: Entra nell’arca tu con tutta la famiglia tua” Genesi 7,1

Il comportamento di Noè dovette apparire ai più, a dir poco stravagante. Una mastodontica impresa, che appariva del tutto insensata. A cosa poteva servire quell’enorme e brutta barca in un luogo in cui non c’era il mare?

Dio aveva detto a Noè sia la ragione per quel comando e sia quello che stava per fare. Eppure quell’impresa dovette dare da pensare a Noè stesso, in molte occasioni.

Il versetto a cui facciamo riferimento si colloca nel momento in cui Dio invita a entrare nell’Arca. E’ un invito rivolto a Noè e alla sua famiglia ed è un comando teso a salvare la biodiversità della vita.

Questa storia straordinaria è piena di porte e finestre che fanno passare luce e offrono inattesi punti di vista.

Adesso Dio dice “Entra nell’arca, tu e la tua famiglia”

Che straordinaria metafora, per indicare almeno due cose che stamattina mi paiono particolarmente importanti.

La prima ha a che fare con l’arca come un entrare in Dio stesso, sotto la sua protezione, per scampare al giudizio verso un mondo divenuto irrimediabilmente violento. Affidarsi a Dio, quando tutto va in rovina. Agire una fede ostinata in una crisi universale da cui non sembra poterci essere scampo. E farlo prima ancora che la prima goccia di pioggia scenda dal cielo. Non era ancora successo nulla, apparentemente. Ma Noè aveva visto il dilagare della prepotenza e della violenza, e sapeva che non poteva continuare così.

Però obbedire al comando del Signore di entrare nell’Arca, significava anche entrare in una nuova comunità, di quelli che avrebbero avuto il privilegio di scampare, ma anche la grande responsabilità e fatica di ripopolare la terra, di partecipare all’impresa di ricostruzione della comunità umana.

L’altro giorno, in occasione della nostra festa del 2 giugno, in uno dei gruppi di lavoro, abbiamo un po’ giocato di fantasia, immaginando questo tempo sulla soglia in cui prima Noè e la sua famiglia e poi gli animali, furono invitati ad entrare.

Riflettevamo che per alcuni animali quegli spazi erano decisamene angusti. Animali abituati agli ampi spazi della prateria, o a quelli sconfinati del cielo. Per altri animali, quelli che erano solitamente prede, stare così vicini ai loro predatori, annunciava un viaggio non proprio nel segno della facile convivenza: il lupo che dorme di fianco all’agnello, costringe l’agnello a passare notti insonni.

C’erano poi i così detti animali puri che avrebbero potuto obiettare a quella eccessiva prossimità da quelli considerati impuri. C’è sempre qualcuno che si ritiene migliore degli altri.

L’Arca al tempo stesso era luogo di protezione in Dio, e anticipava forse un tempo in cui la violenza sarebbe stata estirpata anche dal mondo animale. Ma era un luogo, una palestra dove bisognava imparare a convivere, e bisognava costruire dei rapporti di fiducia reciproca.

E’ esattamente così anche della situazione dell’oggi.

L’arca è come il battesimo. Dice la nostra totale appartenenza a Dio, mediante l’azione di Cristo Gesù.

Entrare nell’arca è un entrare “in Cristo”. Cioè venire sotto le ali della sua protezione. E’ un essere giustificati per la sua giustizia.

E magari a qualcuno che è qui per la prima volta, questo gesto apparirà un po’ stravagante, non meno che quello di Noè, quando nella sua avanzatissima età, si dedicò a quella mastodontica impresa.

Cosa può un uomo contro la minaccia di un diluvio universale? E cosà potrà la nostra sorella Graziella, contro il dilagare dei problemi planetari che affliggono l’umanità e il mondo intero?

Nulla poteva Noè, e nulla può Graziella, ma Dio può ogni cosa. E come il grande diluvio comincia con la prima goccia d’acqua che caduta dal cielo si posa sulla terra, così il mondo nuovo comincia con la prima creatura che entra nell’Arca e affida il suo destino a quello di Dio.

L’apostolo Pietro nella sua prima lettera, scritta forse anche come filo conduttore di una liturgia battesimale, accosta il racconto del Diluvio proprio al battesimo.

1Pietro 3:20-21

20 … la pazienza di Dio aspettava, al tempo di Noè, mentre si preparava l'arca, nella quale poche anime, cioè otto, furono salvate attraverso l'acqua. 21 Quest'acqua era figura del battesimo (che non è eliminazione di sporcizia dal corpo, ma la richiesta di una buona coscienza verso Dio). Esso ora salva anche voi, mediante la risurrezione di Gesù Cristo.

Eppure, dicevamo che l’Arca non era solo segno della relazione di totale affidamento dell’essere umano a Dio, ma anche accettazione di costituire una nuova comunità, per il tempo nuovo.

La chiesa qui viene prefigurata come un laboratorio, in cui bisogna imparare a smussare gli spigoli, bisogna, vivendo vicini, a comprendere le giuste ragioni di tutti.

Il messaggio ecologico per l’oggi è evidente. La civiltà è stato un lento ma progressivo allontanamento dell’uomo dalla natura. Siamo sofisticatissimi da un punto di vista della tecnologia e di una crassa ignoranza sulla natura, sul mondo vegetale e quello animale. Per noi sono solo una fonte inesauribile (?) di risorse per soddisfare il nostro bisogno.

Ma l’Arca impone di riconoscere la sofferenza e il grido del creato, che aspetta la manifestazione dei figli di Dio.

Dunque il battesimo è cifra dell’agire di Dio che ci sottrae al destino della morte, come quando l’angelo mise un segno sugli stipiti delle porte degli ebrei per liberarli dalla oppressione del Faraone.

Ma poi ci furono quarant’anni nel deserto, mentre qui nel diluvio, quaranta giorni di pioggia ininterrotta. Questo non è tempo per oziare, ma per diventare nuova comunità/umanità.

Graziella oggi, da una parte accoglie l’invito a entrare in un rapporto di salvezza col Signore e dall’altra a entrare in una relazione pattuale con la comunità dei credenti che noi siamo.

E come abbiamo detto, non sempre questo viaggio è proprio una crociera di piacere. A volte la relazione può essere faticosa, impegnativa.

L’immagine dell’Arca però può portare con sé un fraintendimento che è bene chiarire. L’idea di entrare in un ambito di salvezza, lasciando che il mondo vada in rovina e si prenda la sua meritata punizione.

Ecco che l’arca diviene, in alcune narrazioni filmiche, la navicella spaziale sulla quale si imbarcano i più ricchi, per sottrarsi al destino dell’inverno nucleare, generato dalla follia umana. L’arca come il bunker nel quale mettiamo in salvo la nostra anima, sostanzialmente indifferenti a quel che sarà agli altri.

In Cristo, sappiamo che questa vita nuova che ci viene donata e questa comunità che ci viene offerta è una risorsa spirituale da spendere per cominciare un mondo nuovo, una storia nuova.

Noi non siamo chiamata a sottrarci al destino del mondo, ma ad essere la primizia di qualcosa di nuovo che Dio sta preparando.

“Oggi, è il giorno per imbarcarsi in questa nuova avventura. Entra nell’arca!”

Graziella con questo gesto sta esibendo il suo biglietto, pagato da Cristo, per avere accesso a questa arca di salvezza. Ma la domanda è rivolta a ciascuno di noi. Riflettiamoci.

Questo mondo è insostenibile. Le sue pazze guerre, la sua unica legge del profitto, il rapporto predatorio col territorio, indicano che stiamo andando a grande velocità in un vicolo cieco. Alla fine di questa strada ci schianteremo. Come si fa a non capirlo?

Quale economista, o sostenitore di questo modello di sviluppo può fare previsioni che non siano catastrofiche per i prossimi 30, 50, 80 anni? Quali politici possono dirci quanto le loro ricette del presente possano influire sul buon esito delle scadenze che ci sono alle porte?

Non c’è tempo da perdere. Bisogna invertire la rotta. Ed io e te, che non abbiamo certo il potere di ottenere grandi cambiamenti planetari, ne abbiamo uno, che nessuno può e deve toglierci: dare la nostra vita a Cristo, nostra Arca, e generatore di un profondo rinnovamento della coscienza.

E’ ora di saltare sull’Arca. E non solo per Graziella.

Dì di sì a Cristo!

Vieni a vivere la tua fede assieme a noi. Non possiamo dirti che in questa crociera non ci saranno mareggiate, ma possiamo prometterti di essere tuoi vicini con lealtà e nel reciproco sostegno.

Non accontentarti di entrare nell’Areca da solo o da sola. Va e dillo alla tua famiglia. Anche lì hai delle possibilità da spendere.

Costituisci in casa tua una prima cellula della chiesa di Cristo. Educa i tuoi figli e figlie. Da’ loro una buona testimonianza della tua fede. Incoraggiali a diventare partecipi di questo progetto di vita, contro i tanti di morte.

Entra nell’arca, vieni a vivere l’avventura della fede, in essa troverai il Signore, compagni e compagne di viaggio e una speranza incrollabile per il mondo nuovo