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La speranza della Resurrezione

Abbiamo ascoltato la descrizione di una Teofania o Visione celeste, ricevuta dall'anziano Giovanni, un seguace del Signore perseguitato molti secoli fa per la sua predicazione del Vangelo e per la testimonianza di Gesù. Durante il regno dell'Impe­ratore Domiziano, alla fine del primo secolo, egli fu condannato all'esilio e ai lavori forzati nell’isola di Patmos dove c’erano delle miniere di piombo.. Le sue condizioni erano buie, condannato ai lavori pesanti come Israele in Egitto, la sua morte era imminente. Molti dei suoi fratelli e sorelle, gli amici di una vita, i compagni amati nella fede, avevano perso la vita nella dura persecuzione contro la chiesa, o subito la sua stessa sorte. Molti dovevano ancora perdere la vita o la libertà, i beni mate­riali o la famiglia. Giovanni stesso fu relegato in un'isola lontano da tutto e da tutti. Quando si è lontano dall'affetto delle persone che amiamo qualcosa si spezza dentro di noi. Quando è l'arbitrio del potere tirannico a costringerci alla lontananza dell'esilio è come se la vita fosse stata spenta. Giovanni è lontano da tutto e da tutti, dalla comunione con i fratelli e le sorelle che egli amava più della vita. Domina in quel momento nella sua vita il buio.

In quelle circostanze dure, buie e difficili ebbe una visione consolatrice: una visione del Cristo Risorto e glorificato. Dominava questa visione la luce che irradiava dal suo volto. Questa luce vinse le tenebre della morte a Gerusalemme e ancora a Patmos sconfiggeva la notte che era caduta nel cuore di Giovanni. Gesù appariva come uno simile a un uomo, con una veste lunga, con una cintura di oro che risplendeva; e ancora i capelli brillavano con una luce bianca che ricordava la lana o la neve candida.

Anche dagli occhi sgorgava la luce, non era una luce soffi­ce, ma scintille di fuoco, come gli sprizzi di lampo quando giunge la tempesta; e ancora i piedi splendevano come un metallo lucidato. Gesù che è la luce del mondo giunge a quell'uomo che vive al buio come la luce che illumina l'universo sì, ma anche la transitorie­tà infinitesimale di chi vive in transito precipitandosi verso la morte. Illumina la disperazione di un uomo solo, abbandonato al suo destino in un'isola strana, sconosciuta, ostile e buia.

Davanti a questa visione, ci dice lo stesso Giovanni, dinan­zi allo splendore e maestà del Cristo Risorto e glorificato, l'anziano Giovanni non regge, perde conoscenza e coscienza di sé e cadde ai suoi piedi come morto. La gloria del Signore è qualche cosa di troppo per gli occhi mortali dell'uomo.

Arriviamo al punto centrale del testo: il Cristo di Dio toccò Giovanni con la mano destra (in Luca Gesù è chiamato “il dito della mano destra di Dio” che tocca la nostra miseria e infermità per guarirci). Questo gesto era consueto nel Gesù che percorse i sentieri del nostro mondo in carne mortale: mise la sua mano destra su di me. Era lo stesso gesto compiuto tante volte durante la sua esistenza terrena: il gesto con il quale aveva guarito gli ammalati, i tormentati da ogni sorta di sofferenza nell'anima o nel corpo, il gesto della risurrezione che diede la vita al figlio della vedova di Nain, il gesto che ridava dignità, senso, destinazione alla vita delle persone che incontrarono Gesù. Al gesto segue una parola. Il gesto insieme alla sua parola diventano segno della sua presenza: “Non temere, io sono il primo e l'ultimo, il Vivente; e fui morto ma ecco son vivente per i secoli dei secoli, e tengo le chiavi della morte e del soggiorno dei morti (Luzzi).”

Vorrei condurre la mia riflessione sui solchi di queste parole; vorrei che da esse traessimo conforto, potenza per vive­re, amore per la vita e per la luce che il Cristo ci dà con la sua presenza in mezzo a noi.

Cristo si rivela a noi come colui che viene portando la luce della sua presenza vivente quando le nostre mani sfiorano la morte. Ci viene incon­tro per nutrire la nostra capacità di amare la vita e di resiste­re alla morte, questa morte che già dentro di noi si insinua nei nostri visceri. Ci viene incontro il Vivente perché la nostra caducità incontri la sua eternità: la conflagrazione di questo incontro ci svela il volto della speranza. Se è vero che l’essere umano vive morendo o verso la morte, il nostro vivere che è morire a poco a poco è già un inizio della risurrezione. Avvolti e circondati dalla morte una voce interiore ci dice: in realtà voi state risuscitando.

Queste parole destano in noi il coraggio per vivere. Gesù Cristo ha sconfitto la morte e il morire. Egli ha imparato cosa sia morire. Neanche il Figlio di Dio, la luce del mondo, ha potuto sottrarsi alla realtà del morire. Davanti all'ultima esperienza umana non si è tirato indietro, non si è svincolato attraverso un atto dell'onnipotenza, è morto totalmente e completamente non una morte finta ma vera e definitiva fui morto, senza trucchi né maschere. Ma ecco, la morte non ha potuto conservare la sua preda, è stata sconfitta. Notate come sia stato invertito il percorso, il morire è stato verso la vita: infatti dice il Risorto a Giovanni fui morto ma ecco sono Vivente per i secoli dei secoli. Dal passato umano che era morire si passa ora al presente eterno della vita. Anche per noi si ripete il percorso: dal morire si emerge al presente eterno della vita risorta per sempre. Penetrando nel morire Gesù ha sconfitto la morte per sempre. Buttate i fazzoletti che servivano a conservare le vostre lacri­me, non ci sia più cordoglio, né vestito di sacco, né cenere, né lutto. Gesù ha la chiave del soggiorno dei morti e le apre per noi quando penetriamo nel morire. Davanti a questa esperienza ultima dunque non temete, perché anche se cadiamo come morti, quella morte è l'utero e il portico della resurrezione. La vitto­ria della vita ha ucciso la morte per sempre.

Quando ognuno di noi venga deportato all'isola sconosciuta e ostile, deposto nel dolore e nella sofferenza che provoca il morire di quelli che abbiamo amato, onorato e sentito nostri, quando ci troveremo dinanzi al buio del limite e della zona di ombra dell'esistenza, ricordiamoci del Cristo, che egli ha attraversato il buio della valle della morte ed è uscito incolume dalla morte e dal morire. Ricordate che egli vuole penetrare con noi in questa zona buia quando la transitorietà del nostro pellegrinare ci raggiun­ga: egli attraverserà con noi il soggiorno delle ombre perché ci svegli il lampo della resurrezione.

La sua mano destra portatrice di vita, luce e salvezza toccherà la nostra mortalità imputridita, la mano che porta i segni dei chiodi e dell'amore ci condurrà lungo l'ultima tappa del nostro vivere verso il morire.