Apocalisse (cap 4 e 5) 3
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- Scritto da Martin Ibarra
Prosegue l'adorazione celeste.
Apocalisse 4:9‑11
vvss. 9 e 10: All'adorazione dei 4 esseri viventi rispondono i 24 anziani regnanti con un atto di sottomissione (immagine politica). Riconoscono di essere creature e che la loro autorità deriva da Dio. Soltanto a Dio aspetta l'adorazione quale fonte originaria di ogni vero potere e autorità. Come potete apprezzare sono mescolate delle immagini riferite sia al culto sia alla politica perché l'Impero Romano aveva mescolato entrambe le cose. Il vero ordine è quello rappresentato dall'adorazione celeste: il vero culto è quello reso a Dio e implica il riconoscimento della sovranità divina. Questa combinazione di immagini si corrisponde dunque alla situazione che viveva la chiesa in quella epoca tormentata. Il contrasto fra l'Imperatore e la chiesa è in realtà il contrasto fra tutto quello che si oppone alla volontà di Dio e tutto quello che vuole promuovere una vita più umana e autentica. L'impero Romano utilizzava per fare propaganda politica della sua autorità e potere i simboli religiosi sacralizzando in questo modo il potere politico. Questa tentazione si è ripetuta nella storia in diversi modi. La chiesa cristiana è stata anche colpevole di questa mescolanza idolatrica. Non ha dato sempre a Dio quel che è di Dio e a Cesare quel che è di Cesare. Questa tentazione è ricorrente e ancora mostra sottili aggiornamenti. In passato la chiesa è caduta in due trappole: la trappola di legittimare il potere politico oltre misura sancendo l'origine divina dell'autorità del monarca assoluto; o pretendendo per sé il potere politico di determinare le leggi o i governi. Oggi ci si presenta lo stesso pericolo in altri modi: l'uso del potere economico, del prestigio sociale della chiesa per imporre alla società come volontà divina qualcosa che appartiene alle opinioni e alle consuetudini di una determinata classe, per imporre una morale conservatrice o degli interessi di parte a tutti come se tali interessi fossero sanzionati da Dio. L'unico strumento teologico per evitare questo pericolo continuo è la separazione totale fra chiesa e stato.
La chiesa è caduta in questo peccato ogni qualvolta ha sancito una religione di Stato. In quel momento storico la religione di Stato era il culto all'imperatore e a Roma. La fedeltà politica e la sottomissione al potere erano rappresentati attraverso il culto religioso. In questo modo un'istituzione politica con la sanzione sacrale diventava assoluta. L'Impero per poter invocare per sé il culto doveva affermare la sua sovranità sul mondo come derivante dal suo essere di origine divina. In questo modo contrastava la sovranità vera di Dio sul mondo. Questo conflitto fra la sovranità umana e la sovranità divina è uno dei nodi dell'Apocalisse. L'arrivo del Regno di Dio sostituirà la pretesa idolatrica di Roma. C'è un confine che il potere umano non deve sorpassare per rimanere nei giusti limiti. Chi adora la Bestia è complice dei suoi crimini, chi adora Dio diventa uno strumento del piano divino per riportare la giustizia. La vittoria divina sulla Bestia avverrà in diverse fasi. Ognuna di queste fasi sarà indicata nel testo dell’Apocalisse da un allargamento dei confini dell'adorazione celeste. Sempre in cerchi più allargati si espanderà anche in terra la vera adorazione. Lo sguardo profetico penetra nella realtà e scopre una incompatibilità: non si può rendere culto a Dio e alla Bestia che rappresenta il potere politico divinizzato. Occorre scegliere. L'adorazione ha diversi momenti: un momento intuitivo in cui è percepita la presenza di Dio; un momento di penetrazione in questa realtà misteriosa che è percepita come santità, sovranità e dominio universale totali; un momento di sottomissione alla gloria divina; un momento di riconoscimento di colui che è presente e merita ogni esaltazione ed onore; un momento di risposta che è ringraziamento. L'adorazione implica l'avverarsi delle prime richieste del Padre Nostro. La prima petizione contenuta in questa preghiera (che forma parte del nostro culto) è sia santificato il tuo Nome (fa che tutti ti riconoscano come Dio), la seconda sia fatta la tua volontà, e la terza liberaci dal male (dal Maligno). Orbene, nel mondo di Giovanni questo non avveniva: il nome di Dio non era santificato, pochi riconoscevano Dio come Signore, la sua volontà non era fatta sulla terra come era fatta nel cielo, e il male dominava la terra sotto le forme dell'oppressione e dello sfruttamento economico messo in atto dall'autorità imperiale. Quanto è simile il nostro mondo a quel mondo passato. In questa visione noi guardiamo la realtà ultima. La realtà penultima, la nostra e tutte le realtà si sono affacciate alla finestra della storia (o si affaccerà in futuro), è segnata dalla negazione della preghiera di Cristo. L'assoluta santità di Dio, la giustizia, il pane quotidiano, il perdono e la riconciliazione mancano, il male ci sovrasta, distrugge il nostro mondo e tante vite innocenti, l'oppressione e la violenza, il sopruso e lo sfruttamento economico riducono il nostro mondo a un caos sommerso nel mare di vetro oscuro.
C'è un'unica sola parte della preghiera possibile che si avvera, Dio Padre Nostro è veramente nei cieli. Questa preghiera è in sé una forma di adorazione. Quando noi riflettiamo sul significato dell'espressione sia fatta la tua volontà in terra dovremmo chiederci: e chi compierà la volontà divina in terra se non noi? Noi siamo chiamati a fare la volontà di Dio. La vera preghiera significa adoperarci perché il Regno di Dio venga e la sua volontà sia fatta. Santificare il nome di Dio esige l'attuazione della giustizia e la condanna dell'ingiustizia in terra, la resistenza contro la potenza del male che contesta la santità e la giustizia di Dio, l'affermarsi della sua giustizia in terra. Esige la lotta contro l'oppressione e la tirannia. La struttura della realtà ci scopre la presenza del Male, dinanzi al Trono di Dio la realtà del Male è rappresentata dal Mare di vetro. Questa presenza e realtà del male ricorda a Dio (e a noi) il fatto che sulla terra il Male è reale e potente. C'è un dualismo morale in Giovani che adesso cercheremo di analizzare.
vs. 11: L'adorazione e l'atto di sottomissione sono seguiti da un inno che si conclude con queste parole “Tu hai creato tutte le cose, e per tua volontà furono create ed esistono”. Il dualismo apocalittico non è fisico o cosmico, ma morale o storico. In altri contesti religiosi si pensa Dio come la realtà che è al di là del Bene e del Male in quanto creatore di entrambi. Nella religione persiana di Zoroastro ci sono due divinità. La prima è il dio del bene e della luce Aura‑Mazda, la seconda è il dio del male e dell'oscurità. Entrambi sono in conflitto perenne. Ogni diecimila anni appartiene a una di queste divinità. Ci sono dunque periodi ciclici in cui regna il bene e la luce seguiti da periodi dove regna il male e l'oscurità. Per la mentalità apocalittica il dualismo è morale. Ci sono due realtà, quella celeste dove Dio è sovrano e quella terrestre dove regnano le potenze del male. Ciò avviene perché Dio che è sovrano di entrambe le realtà lo consente momentaneamente. La santità e la bontà di Dio sono preservate. Il Trono rappresenta la sovranità incontrastabile di Dio. Se esiste il male non è perché Dio lo ha voluto o lo ha creato. Tutte le cose sono state create da Dio buone e belle, se alcune cose sono impregnate dal male non è per causa del creatore. La loro qualità malvagia proviene dal fatto che la corruzione è penetrata nel creato a causa del peccato umano. Quello che Dio ha creato buono è in preda al caos e al male perché nell'universo fisico il peccato umano ha riportato sulla realtà il mostro primigenio, il caos oscuro. Per tanto il male non proviene da Dio, ma esiste perché Dio ha creato così l'essere umano. Perché non ci ha creati incapaci di fare il male? A questa domanda non risponde l’apocalittica. La grazia si mostra in questo fatto: Dio non ha abbandonato a sé il cosmo e l'essere umano in preda al Male quando essi soffrono le conseguenze delle scelte del peccato umano. Dio stabilisce nel suo disegno la creazione di nuovi cieli e di nuova terra, l'offrire una nuova possibilità. In Cristo ha fatto possibile la redenzione. Dio non si limita a distruggere quello che è diventato corrotto, ma prende su di sé la corruzione e la sofferenza, il suo correlato, e fa di esse lo strumento della nostra redenzione. Adesso siamo in grado di rispondere ad un'ulteriore domanda. In quale senso è l'Apocalisse un libro di profezia?
Secondo Bauckham, l'affermazione dell'Apocalisse di essere essa stessa profezia va compresa in relazione alla sua continuità con l'intera tradizione biblica, e inoltre nel contesto della natura della profezia biblica in generale, che non è soltanto predizione. Come il resto della profezia biblica, l'Apocalisse contiene tre elementi correlati: discerne la realtà introducendo nella sua interpretazione l'elemento dell'inserimento di essa nel disegno complessivo di Dio. Il primo interesse è svelare la verità delle cose nella chiesa e nel mondo così come Dio le vede. In questo modo la chiesa penetra in uno strato della realtà non apparente, identifica la menzogna della pretesa del potere imperiale di essere assoluto. Discerne il futuro, non si ferma in quello che è ma penetra la realtà futura, di quello che sarà. Ciò che accadrà è l'avvento del Regno di Dio, perciò l'interesse nelle cose che sono è perché esse cambino e diventino quello che Dio vorrebbe. Discerne il comportamento e il fare di quelli che riconoscono ora la sovranità di Dio perché il Regno di Dio venga. Questo terzo elemento introduce l'ambito della libertà umana nel disegno di Dio. Il destino umano e del mondo non è fatalista, non è predeterminato alla maniera che l'astrologia insegna, come se tutto fosse scritto nelle stelle che governano la nascita di questo o dell'altro. Le persone devono rispondere alla volontà di Dio e partecipare al disegno divino per il mondo. Solo in questo senso è possibile il giudizio divino. Se non c'è libertà, allora non ci può essere giudizio.
L'Apocalisse non predice una serie di eventi cronologici che avranno luogo in una sequenza temporale. La predizione è che fra il presente e la seconda parusia, l'arrivo ultimo del Regno, ci sarà un conflitto fra la chiesa e la bestia. Questo conflitto avverrà sempre, in ogni epoca, prenderà modi e situazioni diverse, ma sarà un conflitto continuo. La chiesa deve rendere la sua testimonianza in mezzo a questo conflitto rimanendo fedele al Vangelo eterno e al piano di Dio. Le potenze del male si adopereranno per sopprimere la testimonianza. Ma esse non possono prevalere sulla chiesa che è sorretta dalla potenza sovrana di Dio. Ciò che è importante non è la predizione del conflitto, ma il fatto che la chiesa è chiamata a perseverare nella testimonianza con fedeltà fino il martirio. Quanto fosse vera la predizione del conflitto ce lo dimostra la storia dei primi quattro secoli di storia del cristianesimo. Non solo le dieci persecuzioni generali intraprese da diversi imperatori, ma anche la persecuzione nelle singole province dovute a governatori più o meno zelanti, l'animosità popolare, provocò grande sofferenze ai cristiani. La vittoria nel dopo Costantino ha le sue ambiguità e ambivalenze. Questo dimostra che l'aspetto di predizione dell'Apocalisse è e sarà nel presente in ogni epoca. I tentativi dei fondamentalisti di trovare in alcuni eventi recenti segni di profezie dell'Apocalisse fraintende questo carattere permanente dell'aspetto profetico del nostro libro. Se la sua predizione si riducesse a questo o l'altro evento contemporaneo, allora perde, curiosamente, il suo valore profetico, si trasforma in un libro ancorato ad una data che domani sarà passato, e non potrà più parlare nel futuro alla chiesa. Difendere il valore profetico dell'Apocalisse, curiosamente, significa invocare questa permanenza della validità della predizione per ogni epoca e momento storico, e non ridurla a vaticinio di questo o l'altro evento attuale o recente. Chi difende il valore profetico del libro deve resistere alla tentazione di manipolare i simboli e le predizioni di Apocalisse, legandoli a eventi o persone di qualunque epoca se non nel senso generale della permanenza ricorrente del conflitto che prende volta per volta in ogni epoca volti e situazioni diverse.