Questo sito web utilizza cookie per fornirti la migliore esperienza di navigazione.

Il Cantico dei Cantici: il sesto canto

LA POTENZA DELL’AMORE
8,1-14

Nessuna lettura del testo biblico può considerarsi definitiva o completa, tantomeno la nostra molto parziale e che ha presso di mira fondamentalmente alcuni aspetti letterari, simbolici e teologici. Questa ultima raccolta riguarda il tema della “potenza dell’amore” che è sviluppata in forma concreta nei vv. 6-8, ma che possiamo dire pervade tutto il testo. Qui troviamo un’affermazione sorprendente: potente quanto la morte (Mot) è l’amore. Una delle letture che si è provata più utile ed interessante negli ultimi decenni e la lettura psicoanalitica fondata sulla teoria delle pulsioni di Freud e sviluppata dai suoi allievi fino ai giorni nostri in un sistema di lettura dell’inconscio umano. Concluderemo il nostro studio su Cantici usando alcune intuizioni suggerite da una lettura psicoanalitica del testo.

A qualcuno può sorprendere l'accostamento che effettua il nostro testo. L'autore elabora un paradosso dall'aspetto molto moderno, fra le due potenze, pulsioni, sentimenti più potenti presenti nell'essere umano e nella natura. Egli ci dice che esiste una somiglianza fra essi, una specie di equilibrio perché la potenza dell'una equivale all'altra. La relazione è posta in maniera semplice con una frase copulativa essendo l'attributo che le rende uguali la forza (la potenza). Si tratta di un'equivalenza fondata sull'esperienza che abbiamo dell'esistenza, proviene dall'osservanza dei fenomeni psicologici nascosti e dei fenomeni visibili in natura o nella sto­ria. Il fatto che la vita sia il prodotto dell'amore (di Eros nella mitologia greca), e che ogni vita sia raggiunta dalla morte (Thánatos in greco) parla di una specie di alternanza forzata, di cicli storici, personali e naturali dove ora l'amore, ora la morte dominano, si succedono, si alternano.  Freud elaborò partendo dalla contrapposizione Eros/Thánatos la sua teoria delle pulsioni, una delle basi della sua psicoanalisi.

In un saggio sulla guerra parlò di come si alternino nella storia dei popoli e nella biografia degli individui, di come l'una prevalga sull'altra in determinati momenti della storia o della vita. La guerra forniva l'esempio più chiaro del dominio di Thánatos, un popolo in armi si alza contro un altro popolo, il nemico, con l'unico intento di distruggerlo, di cancellarlo, di annientarlo (siamo alla vigilia della Prima Guerra Mondiale). Così possiamo identi­ficare Thánatos con tutto quel che dentro e fuori di noi porta distruzione, morte, negatività, dolore, sofferenza, violenza che annienta o minaccia la vita. Mentre l'Amore è il contrario, tutto ciò che crea e costruisce un mondo migliore, all'altezza dell'essere umano. Per King la potenza che sorregge la non violenza come metodo attivo di contrasto di Thanatos è l'agape divino riversato in noi come puro dono. 

La richiesta, o la preghiera della poetessa del nostro testo all'amore stesso (a Dio che è l’amato) è quello di essere posta come un sigillo sul suo braccio in modo che avvenga una fusione, un'integrazione totale con l'amato perché neppu­re la morte possa rompere la comunione che fra loro ha creato l'amore. Il tatuaggio fra i popoli antichi aveva un valore totemico, e cioè indicava l'appartenenza dell'individuo allo spirito al quale apparteneva il disegno (la circoncisione era un tatuaggio in questo senso “un segno sulla carne” disse l'Apostolo Paolo). Così avviene un'identificazione attraverso il segno fisico nella carne: io che porto in me il segno dell'amore, appartengo all'amore (appartengo a Dio) e ho la forza dell'amore per costruire la vita in un mondo circondato dalla morte. Gesù comanda ai suoi discepoli “amatevi”, questo sarà il sigillo spirituale, il marchio per il quale sarete riconosciuti: “così sapranno che siete i miei discepoli”. 

Dunque lo spirito di Thánatos, la morte, si aggira è presente in noi e circonda le nostre esistenze e attività. La poetessa ha visto in azione questo spirito di morte nella storia del suo popolo, e lo ha  identificato con i momenti di ribellione ed allontanamento da Dio. In quei momenti, persone e situazioni che hanno ostacolato l’amore tra gli amanti, ha visto aggirarsi lo spirito di Thánatos con la sua schiera di angeli di sventura, di demoni delle ombre, cha hanno mietuto le sue vittime, portato distruzione, caos, oscurità, deturpando la vita, rendendola inumana, indegna di essere vissuta. La Morte (Mot, Thanatos) riporta nel creato (il giardino o luogo dell’amore) la minaccia del caos primigenio attraverso la potenza del peccato.

  Ma non c'è solo lo spirito di Thánatos ad aggirarsi trascinando una schiera di ombre oscure e di flagelli in questo mondo descritto dalla ragazza, vi era anche lo spirito testardo e compassionevole dell'Amore che cerca di costruire una casa umana per la vita, di rendere il creato un giardino che accoglie e nutre la vita. La poetessa ha visto a sua volta all'opera lo spirito dell'Amore e della tenerezza. Ogni volta che degli esseri umani si alzano insieme con strumenti pacifici contro le guerre, con la poesia, il canto, l'opposizione determinata alle armi, alla violenza, con l'arma del pacifismo e della tolleranza tentano di trasformare le spade in aratri, lì c'è lo Spirito di Dio che è amore. Quando degli esseri umani lottano per creare un mondo giusto ed equo, dove il pane giunga ad ogni tavolo, quando la solidarietà umana rende impossibile il dolore e la fame altrui, insopportabile la sofferenza di altri esseri umani, vediamo presente e all’opera lo spirito dell'Amore catturandoci nella sua rete fitta di impegni solidali. Quando degli esseri umani si uniscono perché la giustizia regni, perché la democrazia vinca sull'orrore della dittatura, sulla violenza del dio profitto, della dea spietata del mercato globale, lì si aggira seducente lo spirito dell'Amore,  che ci invita, ci chiama a collaborare con lui, a non demordere, a proseguire lungo la via angusta e difficile della rinuncia, dell'azione concreta, della denuncia profetica coraggiosa.

Il libro dei Cantici ci insegna questa lezione importante: noi non siamo stati abbandonati in un mondo in balia di Thánatos, anche se la nostra esperienza sembra dirci troppo spesso che oggi è Thánatos a regnare, a prevalere sull'Amore; anche se l'esperienza sembra indicare che talvolta viviamo uno di quei periodi oscuri in cui sembra prevalere l'om­bra grigia dell'ala di Abbadon, l'angelo sterminatore; anche se ci ha sfiorato e graffiato la morte portando via quel che amavamo di più, ricordate, siamo stati posti “come un sigillo sul suo braccio, e come un sigillo sul suo cuore”. Con una tale potenza che adesso apparteniamo a Dio che è amore. Adesso andiamo oltre il libro dei Cantici, perché da quando Cristo è morto e risuscitato non è più vero che la morte sia forte come l'amore. E' successo qualcosa che ha mutato l'equilibrio fra le potenze primordiali che chiamiamo pulsioni, istinti. Una morte, la morte di Cristo sulla croce ha ucciso la morte per sempre. Oggi regna il giorno della risurrezione, il sepolcro è stato svuotato, la pietra il cui peso era impossibile da rimuovere è stata spaccata dalla forza infinita della risurrezione. Gesù è morto e ha ucciso la morte per sempre, e uscendo dalla morte incolume, risuscitato, trascina tutti noi che siamo “un sigillo sul suo braccio, nomi, biografie nel suo cuore” (che ha la forma di un libro della vita). Non è più dunque vero che siamo abbandonati ai colpi e ai graffi della morte, la sua arma è stata trasformata in aratro e ora la morte è utero di risurrezioni. Noi viviamo il tempo dell'attesa, l'ultimo svincolo prima dell'arrivo al porto dove l'alba è già giunta. Non dimentichiamo dunque, che l'Amore di Dio è infinitamente più potente della morte, da quando la croce, la sconfitta apparente dell'Amore, e la tomba pronta ad accogliere un Dio di carne, sono diventate una sola parola EVANGELO, buona novella, che dice: la Morte è stata sconfitta per sempre, regnano sovra­ni la vita e l'amore che risponde alla morte con la risurrezione.      

NOTA
In alcuni salmi (e nel libro di Isaia), viene raccontata la creazione usando l'immagine della lotta di Dio contro Raab e Leviatano (i mostri marini). Raab rappresentava la forza oscura dell'oceano primordiale, dell'oscurità che rendeva impossibile la vita; Leviatano rappresentava la forza del caos, del disordine che rendeva inospitale il mondo e inattuabile il progetto creatore di Dio. Nell'immagine della creazione come lotta titanica di Dio egli crea la Luce e ordina il caos, sconfigge in questo modo l'oceano oscuro e il caos che si aggirava in quelle acque inospitali. Il risultato è la complessità del creato dove per colpa del peccato umano è ritornata l'alternanza del caos e la morte. Infatti, leggiamo nel libro della Genesi: “il giorno che mangerai il frutto morirai”. La creazione e il peccato umano sono dietro l'uguaglianza fondamentale che rende forte come l'amore (di Dio che crea) la morte (la potenza del peccato che distrugge).