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IL TESTAMENTO DI GESU' 3

La promessa del Paraclito: Giovanni 14,15-31

Nel NT Giovanni ci offre forse la riflessione più profonda per quanto riguarda lo Spirito Santo.  Egli perciò batte e ribat­te sempre sullo stesso punto con inquietante unilateralità: lo Spirito ci dona uno sguardo su Gesù nella parola predicata dai discepoli.  I profeti dell'AT hanno avuto delle esperienze parti­colari a proposito dell'irruzione dello Spirito di Dio; ma esse sono adempiute e superate da una realtà che contraddice ogni lo­gica umana: lo Spirito ci conduce a vedere Gesù con occhi nuovi e a scoprire che Dio vuole venire a noi proprio in quel modo. Questa è una citazione letterale da un testo di Eduard Schweizer, professore a Zurigo di NT, che mi sembra colga perfettamente il segno. Effettivamente, nel NT la presenza divina diventa più interiorizzata rispetto l’Antico, l'enfasi viene posto, soprattutto in Gio­vanni, ma pure in Paolo e in Luca (ricordiamo lo stretto legame tra Giovanni e Luca e Paolo per la loro origine comune Efesino-Siriaca), nell'aspetto etico (l’osservanza dei comandamenti vs. 21), nella santificazione, nel frut­to che la presenza dello Spirito in noi produce (vs. 17 “sarà in voi”). 

vv. 15-21. Dio “irrompe” nella nostra vita attraverso il suo Spirito, che prende possesso di noi.   Noi non possiamo possedere lo Spirito, egli viene a noi come un dono “vs. 16 vi darà…”. Vale a dire, Giovanni afferma che la presenza divina avviene in noi attraverso lo Spirito, questo ci indica che Dio è inafferrabile, che non è sottoposto al nostro con­trollo, che non è lì a nostra disposizione. Lo Spirito Santo seque­stra totalmente l'uomo e lo inserisce nel corpo di Cristo, nella comunità.  Non si limita alla realtà spirituale, ma estende la sua azione al corporeo, anche se non è una potenza della natura, bensì una "potenza operante in maniera personale".  Ma siamo noi quelli che devono mettersi a disposizione dello Spirito per com­piere l'opera di edificazione e costruzione del corpo di Cristo e della nuova realtà che il Regno di Dio ha introdotto nella storia umana e del mondo: "Lo Spirito della verità, voi lo conoscete, perché è con voi e sarà con voi sempre" (Gv 14:17). Attraverso lo Spirito Cristo si manifesta o rivela a noi.

vv. 21-26: La domanda dell’altro Giuda è anche la nostra, perché ti manifesterai a noi soltanto e non al “mondo”? La domanda riguarda il risultato dell’opera del Messia, Gesù, perché non sarà una rivelazione pubblica e definitiva a tutti, ma privata e nascosta soltanto al piccolo gregge dei discepoli? In Giovanni caps. 14‑16 Gesù parla dello Spirito come di un "consolatore" Paracletos, quasi come di un amico personale.  E si riferisce a quell'altro “allos” , suo "sostituto" usando un pronome personale: "Ma io vi assicuro che per voi è meglio, se io me ne vado.  Perché se non me ne vado non verrà da voi lo Spirito che vi difende.  Invece se me ne vado ve lo manderò" (Gv 16:8).  Si parla dello Spirito come di un "difensore", come "l'altro" (Gv 14:26), come il "consolatore", essendo stato Gesù stesso per i suoi discepoli il "primo" paracletos o portatore della consolazione divina attesa.  La rivelazione del Paracleto è in relazione all’insegnamento di gesù e dei suoi comandamenti, anzitutto il comandamento dell’amore. Così come Gesù aveva guida­to, rinvigorito e confortato la loro fede fino a quel momento, nel­la stessa maniera questo amico invisibile, questo sostenitore in­viato dal Padre e da Gesù porterà guida e conforto, sarebbe di­ventato in poi il loro compagno e guida verso tutta la verità: "... lo Spirito della verità, vi guiderà verso tutta la verità.  Non vi dirà cose sue, ma quelle che avrà udito, e vi parlerà delle cose che verranno.  Nelle sue parole si manifesterà la mia gloria, perché riprenderà quel che io ho insegnato, e ve lo farà capire meglio".  (Gv 16:13‑14).  In Giovanni, si può dire, che lo Spiri­to è il Cristo presente nella Parola. Tuttavia, Cristo e lo Spi­rito o Paraclito non coincidono semplicemente.  Lo Spirito glori­fica Cristo e ricorda le sue parole.  Non apporta come contenuti niente di nuovo, ma rende Cristo efficacemente presente in noi e opera la nuova nascita.  Con questi termini non può esse­re descritta una energia impersonale, ma una presenza, una guida, un essere personale.

vv. 27-31.  Le promesse di Gesù sono varie, ora abbiamo soprattutto due, il dono dello Spirito e della pace. Gesù dona ai suoi discepoli quello che Egli è nella sua intima essenza. Anche la nostra esperienza soggettiva dell'opera di Dio in noi attraverso lo Spirito, ci indica la natura personale dello Spirito, Gesù non ci dona “cose” “grazie”, ma il dono fondamentale è Egli stesso, perché lo Spirito non è qualcosa di diverso di Gesù.  Possiamo individuare tre fasi o tappe della nostra esperienza che puntano in quella direzione:

Lo Spirito produce in noi un'opera di "maturazione" della fede e della vita spirituale.  Non basterebbero le nostre sole forze in questo processo che è stato chiamato di "santificazio­ne".  Una potenza che modella il nostro carattere personale non può che essere a sua volta di natura personale. Lo Spirito agisce come una guida nella vita, nelle scelte; la nostra esperienza di sentirci "destinati e guidati" verso una meta di carattere etico, spirituale e teologico preciso, secondo il modello di Gesù, ci indica che colui il quale produce in noi questo effetto è una persona.

Lo Spirito chiama i credenti singoli a compiere dei compiti specifici, ministeri precisi, e chiama la Chiesa a compiere la sua missione nel mondo, dotandoci attraverso i suoi doni delle capacità per esercitarli, per edificare il corpo, perché ognuno si adoperi per il benessere complessivo di tutto il corpo.  Que­sto compito dello Spirito Santo ci mostra che una tale azione non può che essere l'azione di Dio al quale chiamiamo Spirito Santo.

La missione dello Spirito è in intima relazione con Cristo. Egli opera affinché gli esseri umani riconoscano il Cristo come il loro Signore e Salvatore; è venuto perché possiamo vedere il Cristo "come la luce che non si vede ma che ci permette di vedere le cose".  La sua opera consiste nel fare diventare reale in noi il beneficio ottenuto da Cristo.  Se Gesù operò la redenzione, la giustificazione, la liberazione dell'essere umano, lo Spirito Santo le attualizza nella Chiesa, le fa presenti, operative nelle nostre vite e storie singole e collettive.  Lo Spirito non sosti­tuisce il Cristo, ma lo rende presente e attuale, la sua presenza significa la presenza spirituale del Cristo.  Per questo motivo l'apostolo Paolo parla dello Spirito Santo come dello Spirito del Cristo.

Lo Spirito è legato indissolubilmente alla parola, preserva questa dal diventare mera ripetizione del passato. D'altra par­te, la parola preserva lo Spirito dal diventare un'energia diffu­sa e indeterminata. Dunque lo Spirito ci dona la forza crea­trice che ci spinge verso il futuro, che fa diventare vivente la parola in modo nuovo e mai provato e, d'altra parte, la parola dona allo Spirito la chiarezza, che ci ricorda la volontà di Dio e i nostri limiti, e così ci protegge dalle pericolose mezze ve­rità dell'utopia.

Finalmente, parlare dello Spirito in questa dimensione esca­tologica della fine o conclusione significa parlare di speranza.  L'opera dello Spirito è un conformare tutto al Cristo, il punto omega che significherà ricuperare il punto iniziale alfa, prima del peccato umano.  Questo significa che lo Spirito è il costrut­tore e ispiratore del Regno di Dio nella storia e nel futuro, co­me destino collettivo del creato e di tutti gli esseri umani.