PROTESTANTI E CATTOLICI 2: Evoluzione storica e punto di rottura nel XVI sec.
- Dettagli
- Categoria principale: Testi
- Scritto da Martin Ibarra
I Cristiani erano la "terza via" tra il mondo gentile e ebreo; riconoscono in Gesù il Messia; comunità che accoglie ebrei e gentili; erano visti dai due mondi come una minaccia per il sistema ebraico e per la base dell'Impero poiché riconoscono un'autorità superiore all'imperatore. Si considerano un solo popolo. Cosa gli tiene uniti?
a. E' una comunità dell'amore che rompeva le barriere di razza, classe.
b. E' una comunità della fede incentrata in Gesù. La fede si sviluppa lungo tre linee:
‑ l'interpretazione dell'AT seguendo un'esegesi incentrata nella persona di Gesù;
‑ il ricordo delle parole di Gesù prima oralmente e poi attraverso scritti degli apostoli, vangeli;
‑ si osserva una diversità nelle letture del NT di Gesù: Paolo, Giovanni, epistole;
‑ oltre la diversità c'è un'unita di fondo nel NT che testimonia l'opera di Dio in Cristo.
c. E' un'unità nell'adorazione: prima le normali attività cultiche ebraiche; due elementi specificamente cristiani: il battesimo (Ef 4:5); partire il pane (Atti 2:42). Il battesimo era orientato escatologicamente, presuppone la fede, si entra nel nuovo ordine divino; così anche la Cena che è segno dell'unità (1 Cor 10:27), un solo pane, un solo corpo.
La comunità si organizza, all'inizio sono delle piccole unità autonome disseminate nel vasto mondo romano. C'è comunicazione fra loro attraverso lettere e viaggiatori. La situazione delle chiese paoline ci è abbastanza nota. L'Apostolo esercita in esse un'autorità datagli da Cristo stesso per costruire e non per distruggere: insegna, nomina anziani, invia rappresentanti, esorta, scomunica. Teneva insieme le chiese con le sue visite e lettere.
Fino all'anno 70 la chiesa di Gerusalemme sembra un centro di controllo dell'unità, l'anziano della comunità Giacomo, fratello del Signore, esercitava una forte autorità.
La nuova comunità chiama sé stessa Ekklesía. Si usava in singolare per significare una singola comunità in un luogo; l'insieme di tutte le comunità; l'insieme in una regione; in plurale per diversi gruppi cristiani considerati ciascuno nella propria esistenza separata. Si sentivano UNO in Cristo malgrado le loro diversità, membri di un solo popolo (laos) di Dio.
Paolo è il teologo dell'unità in Cristo. Usa tre immagini:
a. Cristo è il nuovo Adamo e l'Uomo nuovo.
b. Cristo è il fondamento e la pietra dell'angolo dell'Edificio o Tempio.
c. La chiesa è il Corpo di Cristo.
In Efesini il punto di partenza è il proposito di Dio di riunire in Cristo tutte le cose (1:10). La chiesa è incorporata a questo proposito finale divino, mistero di salvezza universale (1:22‑23). Qui il corpo di Cristo è inteso come un organismo totale, visibile attraverso il quale Dio opera. Ma la chiesa non può esistere senza il suo Capo che è Cristo dal quale riceve vita e unità.
Il paradosso della chiesa: l'elemento divino e l'elemento umano. La divisione è dunque possibile per questo ultimo fattore (4:31). L'unità è un dono di Dio alla chiesa; ma gli esseri umani possiamo rompere questa unità quando rompiamo la koinonía. Il dono di Dio rimane ma noi rimaniamo divisi. Questa è la storia del cristianesimo e pure già nel NT notiamo alcune divisioni. Fazioni a Corinto, giudaizzanti nel mondo palestinese. Tre cause di divisioni: incompatibilità fra le persone; dottrine o enfasi dottrinali diversi e sostegno a lider influenti; rigorismo morale intollerante e censorio.
Un problema di divisione più importante era rappresentato dai giudaizzanti e affettò a tutte le chiese. Il centro della controversia fu Antiochia, lì Pietro stabilì la separazione nella Eucaristia fra ebrei e gentili (Gal 2:11‑14). La decisione del concilio di Gerusalemme (Atti 15) salvò la comunità fondata sulla grazia che salva mediante la fede, espressa nel battesimo.
Il problema della separazione dal Giudaismo (Rom 9‑11). Altri problemi di divisione più seri nelle Epistole giovanee: i falsi maestri che negano il Padre e il Figlio; Anticristo che nega l'incarnazione di Cristo; da chi nega il Vangelo occorre separarsi (2 Gv 10‑11). Questa fu una vera minaccia per la chiesa, il Docetismo che negava che il Logos avesse presso carne; una prima avvisaglia del Gnosticismo: la materia era cattiva ; il divino non poteva avere avuto contatto con essa né nella creazione né nell'incarnazione; negava la salvezza nella storia; due sistemi di Valentino e di Basilide, insieme all'eresia contenevano elementi genuini di cristianesimo; fu condannato e contrastato con gli insegnamenti degli apostoli, fu decretata la SEPARAZIONE. La chiesa dovette ridefinire la sua dottrina in riferimento agli apostoli: la parola apostolica genuina, la vera fede apostolica e la tradizione apostolica Si inizia il processo di definizione del canone del NT che si completerà due secoli dopo; fra i grandi confessori contro il gnosticismo Ireneo e Tertuliano.
Uso dei credi per affermare la fede come confessione battesimale. Contro la dottrina del segreto insegnamento la chiesa si appella al pubblico insegnamento degli apostoli nelle chiese da loro fondate e garantito dalla successione degli vescovi / anziani nelle sedi apostoliche. Il vescovo non succede meccanicamente gli apostoli ma è testimone e guardiano dell'unità della chiesa: dipendenza dalle Scritture, credi e ufficio ministeriale sono i segni dell'unità.
La Chiesa Dopo Costantino.
I primi tre secoli furono pericolosi per la chiesa: le persecuzioni provocarono molti lassi e si suscitarono molte controversie teologiche, nacquero molti conflitti nel campo dottrinale e morale. Con Costantino si ottiene il favore imperiale e la chiesa cresce molto rapidamente, governo cesaro-papista. Fino a Costantino l'unità era per lo più unità nell'adorazione, nella fede e nello spirito interiore (amore). Adesso l'unità è considerata unità nell'organizzazione della chiesa con adesione esterna come segno dell'adesione interiore. Nacque la Diocesi con un vescovo che esercita controllo sui vescovi della provincia ed è chiamato metropolita; sui metropoliti c'è il patriarca che esercita controllo su una regione più o meno vasta od omogenea: Antiochia, Alessandria, Roma e poi Costantinopoli e Gerusalemme (Pentarchia). All'inizio i poteri dei metropoliti e dei patriarchi non sono ben definiti, ma comincia a sorgere la pretesa di un primato per Roma e il suo vescovo dal quinto secolo in poi, pretesa mai accettata dall'Oriente che pensava piuttosto in termini d'un collegio di vari patriarchi fra i quali uno potrebbe avere il primato d'onore. Non idealizzare la chiesa primitiva fino a Costantino, in alcuni sensi ‑ quello della conservazione dell'unità per esempio ‑, fu molto più efficace nel periodo 313‑451 che forse mai.
Pericoli all'unità che minacciavano il progetto unificante dell'Impero sotto una sola chiesa di Costantino: in Africa i Donatisti, in Oriente e poi anche in Occidente gli Ariani. Alcuni conflitti:
a. 218 dopo l'elezione di Callisto come vescovo di Roma ‑ due forti personalità in conflitto.
b. Montanismo: reazione profetica contro la progressiva gerarchizzazione dei ministeri nella chiesa, si appella ad un ministero carismatico‑profetico.
c. Novazio: movimento rigorista sul modo di accogliere o non accogliere i lapsi nella chiesa attraverso la penitenza.
d. Rivalità fra le grandi sedi: Antiochia e Alessandria seguivano esegesi diversi il che conduceva a visioni diverse e a conflitti. Costantinopoli non era vista da tutti con buoni occhi. Alcuni fattori culturali, razziali, di classe favorirono il radicalismo di alcuni conflitto come quello Donatista. Ci furono alcune divisioni provocate per motivi dottrinali:
‑ Arianesimo: negava la divinità del Figlio; ‑ i Macedoni negarono la divinità dello Spirito Santo; ‑ gli Apollinaristi negavano le due nature in Cristo (il Logos aveva preso il posto dello spirito umano in Gesù); ‑ i Monofisiti sembravano negare la distinzione fra le due nature di Cristo; ‑ i Nestoriani sembravano enfatizzare tanto la distinzione da far pensare a "due" persone.
Il Problema: non c'era una chiara dottrina dello scisma e dell'eresia, fra chi era dentro e chi era fuori per cui la situazione diventava molto complessa nei riguardi dei singoli vescovi. La definizione della fede avveniva in modo lento e le tematiche erano molto complesse. La linea di demarcazione era molto sottile fra l'ortodossia nicena e l'eterodossia. Il consenso unanime era sull'unità e l'universalità; esse andavano salvaguardate. Basilio il Grande: la nostra fede è UNA OVUNQUE.
Notiamo che insieme a questi grandi conflitti ci furono grandi sforzi per restaurare l'unità. Lo strumento più importante per l'unità furono i CONCILI ECUMENICI, invenzione dello Stato, dell'imperatore Costantino. Esistevano già i concili locali dove si incontravano i vescovi d'una zona. A Nicea furono convocati TUTTI i vescovi di tutta la cristianità, fu il primo concilio di TUTTA la chiesa e dell'imperatore. Tra i vescovi presenti c'erano soltanto quattro vescovi occidentali il resto erano orientali, presieduti dall'imperatore. Prevalse in mezzo a tutte le tensioni umane il desiderio d'unità. La debolezza dell'istrumento era la sua dipendenza dallo Stato. Le decisioni del Concilio ebbero la forza della legge imperiale e non soltanto la forza del consenso spirituale. Un governo diverso poteva favorire una soluzione religiosa diversa e imporla a sua volta per la forza. La fede si trasformava in un'arma nel conflitto politico.
La storia scritta dal punto di vista "Cattolico" ha minimizzato il problema delle divisioni che non furono risolte dai grandi concili ecumenici. Ci sono stati periodi in cui le alternanze fra ortodossia e eterodossia non erano molto chiare. Il problema dell'unità non fu posto perché in qualche modo si pensava che gli eretici erano ancora in qualche modo dei cristiani. Questi eretici antichi scomparvero per la repressione omologatrice o semplicemente cessarono di esistere, ma dopo il 5 secolo iniziò un processo per cui alcune "eresie" presero piedi e continuano fino ad oggi. E' la questione delle "chiese minori dell'Est": copti, etiopi, siriani, armeni e asiri, monofisiti o nestoriani fino ad oggi. La persistenza fu dovuta a fattori nazionalistici che rafforzarono e cristallizzarono le divisioni in forma continuata.
Il rafforzamento statale della conformità religiosa con la violenza provocò una reazione fra le popolazioni non greche dell'Est. Se i Melkiti, il partito dell'imperatore era ortodosso, i copti, armeni e siriani erano all'opposizione e monofisiti; fattori etnici, nazionalistici, linguistici e culturali tendevano a radicalizzare le divisioni. Questo processo giunse in Armenia alle più serie conseguenze e illustra come la razza, linguaggio, liturgia e divergenze dottrinali insieme possono mantenere per secoli una forma indipendente di cristianesimo.
Il Grande Scisma: la divisione Oriente Occidente per la questione del papato.
La tensione fra latini e greci è sempre stata presente: dal 5 sc in poi si fanno sempre più incalzanti le pretese di Roma a rappresentare la fede della chiesa; i greci si consideravano i teologi par excellence. Anche in questo caso le differenze di lingua e di cultura ebbero grande peso nelle controversie dure e aspre che sorsero nel periodo fino allo scisma definitivo. I motivi di controversia erano vari: l'introduzione in occidente della formula del filioque al credo; l'uso di pane lievitato per l'eucaristia; il celibato del clero, il digiuno. Come sfondo c'era sempre la rivalità fra i patriarcati: questioni di frontiera fra essi, diocesi di Illiricum, Bulgaria, la missione agli Slavi; l'incorazione di Carlomagno come imperatore nell'800 con la rinascita del Sacro impero romano germanico in occidente. La distanza fra i patriarcati occd. e or. fu gradualmente crescendo su questioni cristologiche e non si può dire concertezza quando cominciò la separazione che culmina nel 1058 con la doppia scomunica del papa e del patriarca di Costantinopoli, da allora vi è divisione tra ortodossi e cattolici.
La Riforma
Il centro dell'evangelo secondo Lutero è la iustificatio impii sola fide et gratia. "Evangelo non vuole dire altro che un annuncio e chiamata alla conversione, è una proposta della grazia e misericordia di Dio, meritata e guadagnata dal Signore Gesù Cristo con la sua morte" (Lutero, WA 12, 259). Questa era secondo la comprensione luterana degli scritti paolini la necessità spirituale fondamentale dell'uomo. Sarebbe una sorta di diagnosi del problema morale dell'essere umano, la soluzione divina a questo. I termini greci sono Dikaio: considerare, vedere, ritenere giusta una cosa; Dikaiosyne: giustizia. Lutero era convinto di avere riscoperto la dottrina paolina e dunque, il centro del vangelo cristiano: l'articolo stantis et cadentis ecclesiae. In Rom 3:23 viene definito il problema dello stato universale di peccato del genere umano. Il vangelo paolino si fonda su due postulati: Dio fa un'offerta di giustizia a chi crede e rinuncia alla fiducia nelle proprie opere, che esse lo possano salvare; una giusta relazione con Dio precede una giusta relazione con il prossimo.
La dottrina della Giustificazione si basa sull'evento salvifico compiuto in Cristo, evento che nel Nuovo Testamento viene spiegato con due termini: è Vicario, cioè si tratta di una sostituzione, il giusto paga per gli ingiusti, e si tratta di una Donazione della giustizia raggiunta da Cristo. Per Lutero dunque la giustizia che viene dalla giustificazione per fede non può essere che l'imputazione (termine giuridico) della giustizia altrui: "Cristo ha dato se stesso per i nostri peccati" (Gal 1:4), "per me" (2:20), "per noi (= al nostro posto), diventando maledizione" (3:13). Ed essa ci raggiunge senza il concorso dei nostri meriti o opere di giustizia, è dono offerto a tutti, poiché il fine salvifico di questa donazione viene espressa con l'idea della destinazione universale della salvezza. Cristo è la via che porta alla salvezza, la nostra giustizia. Liberandoci dal dominio della legge ci fa diventare figli di Dio (4:5). La donazione "per me" del Figlio, è un atto di grazia, di amore, non dovuto (2:20). Il peccato è la condizione umana oggettiva e universale, che conduce alla morte. Non si tratta di una cattiva coscienza, del rimorso per i peccati, del senso di colpa. L'uomo non può sfuggire da solo alla realtà del peccato (la corruzione che provoca), perché essa è presente in lui stesso, è una parte di lui (la concupiscenza). L'uomo dev'essere liberato da questa schiavitù. Il vangelo consiste nell'annuncio dell'evento di Cristo, del fatto che attraverso Cristo Dio ci ha liberati. E lo strumento di questa liberazione è stata la morte di Cristo in croce.
Il Concilio di Trento
Il Concilio di Trento definiva così la Giustificazione: “una trasformazione profonda grazie alla quale l'uomo, arricchito dal dono di Dio e per una volontaria accettazione della grazia e dei doni, diviene giusto, amico di Dio, erede della vita eterna. Egli è giustificato non per una imputazione estrinseca dei meriti di Cristo, bensì per una giustizia che gli è propria e che lo Spirito Santo diffonde nei cuori, secondo il suo beneplacito e secondo la disposizione e collaborazione di ciascuno. Questa giustizia rimane in lui come un principio permanente, implica la presenza delle tre virtù soprannaturali fede, speranza e carità. Senza la speranza e la carità, la fede da sola non può giustificare l'uomo né farne un membro vivo del Cristo” (Decreto VI Sess. cap. 7).
Il punto centrale della controversia fra evangelici e cattolici nel XVI secolo si spostava dunque verso la collaborazione umana alla salvezza e alle conseguenze della giustificazione. Entrambi affermavano che l'uomo era giustificato per fede. Ma partendo da questa base comune giungevano a conclusioni opposte. Per i cattolici la libertà umana è operante anche nella relazione dell'uomo con Dio e la salvezza; la giustificazione inoltre rimane come un "principio permanente". L'uomo può aiutare Dio e cooperare con Lui per la sua salvezza. Per Lutero questo era impossibile: toglierebbe la gloria a Dio e all'opera di Cristo e darebbe all'uomo un onore che non gli appartiene. Perciò Lutero parlava di una volontà assoggettata o schiava, quello che è stato schiavizzato è la volontà libera. Soltanto di chi ha una volontà libera può essere detto che essa è stata schiavizzata, cioè assoggettata dalle forze maligne della realtà. Per Lutero l'unico punto di certezza sulla salvezza poteva essere dato dalla giustificazione per la fede. L'uomo non poteva contribuire in nessun modo alla sua salvezza. Soltanto questa convinzione poteva darci sicurezza e fiducia. Per i luterani, le conclusioni dei cattolici vanificavano il significato della passione di Cristo, perché allora noi saremmo liberi se abbiamo la capacità di cooperare alla nostra salvezza; per i cattolici la posizione luterana sembrava negare l'efficacia della grazia di Dio e la possibilità (e necessità) della partecipazione umana. Da qui le scomuniche reciproche oggi riviste e annullate sulla base dei consensi raggiunti.