I Ketubim: gli scritti poetici e sapienziali della bibbia ebraica
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- Scritto da Martin Ibarra
2. Il Libro di Giobbe.
Tema, personaggi e significato della trama argomentativa.
Il libro di Giobbe è un dialogo poetico che si svolge a due livelli. Il primo è quello celeste e vede implicati Dio e Satana. La domanda che mette in moto la discussione presso "la corte celeste" dove Satana (nome che significa in questo libro avversario) sembra di casa, è molto semplice: Giobbe si comporta in modo giusto perché è stato premiato da Dio con la ricchezza e l'abbondanza di cui gode? Cosa succederebbe se Dio togliesse a quest'uomo ogni bene e lo colpisse nell'anima e nel corpo con sofferenze sopportabili?. La sopportabilità della sofferenza è la condizione posta da Dio per consentire la "prova" diabolica della fede di Giobbe. Il resto della storia vi è molto noto. Vorrei distinguere a questo punto della nostra discussione iniziale il fatto che il libro di Giobbe forma un'unità. In passato molti commentatori accennarono alla possibilità che le parti non poetiche fossero delle aggiunte narrative. No, oggi sono pochi a difendere questa posizione. Piuttosto le parti iniziale e finale del libro offrono una risposta superficiale alla questione della retribuzione del giusto, vale a dire, trattano la prima di una serie di cinque risposte alle domande scaturite nel dialogo celeste.
Ad un secondo livello, diciamo quello storico, la discussione è tra Giobbe, che rappre¬senta il giusto e l'innocente che soffre ingiustamente, e i quattro amici che rappresentano le risposte tradizionali date dalla sapienza ebraica al problema della retribuzione in vita: la sofferenza patita è il pagamento (punizione) giusto dovuto al peccato conosciuto e riconosciuto od ignorato e inconsapevole; o si tratta della prova permessa per insegnare un bene morale alto, la pazienza, la perseveranza? Il tema è trattato nella forma di tre cicli di discorsi scritti in forma di versi: ogni ciclo rappresenta uno dei tre amici Elifaz, Bildad e Zophar, e le successive risposte di Giobbe. Il ciclo di Eliu è da considerarsi distinto. Final¬mente, Dio stesso interviene nel dibattito per fornire una risposta che non è scontata, semplicemente si limita a indicare all'essere umano che la questione della retribuzione appartiene al disegno creatore e rimarrà nascosto all'essere umano, ad indicare come l'ignoranza dell'essere umano è creaturale, appartiene alla sua condizione. Noi non possiamo avere una risposta adeguata a questa cruciale domanda che il libro tratta in modo appassionato. Ma Dio è stato sempre dietro le quinte. Era il personaggio di cui si parlava nei discorsi, alcuni per difenderlo senza che Dio ne abbia bisogno, cioè gli amici di Giobbe danno all'uomo la colpa del male subito e della sofferenza inflitta, togliendola a Dio. Anche Giobbe si rivolgeva a Dio in cerca di una risposta alla soffe¬renza che lo colpiva, che egli riteneva ingiusta, mentre si difendeva dalle accuse degli amici invocando Dio perché gli facesse giustizia di fronte alle accuse degli amici.
Un Dio che appare finalmente ma nascosto in una nube, avvolto nell'uragano. Dio si rivela nel suo nascondimento, mentre si rivela una parte della sua verità e realtà rimane nascosta, celata inavvicinabile alle facoltà umane di comprensione. Il Dio creatore parla circondato dal mistero al quale si erano appellati gli amici per "denunciare" che solo il peccato di Giobbe poteva aver provocato i mali che lo colpivano. Alla fine questo Dio nascosto e misterioso risponde e parla a Giobbe dall'uragano. I nomi che prevalgano di Dio nella parte poetica sono El, Eloah, Shaddai, Elyon, mentre il Tetragramma prevale nelle parti discorsive (all'inizio e alla fine), discuteremo pure questa delicata questione teologica. La presenza di numerosi aramaismi, cioè l'ebraico del testo appare molto contaminato da parole ed espressione aramaiche, non consente di datarlo prima del ritorno dall'esilio, una data molto probabile, dato che è presente la conoscenza della civiltà greca, sarebbe la fine del quinto o l'inizio del quarto secolo avanti Cristo.
Giobbe, le sue domande e noi.
Il tema attorno al quale girano e rigirano le poesie del libro (a modo di discorsi posti in bocca dei diversi personaggi) non è altro che la "sofferenza" e il suo perché, della retribuzione del giusto, del perché dell'azione etica, delle motivazioni dell'impegno morale dell'uomo. In questo senso è un libro "moderno" anche se tratta un tema antico e nobile. Giobbe e i suoi amici sono d'accordo su un punto centrale: le sofferenze e le disgrazie che hanno colpito Giobbe, il suo patrimonio, la sua famiglia, il suo corpo, provengono (non c'è alternativa perché Dio governa il mondo e tutto quello che succede deve avere in Lui l'origine) da Dio stesso, sono riconducibili alle sue decisioni giuste ma spesso velate dal mistero e dall'incomprensione. La differenza tra Giobbe e gli amici che disputano con lui consiste nell'interpretazione che danno alle CAUSE per cui i suoi mali provengono da Dio.
Per gli amici la causa è senza dubbio il peccato di Giobbe, la sua ingiustizia e iniquità. Loro aderiscono al principio tradizionale esposto dal deuteronomista: Dio dà al giusto lunga vita e abbondanza di beni come retribuzione alla sua giustizia; e Dio maledice con ogni sorta di mali e accorciando la vita dell'ingiusto come retribuzione del suo peccato.