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I Ketubim: gli scritti poetici e sapienziali della bibbia ebraica

Introduzione Generale: Visione di insieme

La sapienza ebraica non è un fenomeno isolato dal proprio contesto geografico, culturale, religioso. Come tutti i fenomeni complessi, dipende e influenza altre espressioni di carattere religioso e sapienziale che si sono sviluppate nello stesso contesto. Da una parte abbiamo la Mesopotamia (la terra tra i due fiumi) e dunque Sumer, l'Impero Accadico, Babilonia, dall'altra l'Egitto, ma non dobbiamo dimenticare il resto dell'intorno a Nord (Anatolia) e a sud-est (Arabia), e il contesto più vicino della Palestina (Canaan, Siria, Aram, Edom, Moab, ecc.). Non ci troviamo dunque ad analizzare qualcosa di insolito o diverso dal proprio contesto, ma bensì una letteratura che segue le influenze dell'intorno e che a sua volte contribuisce allo sviluppo generale culturale e religioso della zona.

Il concetto di Sapienza e la personalità del Sapiente.

Sappiamo che già in tempo di Ezechia c'era un'attività letteraria di raccolta di detti e proverbi (Pro 25 collezione di Agur e Lemuel); ai tempi di Gere¬mia (cfr. 18:18) i sapienti (hakam) occupano una posizione rico¬nosciuta accanto ai sacerdoti e i profeti, nella corte regale (cfr. Is 29:14 questo testo suggerisce che ci fosse una scuola di corte a Gerusalemme dove si insegnava la sapienza e ci si prepa¬rava per diventare funzionario pubblico, scriba, diplomatico, ecc.). Il compito specifico del hakam doveva essere quello di fungere da scriba, dato che questa funzione non era ormai eserci¬tata dai sacerdoti nel VII secolo a.C. Non c'è dubbio che scri¬vevano i loro detti, consigli, insegnamenti. Questi scritti furono raccolti in libri come Proverbi, Ecclesiaste, Salmi, Giobbe, ecc. Hanno dei punti di contatto con altri sapienti di nazioni viciniori (Egitto, Babilonia), ma hanno una propria specificità: il carattere religioso della Sapienza che insegnano derivata dalla rivelazione divina attraverso il dono della Torah.

1. Cos'è la Sapienza?

Non si tratta di una conoscenza di tipo razionalistico, logico o filosofico nel senso occidentale o moderno del termine. Si tratta piuttosto della capacità di distinguere tra ciò che è benefico e utile, e ciò che è dannoso e pericoloso per l'uomo e la società. Si tratta soprattutto di un certo atteggiamento e di una certa mentalità, fondati sulla capacità di discernere tra ciò che è buono e ciò che è malvagio, a cui si giunge dopo un attento esame del mondo, della vita e dell'ordine inserito da Dio nella creazione, ordine al quale la condotta umana si deve sottomettere. Non è una capacità naturale, né acquisita dopo aver mangiato il frutto proibito del giardino: la sapienza è un dono di Dio. Usarlo correttamente determina la relazione con Dio e il successo nella vita. Essendo un dono divino, si segue che ogni sapienza deriva direttamente da Lui, così da Dio provengono il discernimento, l'abilità, l'intelligenza, il consiglio, le applicazioni pratiche alla vita e alla condotta della sapienza. Così la sapienza è la guida sicura in ogni impresa che l'uomo intraprende e una garan¬zia di trionfo e di riuscita nelle imprese della vita. Bisogna cercarla, il suo possesso è più prezioso dell'oro, perché chi la possiede riuscirà in tutte le sue iniziative, industrie, opere, attività. Ma la forma superiore di sapienza, il suo inizio e corollario è "il timore dell'Eterno" (Pro 1:7a). Perché la Sapienza abita nella profondità di Dio (Sal 36:6s), questo luogo profondo viene chiamato Tehom Rabbah, l'antico nome dato all'oceano primigenio.

2. Chi è il Sapiente?

Il sapiente è un uomo/donna che attraverso l'osservazione e lo studio attento della vita, dei rapporti tra gli esseri umani e di costoro con Dio, con la natura, le leggi, ecc., è capace di u¬nificare il complesso delle esperienze in una singola regola o legge, appunto il proverbio (cfr. Prov 1:19). Vale a dire il Sapiente è colui che scopre la relazione dinamica esistente fra le diverse realtà create, e come ogni singola realtà s'inserisce all'interno di un ordine voluto da Dio. L'uomo deve entrare e rispettare questo ordine interno del creato e conformare di conseguenza la sua condotta all'ordine voluto da Dio. Il sapiente emerge da questo sprofondamento in se stesso e nel creato con una "legge" che proviene dalla sua esperienza e dalla sua osservazio¬ne con sapienza, della realtà creata e dell'attività umana che lo circondano. Questa legge può essere una descrizione della espe¬rienza nel mondo materiale, cioè una forma elementare di scienza naturale ( Pro 5:6; 26:1); può essere, e questo è più comune, una norma di condotta, confermata dalla esperienza e dalla osserva¬zione (Pro 4:11) trasmessa come il consiglio di un padre o di una madre al figlio; può prendere la forma di un precetto morale (Pro 6:20s) importante per il clan o la famiglia; può essere la regola di condotta che si viene a imparare nella scuola dal maestro di sapienza per avere successo e riuscire nella vita.

I sapienti sono degli scribi, per tanto interpreti della Torah o Istruzione, forse dell'aspetto più pratico di essa. La loro sapienza si rivolge agli aspetti più concreti della vita religio¬sa, anche se non manca la riflessione su temi che possiamo consi¬derare più metafisici o teologici, come il problema della soffe¬renza dell'innocente e della retribuzione del giusto. Le loro conclusioni scritte in proverbi (mashal) sono delle generalizza¬zioni o dei paragoni, questo è il vero significato dei mishle, brevi sentenze facili da memorizzare su aspetti specifici della vita religiosa e civile, e della condotta ispirata alla legge dell'Eterno. Alcuni sono attribuiti a Salomone, altri a Agur, Lemuel (sentenze della madre).

3. Il Significato Profondo della Sapienza.

I sapienti non si limitano alla contemplazione della vita, vogliono arrivare alla radice della realtà e analizzano in pro¬fondità l'esperienza umana. La cornice della loro riflessione è la fede in Dio che deve determinare la condotta giusta dell'uomo. Ci sono alcune questioni o problemi che bisogna trattare per capire il significato profondo della sapienza ebraica. Possiamo esporli con delle domande: Come ha creato Dio il mondo? Come si comunica Dio con l'essere umano? Quale retribuzione può aspettar¬si il giusto?

1. Dio creatore:

I sapienti riconobbero nell'ordine della creazione, nella sua regolarità, bellezza e armonia l'espressione di una mente divina e creatrice, immensamente più grande dell'uomo ma che come egli è un essere personale con una mente e una volontà. Questo Dio (Elohim) è avvolto nel Mistero. Il mondo rivela l'esistenza d'una Intelligenza superiore che viene celebrata come Dio che ha creato i cieli e la terra con Sapienza. Questa Sapienza venne considerata la più alta qualità divina, fu quasi personalizzata e talvolta venerata come una personificazione di Dio nei suoi rapporti con il creato e con l'essere umano (cfr. Giob 27 e Pro 8). Il sapiente riconosce Dio come Creatore e si abbandona in fede al timore dell'Eterno che è il principio della sapienza.

2. Dio rivelatore:

Dio si rivela attraverso la sapienza , si manifesta, parla agli esseri umani per entrare in comunione o meglio a contatto con loro. Sempre in Pro 8, la sapienza è il veicolo attraverso il quale Dio rivela il suo messaggio agli esseri umani. La sapienza insegna l'arte di vivere una vita piena che ha come sfondo il suo opposto la morte. La vita piena del sapiente si traduce in termi¬ni temporali: lunga vita, abbondanza di beni. La morte è la sorte dell'ingiusto: una vita breve e misera. Questo contrasto serve ad illustrare come la "vita" abbia un significato o valenza teologi¬ca, e non soltanto biologica, nella riflessione dei sapienti.

3. Sapienza e Logos:

I traduttori greci dell'AT tradussero Sapienza per Logos. Nel prologo di Giovanni il termine Logos/Sapienza viene applicato al Cristo. Egli è lo strumento della creazione e della comunione con Dio, e solo Lui può farci entrare in contatto con Dio. Il Logos/Sapienza è diventato carne. Questa idea incarna ciò che di meglio ha prodotto il pensiero ebraico in termini di creazione e comunione con Dio. L'uso cristiano del termine viene a conferire a questa intuizione dei sapienti l'apice del suo valore metafori¬co per la fede cristiana.