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Comprensione del testo biblico nella tradizione evangelica

Una riflessione di Martin Ibarra Pérez in occasione della presentazione del volume a cura di E. Borghi Ascoltare Rispondere Vivere.

Lettura e comprensione evangelica del testo, un viaggio:

Parlare di lettura e comprensione del testo biblico è parlare di un processo (viaggio) che parte da un testo e ha come obiettivo l'applicazione alla vita e alla missione della chiesa. Fra il testo e la comprensione si apre un territorio neutro che dobbiamo percorrere: lettura e interpretazione. Il viaggio ermeneutico consiste:

nella lettura di un testo nel suo contesto (storico, letterario, funzionale, esistenziale) – nell'interpretazione per la comprensione in un contesto diverso, nell'applicazione alla vita.

Ma, è possibile capire un testo? Il testo è una parte di una equazione di significato; è la forma finale del pensiero consegnato da un autore; ha un significato nel suo contesto originario e successivi significati in contesti diversi; giunge ad un lettore che è lontano dall'autore, dal suo pensiero e dal contesto originario, che lo legge sovrapponendo la sua lettura a tutte le successive letture del testo. Il problema non è tanto "capire" un testo quanto penetrare nell'equazione di significato che apre ogni testo.

L'Identità del Testo:

Il testo è sempre un elemento obiettivo, neutro, materiale. Un testo normale si presenta come un oggetto a sé. Un testo biblico implica un'ulteriore complessità del processo ermeneutico perché esso è carico di senso, di aspettativa e di autorità, si tratta per noi ebrei e cristiani di un testo metasignificante, sacro, forma parte di un canone autorevole. La sua materialità è per così dire ricoperta di sacralità e di eccesso di senso, è il testo, prima del popolo ebraico, e poi delle comunità cristiane e oggi di tutte le chiese cristiane. La nostra lettura è soggettiva e aspettante, crediamo che il testo ci parli perché contiene la "Parola di Dio" per noi. Diamo al testo un valore dialogico dove cerchiamo la risposta a domande che hanno a che fare con la nostra identità, con l'insieme delle nostre dottrine di fede e con la prassi (etica e stile di vita) individuale e collettivo.

Dobbiamo però distinguere questi due elementi: da una parte il testo deve essere trattato nella sua materialità come qualunque altro testo e studiato secondo i metodi scientifici riconosciuti di analisi e critica testuale. I Riformatori aprirono il campo degli studi biblici applicando i metodi che usavano gli umanisti per i testi classici greci e latini, alla esegesi biblica. L'ermeneutica moderna nasce però con Schleiermacher e lo storicismo tedesco dell'ottocento. La distanza è salvata, nella costruzione di Schleiermacher dalla comune umanità di autore ed interprete e dall'intuizione dell'interprete che è equipaggiato dalle competenze necessarie e da presupposizioni soggettive. Il problema dell'ermeneutica storicistica fu il presupposto etnocentrico: i metodi moderni da loro sviluppati erano la garanzia oggettiva del raggiungimento del senso originario del testo. Per loro l'interprete non interferisce nel processo, il che è un'illusione. Questo fu visto da Bultmann che tentò di sviluppare il concetto di presupposizione soggettiva (per eliminarla dal testo originario e rimanere così con la nuda attualità dei testi da interpretare con i metodi storici e critici); ma cadde nello stesso etnocentrismo degli storicisti, cioè nelle sue stesse presupposizioni, che il testo andava interpretato secondo la filosofia esistenzialista di Heidegger. Ma si può interpretare l'intera Bibbia come se fosse stata scritta perché dicesse quello che avrebbe detto Heidegger nel ventesimo secolo? Barth e Bonhoeffer tentarono di rifondare l'ermeneutica su una base dogmatica il primo, su un'interpretazione non religiosa della Bibbia, il secondo. L'ermeneutica di Fuch ed Ebeling è fondata invece sull'importanza del linguaggio per la comprensione da parte dell'essere umano di se stesso; Cristo è un evento linguistico. Pannemberg invece ha centrato la sua ermeneutica sulla storia della salvezza, sulla continuità e non la discontinuità della rivelazione, la distanza è salvata dal continuo operare divino nell'intera storia umana. A questa visione ha aggiunto Moltmann la dimensione escatologica.

Ma, certamente non basta questo approccio asettico, in un secondo momento il testo va avvicinato per quel che rappresenta nel suo eccesso di senso. Tornando ai riformatori, una volta fatta l'analisi del testo secondo i metodi della ricerca scientifica il testo è interrogato sulla lectio divina, il senso morale e spirituale che svela per l'edificazione, esortazione o ammaestramento della chiesa e delle persone. L'interprete si trova nella frontiera tra la materialità del testo, e deve accertare il significato nel suo contesto di senso originario, quello che prima si chiamava il pensiero dell'autore e il messaggio che voleva comunicare con il testo, la funzione del testo nel suo contesto di significato; deve poi capire come in Israele e nella chiesa si è poi trasmesso il messaggio originale dei testi in contesti diversi (l'esempio più evidente è Paolo e le comunità di pagani convertiti all'Evangelo nelle città elleniche di Asia Minore ed Europa); e finalmente il suo impegno è quello di mediare il significato per comunicarlo secondo i paradigmi e sistemi di senso accettabili oggi.

Il Testo come Scrittura e Letteratura:

Noi abbiamo testi (da textus che significa trama, tessitura) scritti che sono l'ultimo stadio di una lunga tradizione orale, fissati attraverso un lungo processo di selezione, compiuto con le tecniche della critica testuale, fra gli innumerevoli manoscritti superstiti in tre millenni di scrittura dei testi biblici fino all'arrivo della stampa. Il testo scritto ha la doppia identità che già abbiamo considerato, inoltre il testo comunica il pensiero intenzionale di un autore concreto all'interno di una comunità fondata sull'alleanza. Gli esperti usano un termine per sottolineare questo aspetto irriducibile del testo, esso costituisce una "OCCORRENZA COMUNICATIVA" che ha il suo senso all'interno della comunità di fede, del popolo che lo ha prodotto. L'occorrenza comunicativa aveva due funzioni fondamentali: creare e fondare la comunità (un'identità), ed essere vera profezia in contrasto con la falsa profezia. L'interprete ha oggi le stesse funzioni: costruire un'identità fondata sull'alleanza e denunciare la falsa profezia. Per questo il lavoro dell'interprete non si riduce a conoscere i contesti storici dei testi, deve conoscere a sua volta i contesti attuali nei quali trasmette il messaggio.

Nel testo abbiamo parole, fonemi, frasi e passi più o meno lunghi che costituiscono un'unità completa di senso. Le teorie moderne dell'analisi di testi parlano di diverse fasi o momenti della lettura e interpretazione di testi semplici o complessi. Alcuni si concentrano sulla frase o la parola (metodi diacronici), altri sulla forma completa del testo (metodi sincronici). L'ermeneutica applicata all'esegesi biblica rivolge soprattutto l'attenzione all'ultima fase della lettura e analisi del testo scritto: quella che gli esperti chiamano oggi la "negoziazione del senso". Perché noi abbiamo un testo, la Bibbia composto da 66 libri (39 l'AT e 27 il NT), quando facciamo esegesi non adoperiamo la totalità della Bibbia, le nostre competenze non ce lo consentono, né la pazienza degli ascoltatori lo consentirebbe. Noi adoperiamo alcune frasi, un paragrafo, un'unità concludente di senso situata in un contesto narrativo all'interno di uno dei libri della Bibbia. Noi analizziamo una sottostruttura all'interno di una macrostruttura unitaria che rimane fuori la portata della nostra analisi.

Un esempio illustrerà questo punto fondamentale. I testi biblici funzionarono nei loro contesti originari come modelli di costruzione di un'identità (l'alleanza) e come risposta alla falsa profezia. In un secondo momento i testi sono stati applicati in contesti cambiati. Noi li applichiamo a nostra volta in contesti molto diversi. La tentazione è semplice, quello di stabilire un'analogia fra i contesti che li avvicini. In passato quest'analogia semplicistica è stata fornita dalla "situazione morale" e dunque dal presupposto che la natura umana peccaminosa è la stessa in ogni tempo (e la sua psicologia, conformazione mentale), e che ogni epoca abbia gli stessi problemi morali.

L'analogia invece deve essere dinamica. I testi non sono letti per scagliare i risultati su altri (un evangelico su un cattolico), ma all'interno della propria comunità. Il fulcro dell'ermeneutica non può essere la morale ma la teologia: l'apostolo Paolo fa sempre derivare il comportamento etico dalla consapevolezza teologica, invertire i termini significa cadere nell'ipocrisia del moralismo. La teologia ci rende consapevoli della pluralità dei punti di vista (la diversità dei contesti) e rimanda la nostra visione all'opera divina, libera, irriducibile ad una sola varietà di esperienza religiosa. Se Dio è un Dio di grazia Egli sarà sempre e con tutti gli esseri umani, un Dio di grazia, non soltanto per un gruppo identitario di cristiani, questo Dio ha scelto come paradigma e testimonianza della sua opera i minimi, gli inermi, quelli che non hanno confuso se stessi con Dio, che capiscono l'Alterità di Dio e della sua opera.