La visitazione e il Magnificat
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- Scritto da Martin Ibarra
Vorrei partire dall'episodio della visita di Maria a Elisabetta. Qui si mostra che l'iniziativa passa, grazie alla fede di Maria, da Dio all'essere umano; è la fede nella promessa fatta da Dio ai padri e dunque ad Abramo a portare avanti la storia della salvezza che è opera di Dio. Possiamo anche dirlo in un altro modo: la fede degli esseri umani non è inattiva ma porta necessariamente all'azione. Ora vediamo le tre azioni descritte dai tre verbi di moto attribuiti a Maria all'inizio dell'episodio:
"si alzò, se ne andò ... ed entrò" (vv. 39 40).
Notate anzitutto la prevalenza dell'udire sul vedere, anche nell'episodio della visitazione angelica che annuncia la nascita di Gesù abbiamo la stessa preponderanza della parola ascoltata e creduta. Elisabetta sottolinea questo fatto nell'accogliere Maria, lei interpreta due fatti diversi, l'arrivo della giovane madre e il balzo nel suo seno del figlio che dovrà preparare la via al Signore:
"Poiché ecco, non appena la voce del tuo saluto mi è giunta agli orecchi, per la gioia il bambino mi è balzato nel seno" (v. 44).
Le storie del vangelo dell'infanzia parlano di un segno "la nascita del Salvatore – Messia", le due nascite che sono al centro degli episodi sono testimonianza del segno, sottolineano quello che sta succedendo e interpretano l'evento in chiave di salvezza. Il Magnificat poi rende splicita questa connessione. Il segno dell'arrivo del Salvatore è "la risposta divina alle promesse fatte ai padri". Perché a questo punto Luca include questa visita di Maria a Elisabetta? Quale sarebbe la ragione di questo incontro? Non si tratta di una questione secondaria o senza importanza. Il saluto di Elisabetta è "l'occasione" del magnificat.
Alcuni credono che Maria sia andata da Elisabetta perché lei era stata l'unica, nel primo annuncio dell'arrivo del segno, ad aver interpretato correttamente quello che stesse accadendo, che il Signore stesso stava per visitare al suo popolo, anche se lo fa in modo parziale incentrata sulla sua gravidanza (v. 25).
In questo episodio della visitazione, è in grado di interpretare l'arrivo di Maria il suo saluto e il balzo del bambino nel suo grembo in modo corretto per ispirazione dello Spirito: "Benedetta sei tu fra le donne, e benedetto è il frutto del tuo seno! Come mai mi è dato che la madre del mio Signore venga da me?" Come mai Elisabetta è stata resa capace di riconoscere in Maria "la madre del suo Signore"? La risposta la troviamo al v. 41 "ed Elisabetta fu piena dello Spirito Santo". E' lo Spirito, quindi, a fornire ad Elisabetta la retta interpretazione della visita di Maria e del balzo del piccolo Giovanni. Il discorso profetico di Elisabetta sposta l'attenzione da Maria, allo stesso tempo che la indica come modello di fede "Beata è colei che ha creduto perché le cose dette a lei da parte del Signore avranno compimento" (v. 45). La chiave di lettura del magnificat è dunque "l'opera di Dio di salvezza" che si ricorda delle sue promesse e le compie nella nascita per noi del bambino di Betlemme.
In questa scena della visitazione che precede il canto meraviglioso di Maria, si spande senza limiti l'oggetto e finalità della fede di Maria, colei che ha creduto, ristretto all'inizio nel rapporto di Maria con Dio (v. 38), lei ha creduto alla parola contrariamente a Zaccaria che non aveva creduto. Si allarga ora per coinvolgere in primo luogo Elisabetta che riconosce sia Maria sia il bimbo che porta in grembo grazie all'ispirazione dello Spirito, ma poi, nel cantico di Maria la salvezza come opera divina si stende per abbracciare "tutte le generazioni" successive, l'intera umanità.
Il Magnificat comincia lodando la potenza di Dio, potenza in cui Maria aveva creduto (vv. 35, 37, 49) e che si rivela per lei una potenza salvifica e, nei con¬fronti di "quelli che lo temono", una potenza misericordiosa e benevola (vv. 50, 54). Maria passa dall'esperienza personale della fede in Dio ("egli ha guardato la bassezza della sua serva" v. 48, perché il Potente ha fatto grandi cose in lei vs 49), si passa a celebra¬re l'azione misericordiosa di Dio nelle condizioni socioeconomi¬che della storia. Dio rovescia il rapporto nella società tra i potenti e gli impotenti, tra i ricchi e i poveri, trasforma i rapporti economici e di poteri rovesciando le logiche del controllo e dell'oppressione. Il Magnificat celebra l'opera divina che trasforma non soltanto le condizioni sfavorevoli del singolo uomo o donna, ma trasforma l'intera società profondamente perché egli "ha guardato l'umiltà della sua serva". Dio vede e decide di trasformare il male e la violenza che regnano nella società trasformandola e rovesciando i ruoli.
Rinunciando ad un'esegesi dettagliata, guardiamo solo due aspetti di questo cantico: il riferimento ad Abramo e i risvolti sociopolitici del brano.
Alla fine del Magnificat, Abramo viene nominato in modo esplicito per la prima volta (vv 54s.). Zacca¬ria il sacerdote, non era riuscito a riprodurre la fede di Abramo, anzi, la domanda di fede di Abramo "da che cosa conoscerò questo?" era diventata, sulle labbra di Zaccaria, una domanda di incredulità. Maria, invece, pur trovandosi davanti ad un novum era riuscita, come Abramo, a credere nella "potenza illimitata e misericordia infinita di Dio". Ma come mai Maria è stata in grado di credere alla "parola" (hrema) dell'angelo? Il cantico ci dà la risposta. Maria ha letto la promessa dell'angelo alla luce dell'azione di Dio raccontata da sempre nelle scritture secondo la dinamica della promessa e del compimento. Maria non ha bisogno di chiedere un segno perché ha saputo leggere i segni gia presenti nella testimonianza d'Israele evocati nel Magnificat. E' lei, quindi e non Zaccaria che, grazie al suo lavoro ermeneutico diventa erede della fede abramica. Maria riconosce quello che sta accadendo in lei come la continuazione dell'opera divina di salvezza iniziata nella storia di Israele.
Se il protestantesimo ha considerato il Magnificat "una confessione poetica della giustificazione sola gratia e sola fide", la teologia della liberazione ci ha aiutato a considerar¬lo un' espressione dell'azione rivoluzionaria di Dio a favore dei poveri e dei diseredati. Infatti Maria come umile serva e come ragazza di umile condizione, riconosce che Dio si schiera sempre dalla parte degli schiavi, non solo Israele ma soprattutto gli anawim o poveri della terra sono quelli con cui Dio di identifica, per questo ha scelto proprio lei, per la sua umile condizione. Il fatto che Dio abbia scelto lei "guardando la bassezza della sua serva" (v.48) risulta una nuova esemplificazione della dinamica divina che nel presente, come nel passato sconvolge l'ordine stabilito. Attraverso il cantico di Maria Luca ci aiuta a capire perché Gesù e i suoi apostoli abbiano "messo sotto¬sopra il mondo" (Atti 17,7). Maria è attivamente coinvolta in questa rivoluzione, così tutti noi dobbiamo affiancare Dio in questo impegno di rovesciare e trasformare le dinamiche oppressive e ingiuste della società.