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Atti 7

ATTI 11,19-30; 12,24-25; 13,1-3.

Nascita della Chiesa di Antiochia in Siria: Testimonianza, Missione e Diaconia.

Con questo studio chiuderemo il nostro ciclo che ci riporta proprio al testo iniziale del nostro studio compiuto due anni fa sui viaggi missionari di Paolo. Sarebbe il caso di dire che con questo ultimo studio chiudiamo il ciclo di studi su Atti degli Apostoli con ben quindici studi dedicati. Forse potremmo riprenderli tutti e darli una forma unitaria. Oggi arriviamo alla conclusione di questo ciclo dedicato alla nascita della chiesa come comunità INTERCULTURALE, il passaggio dalla multiculturalità all’interculturalità avviene ad Antiochia. Studieremo ora la nascita di questa chiesa.

Atti 11, 19-26: il vangelo giunge ad Antiochia. Notate che si fa ancora riferimento alla dispersione avvenuta dopo la persecuzione scatenatasi a Gerusalemme a conseguenza di Stefano. Ci sono due atteggiamenti diversi tra i dispersi. Alcuni si limitano a predicare il vangelo soltanto agli ebrei. Ma altri dei credenti, originari, ci viene detto, da Cipro e Cirene, ad Antiochia, cominciarono a evangelizzare (parlare del Signore) con gli Ellenistas, i greci o pagani. Il verbo evangelizzare qui significa l’annuncio del vangelo teso alla conversione degli increduli, di quelli che erano fuori dal patto con Dio e lontani dalle promesse dell’AT. La notizia che ci viene data subito è che “la mano del Signore era con loro” (en cheir kyriou met’autou), vorrei dire due cose su questa espressione. Si utilizza spesso nel Vangelo di Luca in occasione dei miracoli compiuti da Gesù, per significare la presenza costante dello Spirito con potenza nelle sue azioni (la mano di Dio era con Cristo), ora la mano del Signore Gesù, risuscitato e seduto alla destra del Padre è con i discepoli perché invia lo Spirito Santo che accompagna la loro predicazione della parola; facendo seguire, secondo punto, i “segni” della sua approvazione e dunque “un grande numero credete e “ritornò” (epéstrephen), al Signore. All’origine della comunità di Antiochia abbiamo dunque un fatto nuovo, non ci sono soltanto dei credenti ebrei di origini palestinese ed ellenico (interculturalità) ma ci sono anche dei pagani che sono diventati cristiani (multiculturalità). Nasce dunque un problema concreto e doppio: quali rapporto avranno questi credenti con la legge di Mosé, il popolo ebraico e la comunità di Gerusalemme?

Come prima cosa vediamo la reazione di Gerusalemme. Essi, sentite le notizie provenienti da Antiochia inviano immediatamente Barnaba. Costui l’abbiamo già trovato due volte: la prima è menzionato come esempio di condivisione, egli al contrario di altri ha venduto tutto quello che aveva e ha dato tutto agli apostoli per il bene comune della koinonia. La seconda menzione l’abbiamo avuta in occasione dell’arrivo di Saulo a Gerusalemme, in questa occasione si è dimostrato uomo di visione, ha capito la sincerità e l’utilità di un uomo come Saulo e aveva tentato di introdurlo nei cerchi della chiesa di Gerusalemme senza grande successo perché Saulo era andato via e si era stabilito a Tarso. Barnaba arriva ad Antiochia e la sua reazione è di grande gioia di fronte al “caos” di questa comunità nuova reagisce con sabbezze dello spirito e con visione profonda, perché, dice il testo era uomo “buono e pieno di spirito santo” e di fede (agathos – pleres pneumato hagiou - pisteos), la qualifica adeguata per essere apostolo, dirigente di questa chiesa nascente. Notate che barnaba ha visto (idon) in quello che è avvenuto ad Antiochia “la grazia” di Dio all’opera, ha notato, ha percepito, ha intuito la mano del Signore all’opera attraverso lo Spirito. Ma non ha visto soltanto questo, ha notato che vi era un grande bisogno di istruire quella folla, e non è possibile per lui farlo da solo, deve chiedere aiuto, a chi? Allora si ricorda di Saulo e cammina verso Tarso per riportarlo con sé ad Antiochia per istruire quella folla che sta venendo a Gesù a causa della testimonianza dei discepoli.

Ora il testo non si sofferma sulla loro attività ad Antiochia durante un anno intero, fa un riassunto sbrigativo, mi interessa sottolineare il significato di due parole: la prima dice che loro si radunarono con l’assemblea dei credenti (synachthenai), questa parola significa che entrarono a formar parte dell’assemblea (la chiesa è l’assemblea dei credenti), e che per la prima volta questi appartenenti alla chiesa che è assemblea sono chiamati, ricevono il nome di chistianoi cristiani. Il secondo elemento è che si dedicano all’insegnamento, alla didascalia apostolica, insegnado loro tutto quello che riguardava il Vangelo di Cristo senza essere dei dodici, il che ha importante conseguenze, loro sono dei veri apostoli. La chiesa così formata dà immediatamente prova di sé come vedremo subito.

11,27-30: l’annuncio della carestia, questo episodio, breve ma intenso ci conferma due cose, la prima è che la comunità di Antiochia non è sorda al richiamo della diakonia. Appena i profeti giunti da Gerusalemme hanno annunciato l’arrivo imminente della carestia, si sono adoperati per raccogliere dei sussidi (che sono chiamati una diakonia vs. 29), da inviare tramite Barnaba e Saulo ai fratelli della Giudea. Il testo indica inoltre questo, la raccolta è organizzata in modo spontaneo e “ciascuno dava secondo la propria abbondanza” (kathos euporeitò tis), secondo quello che aveva ricevuto di Dio (l’idea non è solo economica, ma anche di quello che abbiamo ricevuto dal Signore, cioè la salvezza eterna). La comunità nascente e consolidatasi con i ministero di Barnaba e Saulo ha queste tre caratteristiche ben definite:

            Evangelizza attivamente, condivide il Vangelo con i non credenti;

            Rende testimonianza con la propria esistenza e parole del Vangelo (vive il messaggio fino al punto di essere tutti dei piccoli Cristi);

            E’ una chiesa solidale con i sofferenti che vive la dimensione diaconale profondamente investendo del proprio (la propria vita è donata) nella cura degli altri.

12,24-25 e 13,1-3. Dopo la parentesi della seconda e terribile persecuzione contro i cristiani di Gerusalemme (12,1-23), il narratore si dedica di nuovo al racconto di Barnaba e Saulo che ritornano ad Antiochia portando con loro Giovanni Marco. Incontriamo adesso nella città altri tre dirigenti della chiesa chiamati “profetti e dottori” (prophetai – didaskaloi) Simeone chiamato Negro, e Lucio Cireneo e Manaen che era cresciuto nella corte di Erode il tetrarca. Se aggiungiamo a questi tre Saulo proveniente da Tarso in Asia Minore, e Barnaba che proveniva dalla dispersione ebraica in Cipro, abbiamo un quadro abbastanza completo di una realtà multiculturale e dunque la prima descrizione di una chiesa cristiana veramente “universale” e votata verso il mondo pagano che invierà presto in missione loro due, verso i pagani. In questo modo si completa il mandato che Gesù aveva affidato all’inizio agli apostoli “mi sarete testimoni” in tutti i luoghi della terra.