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Atti 6

ATTI 10:1‑48 UOMO, FEDE, ETNIA: Uno studio biblico sulla condi­visione della fede in un contesto di incontro di fedi e etnie diverse.

 

La società italiana cambia in un aspetto fondamentale dovuto all'emigrazione di massa di persone di etnie, culture e fedi diverse: diventiamo sempre più una società multiculturale, o meglio interculturale, dove convivono (si incontrano/scontrano) uomini e donne di fedi, etnie, culture diverse e con visioni talora opposte del mondo, dell'uomo, della religione o religiosi­tà, della società, del ruolo della fede nella vita, ecc. Uno degli elementi di questo cambiamento in corso che, dal mio punto di vista, è positivo e arricchente (la possibilità di passare dalla multiculturalità all'interculturalità), interroga fortemente le chiese cristiane: come comunicare la fede ‑ evangelizzare ‑ in questo contesto mutato? O detto meno problematicamente, come condividere la propria fede con le persone di etnie e fedi diverse nel contesto della società multiculturale? Più che un'analisi elaborata dalla prospettiva della sociologia della religione, vi propongo di analizzare insieme a me un testo del libro degli Atti degli Apostoli dove troviamo l'incontro della chiesa nascente composta da ebrei convertiti con l'apostolo Pietro come portavoce, con dei pagani di etnia greco‑romana ‑ gentili ‑, rappresentati da Corne­lio, il centurione della legione Italica di stanza a Cesarea di Filippi.

 

ATTI 10:1‑47: PREMESSA:

La storia di questo incontro fra uomini (e donne) di etnie e di fedi diverse porta ad un'esperienza di "condivisione" della fede che cambia la prospettiva di entrambi i gruppi; con la condivisio­ne avviene uno scambio e un approfondimento. Non cambiano solo Cornelio e il suo gruppo che "credono", ricevono il dono dello Spirito e sono battezzati, entrando nella chiesa nascente ‑ i primi gentili a farlo nel contesto narrativo di Atti ‑, ma anche il gruppo di cristiani ebrei "cambia", si trasforma, passa da essere una "setta ebraica" a costituirsi in una Chiesa Universale (idealmente rappresentata nel cap. 2 ma non ancora attuata). Se la conversione di Cornelio riguarda un suo passaggio culturale e religioso, non di meno Pietro subisce una seconda conversione, si converte in un senso antropologico "all'umanità dell'altro" che non sarà più considerato un gentile, un pagano ma un fratello, con tutti i connotati che questo passaggio aveva per un ebreo.

L'incontro è preparato da una DOPPIA VISIONE di Cornelio e di Pietro. La visione di Pietro rompe i pregiudizi etnici che lui e il suo gruppo hanno riguardo le persone di altre etnie; la visione di Cornelio prepara lui e il suo gruppo all'ascolto del Vangelo che è "la proclamazione della morte e della risurrezione di Cristo per suscitare la fede". Ogni incontro con persone di fede ed etnie diverse si presenta in un primo momento come un'op­portunità per condividere la propria fede, per evangelizzare nel senso di proclamare il Vangelo per suscitare la fede di chi ascolta. La chiesa, i cristiani non possono rinunciare all’evan­gelizzazione. In un contesto multiculturale conta il modo e gli strumenti per portare a termine l'evangelizzazione: essi devono essere rispettosi della dignità umana e delle diverse espressioni della fede, non può essere intesa come una conquista attraverso l'aggressione culturale, ma uno scambio che ci espone a sua volta a "cambiare".

 

1. LE DUE VISIONI 10:1‑23a

1.1. Significato e proposito della "doppia visione":

Probabilmente, il proposito principale delle due visioni parallele consista nel rilevare che l'incon­tro degli uomini/etnie in questo caso, parte da un'iniziativa divina e che dunque è avvallato dalla sua volontà. Dio vuole che avvenga questo l'incontro fra i cristiani‑ebrei e i gentili interessati alla religione ebraica: i pagani "timorati di Dio, e dunque lo prepara” con questa doppia visione a Cornelio da una parte e dall’altra a Pietro. L’esperienza spirituale parallela mette allo stesso livello il pagano timorato di Dio e il fedele ebreo. Adesso tutti e due sono chiamati ad incontrarsi e diventare tutti e due qualcosa di diverso rimanendo allo stesso tempo quelli che erano.

Possiamo inoltre accennare alla luce di Atti 1:8, che le parole di Gesù: "mi sarete testimoni..." appuntavano a questo incontro. Si tratta di una svolta nel cammino della Chiesa verso la testi­monianza a tutte le genti e in tutti i luoghi della terra, la doppia visione è un momento di "rivelazione" ulteriore per andare oltre nel cammino intrapreso fino allora.

1.2. La Visione di Cornelio: Il v.2 descrive Cornelio come "un uomo devoto che teme Dio", il che indica la sua vicinanza all'ebraismo e la sua ricerca di Dio. Il centurione della coorte italica, di stanza in Cesarea si trova dunque in un momento di "passaggio" o di ricerca. La visione può significare:

‑ che Dio interviene per aiutarlo nella sua ricerca spiri­tuale (questo ha molte applicazioni pratiche e molte possibilità di attualizzazione), non lo lascia solo in questa ricerca.

‑ che Dio "ha cercato prima Cornelio" e lo chiama per conce­dergli il dono della grazia.

‑ Cornelio non vive la sua ricerca spirituale "in solitudine", ma comunica, condivide la sua esperienza con "altri", egli aveva coinvolto tutta la sua casa e i suoi amici (una fede vera comunica ed entra a contatto con gli altri, non si chiude in se stessa, si apre alla pluralità).

1.3. La Visione di Pietro: E' molto più complessa e richiede una maggiore attenzione:

Perché viene ripetuta tre volte? Perché si tratta di una "rivelazione fondamentale" da parte di Dio a Pietro e al suo gruppo; l'espressione "i cieli aperti" di taglio apocalittico usata in contesti di rivelazione al veggente, avvalla questa ipotesi. I due elementi della visione: la parte visiva e la parte auditiva hanno un doppio significato simbolico, hanno un uso proprio nel loro contesto originario di significato, che adesso deve essere interpretato attraverso un processo ermeneutico da Pietro nel nuovo contesto della chiesa.

Tutto quello che un ebreo ripudia da un punto di vista alimentare è offerto all’affamato Pietro con l’ordine o suggerimento “uccidi e mangia”, si insinua anche che quello che sarà insegnato a Pietro dovrà essere allargato ad ogni sfera dell'impuro per l’ebreo praticante, perché una parte rappresenta il tutto. Da parte di un ebreo osservante, quest’ordine è inaccettabile perché nella Torah è vietato ucci­dere e mangiare un animale impuro, o di fare uso di qualunque cosa, o di essere a contatto con una persona ritenuta impura. Pietro può pensare che si tratta di una tentazione, di una prova della sua fede, può dubitare dalla sua origine divina, la realtà in quel momento della triplice ripetizione della visione è la perplessità che subissa Pietro.Questa visione ha comunque una valenza volutamente dirompente, se Pietro ubbidisce alla visione non sarà più un ebreo, perciò dentro di sé rifiuta l'ordine e si sente dire "non chiamare impuro ciò che Dio ha purificato". E' questo ulteriore elemento ad essere la base del processo ermeneutico, del cammino interpretativo della visione che Pietro deve intraprendere. Deve partire dal simbolo rappre­sentato dalla visione nelle sue due parti, per capire il dictum divino finale che cancella precedenti comandamenti contenuti nei libri della Torah. Pietro è perplesso perché nel suo contesto etnico e culturale non riesce a capire il senso profondo della visione.

1.4. Il Processo Ermeneutico di comprensione:

Il problema posto alla Chiese primitiva nel suo rapporto con altre etnie/fedi era stato risolto fino a quel momento in modo semplice. Adesso inizia però a complicarsi la questione. I gentili o i pagani che entravano nella chiesa doveva­no diventare "ebrei", o potevano rimanere "gentili"? Era la Chiesa confinata nei limiti razziali, religiosi del popolo ebrai­co o potevano diventare cristiani altri uomini/donne di altre etnie rimanendo quello che erano e dunque senza circoncidersi e senza osservare la legge di Mosè? Certamente le questioni teolo­giche in gioco erano molto più complesse. Ma semplificando pos­siamo dire che il nodo fondamentale che si affrontava era questo:

La proclamazione del Vangelo della salvezza nel nome di Cristo doveva rimanere entro i confini etnici, religiosi, culturali del popolo ebraico, o poteva essere proclamato ai gentili senza che essi eventualmente diventassero ebrei attraverso la circoncisione e l'osservanza della legge mosaica con tutte le sue prescrizioni. Si poneva il problema del cristianesimo come setta ebraica o come religione universale, se doveva essere annunciata soltanto agli ebrei o anche universalmente a tutti gli esseri umani. In un certo senso il contesto multiculturale pone anche questa domanda anche se oggi l'impostazione del problema oggi è assai diversa. La perplessità di Pietro può essere anche la nostra perplessità.

1.5. La Perplessità di Pietro:

Essa è frutto della sua fede/cultura; a Pietro era stato insegnato che Dio nella Legge aveva vietato al suo popolo di mangiare certi cibi perché essi erano impuri e rendevano "impuri" quelli che li mangiavano; lui era un ebreo, e dunque apparteneva alla gente "santa" che si doveva astenere dai cibi impuri per conservare la sua santità. Pietro poteva benissimo pensare che la visione conteneva una "tentazione" o una "prova" alla sua fedeltà verso i principi distintivi della sua etnia, della sua religione Questo divieto era un comanda­mento ordinato da Dio stesso e scritto nella sua parola. Questa visione sembrava annullare, abrogare un comandamento divino, sembra andare contro la parola scritta da Mosè. Inoltre, se i divieti alimentari erano scaduti, era possibile che altri divieti ben più pesanti potessero essere anche essi decaduti: per esempio il divieto ad avere contatto o comunione con i gentili, i pagani, principale ostacolo a fondare comunità di gentili o comunità miste.

La visione equivale dunque a un segno divino enigmatico che lascia perplesso Pietro. La voce pronuncia una sentenza provoca­tiva, dirompente, ma dove conduce quella strada, dove porterà la comunità cristiana nascente? Pietro è assorto nelle sue rifles­sioni per risolvere il problema quando giungono gli uomini invia­ti da Cornelio. Lo Spirito ordina: "vai con loro senza esitare". E anche se non era ancora arrivato a capo della sua perplessità passa all'AZIONE, e senza accorgersi infrange egli stesso il tabù religioso, poiché ordina di accogliere nella loro casa, sotto il loro tetto i "gentili" arrivati da Cesarea.

 

         2. L'INCONTRO E LA PROCLAMAZIONE DEL VANGELO: 10:23b‑48

2.1. Ci sono due dettagli importanti che non ci devono sfuggire:

‑ il viaggio da Giaffa a Cesarea durava quasi un'intera giornata, per cui il periodo di perplessità/riflessione si pro­lunga, il processo ermeneutico non è facile neppure per Pietro.

‑ Pietro non fa questo viaggio in solitusine, comunica e condivide con altri queste sue perplessità, è accompagnato da un gruppo di ebrei cristiani di Giaffa, perciò il giorno dopo l'INCONTRO non è fra due persone singole, ma fra due GRUPPI, ETNIE, FEDI.

2.2. La questione più importante che questo testo illustra:

L'incontro racconta in realtà due conversioni: quella di Cornelio e del suo gruppo dopo la predicazione del Vangelo; e quella di Pietro e del suo gruppo. In cosa consiste la "conversione di Pietro"? Già all'ini­zio dell'incontro Pietro ha scoraggiato Cornelio di rendergli omaggio, perché sono uguali nel senso che tutti i due sono impe­gnati nello stesso percorso per capire e attuare la volontà di Dio.L’incontro dei due gruppi è in realtà un INCONTRO con Dio attraverso l'in­contro con l'altro che appartiene ad una etnia diversa. Ad un primo livello avviene una conversione parallela:

Pietro è portavoce della comunità o primo gruppo, egli predica e poi battezza Cornelio e i suoi, l’altro gruppo. Ma il dono dello Spirito accordato a Cornelio e ai suoi, segno del loro incontro con Dio, è indipendente dall'azione di Pietro, poiché egli e i suoi ricevono il dono dello Spirito ‑ con grande sorpresa e stupore di Pietro e dei suoi amici ‑, indipendentemente dall'azione di Pietro. Cornelio e i suoi ascoltano e ricevono ciò che Pietro porta: la parola del Vangelo e il sacramento del battesimo, il resto lo compie Dio stesso. Questo evento provoca uno shock in Pietro che finalmente capisce, interpreta correttamente la visione e l’ordine di Dio, che in realtà si riferiva agli

uomini e alle donne gentili che ha incontrato. Loro sono “gli impuri” oggetto del divieto della sua religione di qualunque rapporto o contatto. Pietro ora riconosce che “non può chiamare impuri quelli che Dio ha purificato donando loro lo Spirito Santo”. Pietro riconosce questa verità attraverso un vero processo di conver­sione nel quale "i suoi occhi sono aperti". In che senso? Nel senso che egli scopre che quegli uomini e donne pagani che la sua cultura religiosa gli ha insegnato a evitare perché sono impuri, sono invece da ricercare, perché sono i suoi fratelli e sorelle, "uguali a lui" perché UOMINI e DONNE. Notate che Pietro non dice "Tu sei un uomo come ME", che sarebbe segno culturale di una supremazia dell'IO (ME) che si erge a modello di umanità, ma dice "Io sono un uomo come TE", per cui a ergersi a modello uni­versale d'umanità è sempre l'altro; Pietro non decide di concede­re lo status di uomo a Cornelio, ma scopre di essere come Lui un uomo. Pietro si è convertito all'umanesimo del Vangelo, all'uni­versalità della paternità divina: egli incontra in Cornelio Dio che è Padre di tutti, e nella paternità divina universale scopre ‑ i suoi occhi sono stati finalmente aperti ‑ che ogni essere umano è suo uguale, suo fratello e sua sorella. D'ora in poi gli esseri umani non saranno più divisi in categorie religiose: puri, impuri; etniche: giudei, greci; sessuate: uomini, donne; sociali: schia­vi, liberi. Tutti saranno una sola cosa in Cristo nella comunità dei rendenti purificati dalla parola e dal sacramento, coloro che hanno ricevuto il dono dello Spirito Santo.

2.3. Il nostro mondo e la nostra società sempre più multicultu­rali, come il mondo di Pietro e di Cornelio, hanno bisogno di ascoltare il Vangelo della grazia e del perdono, il messaggio di cui siamo portatori indegni come cristiani. Il nostro mondo e la nostra società hanno bisogno di confrontarsi con il messaggio di Cristo. Noi possiamo e dobbiamo incontrare senza paura nelle nostre città uomini e donne di differenti culture, etnie e fedi, e predicare loro con parole e azioni il messaggio del Vangelo eterno; noi possiamo e dobbiamo incontrare in loro Dio, uomini e donne diverse ma uguali con gli stessi diritti e doveri. Notate che prima di poter predicare loro il Vangelo Pietro ha dovuto subire la sua conversione, la sua trasformazione interiore e spirituale, ha dovuto imparare a guardare con occhi diversi la realtà. Solo allora è stato in grado di comunicare la fede in maniera tale che essa ha potuto giungere agli altri.