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Atti 1

Nei versetti 42 47 del secondo capitolo di Atti abbiamo un sommario cioè, una descrizione della vita della prima comunità e un ritornello della crescita. Quando la vita della comunità se¬gue fedelmente l'insegnamento di Gesù dato agli apostoli, la chiesa cresce, si espande per portare a compimento il suo ministe¬ro sotto la guida e assistenza del potere dello Spirito Santo.

Quali sono le caratteristiche della prima comunità cristia¬na? Aggiungo, che devono essere normative per tutta la chiesa. La fede in Gesù Cristo come Cristo ( Xristòs), l'Unto o il Messia, come Signore ( kyrios ), e come Salvatore (Soteros), una comunità che inizia il suo cammino di fede e di testimonianza guida¬ta dallo Spirito Santo. E' una ekklesia, un'assemblea formata dai convocati o chiamati dalla parola, consacrata alla predicazione apostolica chiamata ( kerygma ). Sono stati chiamati e radunati in un cor¬po, formano una realtà nuova, sono il simbolo del Regno, della nuova creazione divina, della nuova umanità che vive secondo del¬le leggi e comportamenti diversi rispetto il mondo. Ci sono quattro elementi fondamentali che contraddistinguono la comunità dei seguaci di Gesù (v.42): in questo versetto viene riassunta la vita della comunità usando quattro espressioni col-legate fra di loro con il verbo perseverare, ciò sta ad indicare che queste attività non erano sporadiche ma continue. Per tanto conformano ciò che era l'essenza della comunità primitiva:

a. L'insegnamento degli apostoli:

Notate che l'espressione usata qua non è più la predicazione della parola (l'annuncio, la proclamazione del messaggio evange¬lico), ma l'istruzione nella dottrina della fede apostolica. L'annuncio della buona notizia è la proclamazione del messaggio fondamentale (kerygma) della morte e risurrezione di Gesù Cristo. Questi due eventi sono salvatori, cioè possono salvare chiunque creda. L'annuncio include anche l'invito alla fede, ad un radi¬cale cambiamento della vita (metanoia) o conversione, e al batte¬simo (baptitsein) per entrare a formar parte della nuova comuni¬tà.

In seguito, quelli che già sono entrati, devono ampliare la loro istruzione, devono capire e conoscere tutto ciò che implica la loro nuova fede. I nuovi convertiti devono approfondire la fede ricevuta, conoscere tutte le sue dimensioni, sapere quali siano le conseguenze di questa fede per la loro condotta. In questo con¬sisterebbe l'insegnamento degli apostoli. Esso è in primo luogo il loro ricordo di Gesù, ciò che Gesù ha fatto e ha detto, e che essi possono ricordare, perché sono i testimoni privile¬giati, loro hanno visto con i loro occhi, hanno udito con le lo¬ro orecchie tutto quello che Gesù ha fatto e detto; il ricordo è anche memoria vivente della passione e della risurrezione di Gesù. In se¬condo luogo è la loro riflessione autorevole, svolta a partire dal fatto della risurrezione, cioè la memoria di Gesù viene letta dagli apostoli partendo dalla risurrezione, ricollegando la figu¬ra di Gesù alle promesse dell'AT; così essi leggono e interpreta¬no la figura di Gesù partendo dalla vita e opera di Cristo, ri¬collegandole alle Scritture (AT).

Così, la memoria o ricordo di Gesù, interpretati partendo dalla risurrezione, ri¬collegati alle Scritture formano l'insegnamento apostolico. Que¬sto insegnamento sarà fissato nelle nuove Scritture che produr¬ranno gli apostoli e i loro discepoli, il Nuovo Testamento. For¬meranno così il deposito della fede, e co¬stituiranno la norma delle norme per la fede, il modello della fede e la pratica. Per tanto l'autorità aposto¬lica è stata trasferita alla loro testimonianza o insegnamento contenuto nel NT, e non è stata trasferita ai loro presunti suc¬cessori (i vescovi secondo la chiesa cattolica) cioè ai ministri o ufficiali che li hanno seguiti nelle chiese da loro fondate. L'autorità apostolica non risiede nella chiesa, ma nella Bibbia, non è la chiesa a decidere che la Bibbia è la parola ispirata e la norma, la chiesa ha riconosciuto che nella Bibbia è contenuto il deposito della fede. La Bibbia o la parola di Dio non è al servizio della Chiesa, della comunità, ma al contrario la chiesa è al servizio della parola, perché è da essa che ne deriva la sua vita.

b. La Comunione Fraterna (koinonia):

Nel testo c'è questa sola parola. Probabilmente, le nostre traduzioni, nel tentativo di precisarla, ne restringano il senso originale. E' l'unica volta che Luca usa questa parola. La ric¬chezza del suo significato è più esplicito in altri testi del NT. Ad esempio, la colletta paolina per i poveri di Gerusalemme, rac¬colta nelle chiese cristiane dei gentili che egli aveva fondato, è chiamata koinonia (Rom 15:26; 2 Cor 8:4 e 9:13. Koinonia è anche la comunione spirituale con Cristo e con lo Spirito Santo (1 Cor 1:9; Filp 2:1), koinonia è anche la comunio¬ne di tutti nella stessa fede (Gal 2:9; Flm 6).

La prima lettera di Giovanni mette in relazione stretta la comunione dei credenti fra loro e la loro comunione con il Padre e il Figlio (1 Gv 1:3,6,7). Dal momento che Luca ritorna sulla messa in comune dei beni materiali (appunto koinonia), questo sembra essere uno egli aspetti senza dubbio un segno molto for¬te di una vita comunitaria che è espressa in tutta la sua pienezza dal termine "koinonia" preso qui in senso assoluto.

c. La Frazione del Pane:

In questo contesto non può che riferirsi alla pratica della Cena del Signore. Come atto o occasione di culto la frazione del pane è una espressione simbolica dell'unità fra co¬loro che ormai sono membri di un medesimo corpo. Curiosamente, il sostantivo che usa Luca qui è lo stesso a quello usato nel Vangelo (Lc 24:35), che riferisce come i discepoli di Emaùs rico¬nobbero Gesù solo quando partii il pane. Spezzare il pane da parte di Gesù è il gesto della moltiplicazione dei pani, ma anche il gesto dell'ultima cena (Lc 9:16 e 22:19). Ripetere lo stesso segno, e dunque partire il pane, acquista per la chiesa il valore simbolico di ricordare, non ha un valore sacramentale o salvifi¬co. La frazione del pane è una espressione della koinonia tra i membri della chiesa e con il Signore risorto.

d. Le Preghiere:

Il plurale suggerisce che Luca ha in mente diverse forme o momenti diversi della preghiera comune. la chiesa primitiva è una comunità che prega. In questo è saldamente ancorata nella tradizione ebraica. L'innovazione più importante risiede nel fatto dell'invocazione del nome di Gesù. I primi discepoli con¬tinuano a partecipare al culto del tempio o della sinagoga; pra¬ticano la consuetudine ebraica dei tre momenti giornalieri di preghiera, mattino, mezzogiorno e pomeriggio. Pregano anche nel¬le case, in occasione dei pasti comuni. Sembra che Luca sottoli¬nea l'aspetto della lode in queste preghiere della comunità di Gerusalemme.

CONCLUSIONE

L'autore rileva che la chiesa è la comunità (koinonia) fondata sulla testimonianza apostolica, che si esprime nella co¬munione e si alimenta nella condivisione del pane e nella pre¬ghiera. La comunità è un solo corpo che accoglie tutti, e che vive insieme, unita, unanime. Non è una unità puramente spiri-tuale, ha anche dei risvolti pratici concreti. I discepoli ab¬bandonarono tutto per seguire Gesù, i nuovi credenti, in un gesto di solidarietà, si sbarazzano dal superfluo perché non ci sia più un bisognoso, un affamato fra di loro. La forza o la potenza che attira la gente verso di loro è attribuita al Signore.

Martin Ibarra 6 ottobre 2011.