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La parabola della donne

A che cosa paragonerò il Regno di Dio? Il Regno dei cieli somiglia in queste due parabole a due azioni compiute da una donna, qualcosa di molto piccolo, nello spazio della casa per alimentare la famiglia o per recuperare quello che si era perso.  Durante la storia dell’interpretazione delle parabole ci sono stati due tipi fondamentali di esegesi: si applicavano alla chiesa o agli individui,  le due interpretazioni tipiche erano in chiave individualista (pietistica) o comunitaria. Si riduceva così il Regno di Dio o alla chiesa o al cuore dell’individuo. Nulla di più lontano dal pensiero di Gesù. Inoltre, vedete come sia evidente la sottrazione o rimozione del soggetto di queste parabole. Non è la donna che cerca accuratamente l’immagine del Cristo che è venuto a cercare quello che si era perso, né del Cristo che semina nella storia il seme delle parole (il lievito), no, la donna non poteva rappresentare il Cristo e dunque il soggetto delle parabole è diventato la dramma perduta o il lievito nascosto nella farina. Invece è evidente che il Regno di Dio è paragonate con le azioni compiute dalla donna e che Gesù avrà visto compiere centinaia di volte a sua madre nella loro casa. Queste azioni sarebbero il centro delle due parabole.

Notate quanto sia sorprendente che il Regno dei cieli sia paragonato alla ricerca accurata di una dramma perduta e a un pugno di lievito mescolato e nascosto nella pasta del pane. Immaginate la sorpresa delle persone che ascoltavano Gesù e aspettavano il Regno di Dio come una conflagrazione di pianeti, una specie di guerra escatologica tra eserciti di angeli e di demoni, come tanti millenaristi oggi, che credevano all’arrivo del Regno di Dio come ad una sorta di giudizio universale e distruttore che avrebbe portato il governo dei santi e la distruzione dei regni dei pagani. Certamente queste immagini umili del regno divino suggeriscono qualcosa di molto diverso e sorprendente, appunto non si sceglie qualcosa di grande e maestoso per paragonare il Regno, ma la ricerca di una dramma che poteva equivaleva al salario di una giornata, una cifra modesta ma necessaria, equivale il suo valore al giorno di fatica della donna, ha guadagnato la stessa cifra che avrebbe guadagnato un modesto operaio, anche la donna ha compiuto un lavoro utile che serva all’economia domestica, avrà quel giorno guadagnato tanto come suo marito. Il regno è come un’accurata ricerca di quello che si era perso, è in sé un’azione umile e piccola, non è visibile, occorre chiamare le vicine per raccontarlo.

Penetrando in profondità nella parabola non vi è altra possibilità che il contrasto delle visioni apocalittiche correnti al tempo di Gesù. Gesù dice ai suoi ascoltatori, voi vi attendete l’arrivo del regno di Dio nel presente attraverso una guerra cosmica, invece il Regno di Dio è ora e qui presente in mezzo a voi in semenza nelle mie parole e nelle mie azioni come una promessa e un dono di Dio per voi e per tutta l’umanità. Le due azioni della donna, una dramma perduta accuratamente ricercata e il lievito somigliano il Regno. Dio agisce nella storia come una donna che compie queste umili faccende quotidiane, l’alchimia della vita quotidiana, una donna mescola un poco di lievito con la pasta con cui alimenterà la sua famiglia, un’altra donna non si rassegna alla perdita di una piccola moneta, ma trasforma lo smarrimento in occasione delle grande pulizie, quelle che si fanno soltanto prima della pasqua. Queste opere silenziose sono le opere e le parole di Gesù,  questo è il Vangelo di Gesù Cristo che sta suscitando discepoli e discepole, questo è il modo di agire di Dio. Qui troviamo una rivelazione profonda che sconfessa tutte le aspettative del regno di Dio come qualcosa che irrompe da fuori la storia in mezzo a cataclisma cosmici, e ci indica l’arrivo del Regno come qualcosa che è già presente nella storia nella forma di azioni presenti nella realtà concreta dei discepoli e discepole che fa fermentare la vita, perché diventi pane di Dio per il mondo e perché siano trovati tutti coloro che erano persi.

Troviamo anche un’altra costante, il regno di cui si parla è già presente nella vita (opere ed azioni) di Gesù: la sua nascita umile tra gli umili, la sua vita dedicata all’insegnamento delle folle di poveri ed emarginati, osteggiato sempre delle autorità politiche e religiose, le persecuzioni a lui e ai suoi discepoli dopo la sua morte. Se questo è l’inizio contrastato e umile della presenza del regno in mezzo a noi, è chiaro che l’affermazione del finale della storia equivale ad una promessa che dovrebbe suscitare la speranza, la parabola dice che la conclusione appartiene a Dio che compirà la sua promessa: i discepoli e le discepole di Gesù continuano a ricercare tutto quello che si è perso, continuano ad essere lievito (e luce) che cresce dentro la storia degli uomini portando il regno di Dio in mezzo ai popoli. Il lievito è necessario per il processo di fare il pane, però rimane nascosto, tre sati di farina faranno 50 kg. di pane. Il lievito nella tradizione ebraica ha un connotato negativo: durante la preparazione alla celebrazione della pasqua bisognava eliminare tutto il lievito presente nella casa e cuocere i pani azzimi. Il lievito è nascosto e invisibile e fa fermentare un’ingente quantità di farina, così avviene con il Regno di Dio, basta la sua presenza nascosta in noi perché realizzi la sua opera incessante verso la pienezza. In queste due parabole noi vediamo le nostre proprie esperienze: la verità del regno è nascosta, non è mai evidente, la scopriamo quando agiamo e parliamo come Gesù. Sul perduto ritrovato troviamo un significato ulteriore nella parabola. Dio cerca l’essere umano, ma l’essere umano si deve “lasciar” trovare. I modelli narrativi delle parabole del ritrovare quello che si era smarrito, servono a mettere in luce il processo di ritrovamento come un processo di conversione, di salvezza, ritrovare equivale dunque alla conversione avvenuta. Gesù insegna la corrispondenza fra il valore individuale di ciascuna persona umana (nel testo della parabola le dramme che, come dicevo è una moneta di argento di scarso valore, sono “le persone semplici” i poveri). Lo scarso valore della dramma suggerisce due cose: solo una persona povera intraprenderà quella ricerca affannosa; allo stesso tempo la ricerca è vitale, è necessario trovare la dramma perduta perché la donna ha bisogno delle dieci o per pagare il fitto o la tassa o un debito. Il volere divino di salvezza è riferito appunto alla totalità degli esseri umani, non soltanto i giusti sono oggetto della ricerca divina, ma Dio vuole salvare e cerca accuratamente rivoltando l’intera casa, tutto l’universo, ogni persona, Dio vuole salvare tutti, anche quelli che sembrano insalvabili o poco meritevoli di salvezza (il figlio piccolo che ha sperperato il patrimonio del padre).

Il Regno di Dio non è paragonato con la dramma perduta né con il pane, ma con la donna che cerca accuratamente dappertutto quello che si era perso, e con la donna che nasconde il lievito, il rapporto tra l’inizio e la fine è quello di una ricerca che si conclude con il ritrovamento, e con una crescita spontanea che non dipende da noi ma che è promessa e dono, come la dramma persa e ritrovata e il lievito nascosto che fa lievitare il pane, non sono azioni e risultati umani, non appartengono a noi, così noi non possiamo determinare il ritrovamento della dramma né la crescita del lievito.  Il regno è perciò anzitutto una promessa e la fine – che diventerà  pane o che ritroverà la dramma – non si realizza nel tempo presente, non sono le vittorie della chiesa né tanto meno la chiesa stessa, ma la conclusione del tempo e della storia, la fine escatologica, quando vedremo quello che ora è invisibile, cioè tutte le opere, azioni e parole degli esseri umani dove il regno era nascosto, e saranno rivelate come dono e promessa di Dio. Tra l’inizio dunque e la fine c’è un movimento di crescita costante che non equivale ai confini delle chiese, ma che riguarda l’intero mondo, l’orto divino, il primo orto dove Adamo cominciò a seminare guidato da Dio e dove Eva cominciò a lavorare la pasta per fare il pane.