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IL SERPENTE

Testo: Giovanni 3,14-15

Dio ci fa dono della creatività!
Israele è un luogo dove la creatività divina e umana si sono spesso unite assieme producendo la fioritura del deserto e, al tempo stesso, laddove queste non hanno operato in armonia ma in dissonanza,  il risultato è stato ed un conflitto distruttivo. La terra promessa può essere paradiso terreste, ma anche inferno in terra, laddove la sapienza e la scienza umane non vengono messe al servizio di Dio e del prossimo.
Il testo di oggi ci parla di come il dono della creatività è di immensa benedizione quando in accordo con la legge del Signore e potenzialmente letale quando in contrasto con essa.
In particolare quest’ambivalenza è resa plasticamente dalla simbologia del serpente. Esso è simbolo di sapienza e di vita eterna per gli antichi, addirittura di guarigione (si pensi al caduceo, allo scettro di Ermes, ancora oggi simbolo delle nostre farmacie e della scienza medica), ma anche segno di morte!
A rendere il tutto ancor più ambivalente è l’accostamento che Gesù fa di quest’immagine alla Croce.
Facciamo un po’ di luce su questo complicatissimo, super-stratificato testo biblico, comprensibile solo sovrapponendo più pagine della bibbia in filigrana, e facendo non pochi salti temporali!
 
Avete mai visto quei film in cui la cui narrazione si gioca su più livelli temporali?
Ecco questo testo è così!
Il primo livello è quello relativo a una notte tormentata in cui un uomo importante, capo politico/religioso del suo popolo, un membro del sinedrio, Nicodemo, va a parlare con Gesù. Quest’uomo, infatti, benché sapiente e potente, capisce che ha ancora molto da imparare da questo giovane. Teniamolo bene a mente. C’è da imparare da chi, sebbene giovane, è ripieno dello Spirito di Dio.
Fa delle domande a Gesù, che gli risponde attraverso un rimando oscura a una altrettanto oscura storia biblica, quella della costruzione del Serpente di bronzo da parte di Mosè.
La leggenda vuole che questo serpente sia conservato qui a Milano, nella chiesa di Sant’Ambrogio.
Ma perché fu realizzato, addirittura su indicazione di Dio?
Perché il popolo, liberato da faraone, liberato dai suoi nemici, sfamato attraverso il dono della manna dal cielo cominciò a lamentarsi, contro Dio e contro Mosé.
Dio così, al popolo dalla lingua velenosa invia dei serpenti velenosi (o serpenti di fuoco che potrebbero addirittura simboleggiare dei fulmini). Questo contrappasso però non conclude l’opera di Dio che non vuole vedere il suo popolo perire per il proprio peccato, ma si apre all’intervento redentivo e miracoloso che permette la guarigione di chiunque, morso dai serpenti rivolga lo sguardo verso il serpente di rame.
Numeri 21:4 Poi gli Israeliti partirono dal monte Cor, dirigendosi verso il Mare Rosso per aggirare il paese di Edom. Ma il popolo non sopportò il viaggio. 5 Il popolo disse contro Dio e contro Mosè: «Perché ci avete fatti uscire dall'Egitto per farci morire in questo deserto? Perché qui non c'è né pane né acqua e siamo nauseati di questo cibo così leggero». 6 Allora il Signore mandò fra il popolo serpenti velenosi i quali mordevano la gente e un gran numero d'Israeliti morì. 7 Allora il popolo venne a Mosè e disse: «Abbiamo peccato, perché abbiamo parlato contro il Signore e contro di te; prega il Signore che allontani da noi questi serpenti». Mosè pregò per il popolo. 8 Il Signore disse a Mosè: «Fatti un serpente e mettilo sopra un'asta; chiunque, dopo essere stato morso, lo guarderà resterà in vita». 9 Mosè allora fece un serpente di rame e lo mise sopra l'asta; quando un serpente aveva morso qualcuno, se questi guardava il serpente di rame, restava in vita.
Che bello avere un luogo verso cui guardare per trovare salvezza.
Gesù indica in quel serpente di rame una prefigurazione dell’opera che lui compirà sulla croce.
Chiunque guarda a Gesù può essere guarito dal veleno di ogni peccato!
Gesù ha offerto il suo corpo come parafulmine al male!
Prendendo su di sé in veleno del peccato ha offerto per puro amore il suo sangue come antitodo antiveleno!
C’è un terzo livello temporale nella storia di questo serpente di bronzo che ci lascia un importante insegnamento.
E’ un episodio che si frappone tra il dialogo di Gesù e Nicodemo e la forgiatura dal serpente da parte di Mosé. Una storia che ha avuto precisamente luogo tra l’ottavo e il settimo VIII sec avanti Cristo, al tempo del Re Ezechia.
In 2 re 12, 3-4  è scritto che “3 Egli fece ciò che è giusto agli occhi del SIGNORE, proprio come aveva fatto Davide suo padre. 4 Soppresse gli alti luoghi, frantumò le statue, abbatté l'idolo d'Astarte, e fece a pezzi il serpente di bronzo che Mosè aveva fatto; perché fino a quel tempo i figli d'Israele gli avevano offerto incenso; lo chiamò Neustan.
Dei tempi di Mosé e dei fatti relativi le vicende dell’Esodo non abbiamo prove storiografiche, né reperti di nessun tipo, per quanto riguarda il Re Ezechia invece abbiamo non solo testimonianze bibliche , ma anche archeologiche, tra cui diversi sigilli.
 Ezechia effettuò una sorta di purificazione religiosa, distruggendo tutti gli idoli, e centralizzando il culto a Gerusalemme.
Mentre come battisti avremmo qualcosa da ridire circa l’opera di accentramento del potere, oggi ancora accogliamo l’idea che una immagine che un tempo ci ha portato benedizione e conforto debba essere riletta e reinterpretata, persino abbattuta e abbandonata in un nuovo momento storico.
Ci sono cose buone e valide per un tempo, ma non per sempre. Il biberon o il ciuccio per esempio. Il bambolotto. Ma anche le case, i vestiti, le scarpe. Persino le strutture, la nostra teologia, ovvero le immagini più o meno inadeguate che ci facciamo di Dio, della vita cristiana, della figura materna, che oggi ricordiamo con particolare enfasi o della vita comunitaria.
Troppo spesso restiamo a guardare il serpente e non riusciamo a vedere la potenza del Cristo che gli ha calpestato la testa liberandoci dalle spire di un passato che deve perdersi per ritrovarsi un un presente sempre nuovo!
Che Dio ci aiuti ad accogliere la vita nuova, il giorno nuovo, il vino nuovo e la nuova chiesa che stiamo diventando, senza paura, ma con fede, gioia e gratitudine!