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LE PALME

Testo: Filippesi 2, 5-11

Cari fratelli e sorelle, oggi è la Domenica delle Palme una ricorrenza che nell'anno liturgico si sofferma sul momento in cui Gesù entra a Gerusalemme ed è accolto come un re. Ma ciò accade proprio pochi giorni prima che, da quelle stesse persone, verrà condannato a morte.
Questo testo è importante perché è una delle più antiche confessioni di fede della Chiesa primitiva. Si tratta di un vero e proprio inno, come quelli che abbiamo sull'innario. L’apostolo Paolo lo ripropone alla chiesa di Filippi proprio perché qui il culto dell'imperatore aveva una grande importanza, a lui si riconosceva il titolo di “Signore”.
Questa comunità cristiana di minoranza non aveva vita facile a motivo della sua fede. la fede di questi credenti, in una città intollerante, provocava persecuzioni difficili da sopportare. Ma con forza, contro l'imperante culto dell'imperatore la piccola comunità canta: "Gesù Cristo è il Signore!".
L’apostolo Paolo, dunque, esorta i credenti alla comunione, all’incoraggiamento reciproco, all’amore vicendevole, a vivere concordi e stimando non solo se stessi, ma anche gli altri cercando non il proprio interesse, ma quello di tutti. Solo così si può andare avanti in mezzo a prove e difficoltà, in mezzo a lotte e pregiudizi reciproci.
Ma questo inno afferma anche molte cose importanti su in una manciata di righe è condensata una gran parte della fede cristiana.
Ogni frase è importante e dice molto di Gesù.
il primo versetto che mi colpisce è:
Dio lo ha sovranamente innalzato e gli ha dato il nome che è al di sopra di ogni nome, affinché nel nome di Gesù si pieghi ogni ginocchio nei cieli, sulla terra, e sottoterra
Il nome è importante il nostro nome ad esempio ci caratterizza. Noi ci presentiamo con un nome è un cognome e poi gli altri associano ciò che siamo o mostriamo di essere.
Antonella è una donna, è la pastora è una moglie, una madre e più mi si conosce e più cose si possono dire di me. Si potrebbero fare questo esercizio con i fratelli e le sorelle di questa chiesa per capire quanto ci conosciamo.
Ad esempio, io è da poco che sono qui sto scoprendo di voi tante cose eccezionali. Abbiamo scienziate, artisti, musicisti persone con grandi doni anche spirituali, lo sapevate immagino di si e pian piano io lo sto scoprendo e lo associo queste informazioni a quel nome.
Si scopre girando sempre su internet che c’è tutto uno studio sui nomi: si studiano i nomi regione per regione, i nomi e cognomi legati ad un mestiere e si cerca orma da anni di capire quanto il proprio nome possa influenzare la propria vita. Allora si cerca di capire come mai il signor Antonio molare nella nostra epoca faccia il dentista, Franco Carbonara fa lo schef e indovinate Giovanni Pane che lavoro fa?
Abbiamo anche degli esempi illustri come, de Magistris che fa il magistrato, il cardinale Raniero canta la messa, il famoso l’ex capo della polizia Manganelli. Un nome un destino? Non si è ancora certi, ma in qualche modo sembra ci sia un’influenza psicologica.

A volte però il nostro nome diventa una prigione, specialmente quando noi vogliamo mantenere un’immagine di noi che forse facciamo fatica a portare avanti.  Così, Marisa è quella che risolve tutti problemi della famiglia, ma non può più, Amedeo compila tutti i 730 dei suoi amici, ma ormai è stanco. Tiziano lavora per tutti, ma fa fatica a vivere. Francesca è l’alcolizzata, massimo il bugiardo, e così via. Allora il nostro nome diventa pesante, ma per orgoglio o dovere o inadeguatezza andiamo avanti, non accettando la nostra debolezza e la nostra fragilità, con conseguenti esaurimenti nervosi ecc.
Di certo nel mondo antico il nome non è solo un termine che serve a distinguere una persona da un'altra, è molto di più, esprime l’essenza e la dignità della persona che lo porta.
Di Gesù ci viene detto cosa: che il suo nome viene innalzato al di sopra di ogni altro nome, si potrebbe subito pensare che sia un potente re un governate, ma l’inno specifica bene e spiega la caratteristica della persona che porta questo nome.
Gesù è la persona che pur essendo in forma di Dio, non considerò l'essere uguale a Dio qualcosa a cui aggrapparsi gelosamente, ma svuotò se stesso, prendendo forma di servo, divenendo simile agli uomini; trovato esteriormente come un uomo, umiliò se stesso, facendosi ubbidiente fino alla morte, e alla morte di croce.
Ci viene detto che Gesù è Dio, ma ha deciso di rinunciare a questa sua forma divina per stare qui con noi
La parola importante è «svuotò sé stesso». È questa l'unica volta in tutta la Scrittura che il verbo "spogliare", "svuotare", "privare di forza", "ridurre a niente" – viene usato in forma riflessiva. Questo indica che È Gesù stesso che prende l'iniziativa di svuotarsi, assumendo la condizione di servo per donarsi a noi all’umanità. Se non si fosse così tolto della regalità divina non sarebbe potuto stare con noi. Possiamo allora dire di Gesù che ci ama profondamente che ha perso tutto ciò che è potere per stare con noi e condividere con noi la fragilità.
Quando l’apostolo Paolo dice allora abbiate lo stesso sentimento di cristo Gesù ci sta invitando a svuotare noi stessi non dalle cose positive che abbiamo costruito, ma forse da tutte quei muri quelle maschere d’orgoglio, da ciò che siamo per trasformarci in una creatura nuova con una storia nuova un essere umano nuovo capace di essere solidale con l’altro, rispettoso amorevole che fa quello che fa per amore e non per dovere o perché deve dimostrare qualcosa.
È dunque un invito a liberarci della pesantezza del nostro nome. Non siamo costretti a rimanere per sempre nei nostri panni, a ripercorrere sempre gli stessi schemi. Possiamo dire di no, a ciò che non va in noi, perché è pronto per noi un nuovo nome anche una nuova identità se ne abbiamo bisogno nuovi

Chi ha orecchi ascolti ciò che lo Spirito dice alle chiese.
A chi vince io darò ………. una pietruzza bianca, sulla quale è scritto un nome nuovo … (Apocalisse 2:17)


Cristo oggi passa per Gerusalemme e ci da la possibilità di dare una svolta alla nostra esistenza nelle cose che non amiamo di noi , un esistenza vera dove le cose belle di noi possono convivere con la fragilità e la limitatezza del nostro essere umani. E dove ciò che ci rende incapaci di amare e di condividere, e che distrugge possa trasformarsi in umiltà e amore verso gli altri/e.
Tutti lo osannano, quel giorno, ma nessuno sarà poi disposto a seguirlo e a percorrere la sua strada della gratuità e del dono di sé fino in fondo. Non perdere questa occasione.
Amen
Dio si presenta non nelle forme dell’onnipotenza, ma nella fragilità del suo amore, un amore che, però, è senza fine perché l’amore non muore, mai!
Un Dio strano no dovrebbe essere forte, ma ha deciso di farsi debole onnipotente, ma è limitato

Significa che le nostre logiche umane sono davvero fragili e passeggere, esse sono basate sul tornaconto, sul fare per ricevere in cambio qualcos’altro, mentre Cristo è venuto con la sola logica che ci sfugge completamente e che è la logica della gratuità.
Egli è Signore perché tutti siamo chiamati a confessare la nostra fede in colui che ha scelto di condividere la miseria umana per amore,
Sì, Dio è Colui che può tradire le nostre attese quando ci attendiamo che difenda il nostro piccolo spazio, quello in cui viviamo, contro le intrusioni di altri, quando permette il nostro dolore, la nostra sofferenza, la nostra solitudine e quella degli altri.
Dire “Signore” significa seguirlo lungo la strada della coerenza, dell’accoglienza di se stessi e degli altri; significa ridare dignità alla propria vita e a quella degli altri, acquisire la capacità di trasformare le prove, i dolori, la sofferenza, il lutto, in determinazione, capacità di resistenza, forza, coraggio, attività, capacità di amare consapevoli che è qui il vero senso della vita.
Cari fratelli e sorelle, cari catecumeni e catecumene, è qui il segreto della fede che sarete chiamati a vivere quotidianamente, nella semplicità: in quella scelta di Dio per voi, nella sua scelta di offrire se stesso nella gratuità, senza chiedere nulla in cambio perché l’amore è per sempre, sopravvive a ogni catastrofe. La scelta di Dio è anche la nostra scelta: quella di accogliere tanto di più di quanto possiamo dare nella logica del dono e di quell’amore che solo salverà il mondo. Amen!

Pur non essendo un termine biblico, il termine kenosis si ispira indiscutibilmente alle Scritture, in particolare a quella rara forma che appare nell'inno cristologico della Lettera ai Filippesi (Fil 2,7) là dove esso dice che Il modo in cui Gesù assunse la condizione umana fu, sino alla fine, un servizio d'amore ai fratelli, riservando per se stesso l'ultimo posto, disponendosi a una progressiva umiliazione, ubbidendo fino alla morte, e morte di croce.
Ma questa kenosis volontaria di Gesù non eclissò la sua divinità: anzi, precisamente attraverso di essa Gesù rivelò la propria divinità e quella del Padre, perché «Dio è amore» (1Gv 4,8). La kenosis è diventata così la via di accesso perché noi possiamo toccare la bellezza di Cristo.