PADRI
- Dettagli
- Categoria principale: Testi
- Scritto da Evangelista Ivano De Gasperis
Testo: Genesi 22,1-14
In questi mesi abbiamo letto ogni giorno il libro della Genesi e come un pane fragrante che dona nutrimento abbiamo assaporato la bontà e la bellezza dei suoi insegnamenti nascosti.
In fondo, ricordiamolo, la Parola di Dio è pane di vita, a cui abbiamo bisogno di ricorrere non solo una volta a settimana, ma costantemente e più volte al giorno! Chi di noi vivrebbe mangiando solo una volta a settimana?
Oggi però ci capita un pezzo particolarmente ricco di crosta e duro da masticare. L’inizio di una storia su cui, in un modo e nell’altro, con tutti i distinguo del caso, si fonderanno le tre antiche religioni abramitiche: la storia del Padre che sacrifica suo figlio.
Fratelli e sorelle, una storia troppo dura, troppo orrenda!
Una storia che però si ripete ogni giorno sotto i nostri occhi e di cui sono pieni i quotidiani.
Padri feroci e violenti che macellano i loro figli, mandandoli in guerra o tentando di esorcizzarli.
Qui abbiamo due problemi giganteschi, anzi tre. Il patriarca Abramo, archetipo del padre, è presentato come un genitore la cui forza, autorità e fede assumono anche un potenziale tono minaccioso e orrifico, che si riversa su o che discende direttamente da Dio.
E’ esperienza di molti (non di tutti e tutte) avere dei padri particolarmente severi che potrebbe indurci a “immaginare” un Dio simile!
Fin qui la prima questione problematica. Passiamo alla seconda: la religione del sacrificio.
Testi come questo ci ricordano come le religioni si basino sul sacrificio e spesso anche il sacrificio di ciò che più desideriamo o di chi più amiamo.
Allora andare in chiesa, seguire Gesù, rendere il culto a Dio, fare delle offerte, offrire un servizio diventano tutti sacrifici. Dimenticando che Dio ama dei donatori allegri! Non vuole che i nostri figli e figlie si alzino per forza, vengano in chiesa contro voglia, ecc!
La fede deve chiamare ciascuno e ciascuna di noi, padri in primis, a essere persone migliori, a renderci giusti e giuste, non a trasformarci in insopportabili e incoerenti giustizieri che pretendono che gli altri e le altre lo siano.
Dio vuole misericordia, non sacrifici! Vuole attrarci a sé con legami d’amore! Gesù dona se stesso non a un padre adirato la cui sete di sangue deve estinguere il figlio, ma a noi scagliando il suo corpo contro il dardo del peccato, per farci scudo!
Dobbiamo leggere questo testo non come richiesta di un Dio assetato di sangue, ma come la rivelazione di un Dio diverso da quelli che erano rappresentati nel contesto cananeo dell’epoca di Abramo.
In altre parole questo testo, contrariamente a quanto si può credere senza contestualizzarlo, non chiede di sacrificare i nostri figli, ma ci Dice che al contrario di Moloch, non ne gradisce il sangue e in Gesù ribadirà che non vuole neppure il sangue di pecore, capre o buoi!
Su quel monte finisce la religione del sacrificio e comincia la relazione della fede.
Terzo problema:
La fede è una cosa bella, fino a quando apre gli occhi, illumina la mente, mette in questione le convinzioni arroganti della sapienza e dell’intelligenza umane, stimolandole, non mortificandole!
Tu hai mai sentito la voce di Dio? Stai attento perché la mente, mente…
C’è da aver paura a sentire udibilmente la voce del Signore. Si perché per quanto possa sembrare bello il fatto di poter ascoltare una voce come io ascolto te, se ciò avvenisse dovremmo seriamente dubitare della nostra salute e stabilità mentale! Si Dio può farlo, Egli può fare ogni cosa, ma, paradossalmente, questo sarebbe il modo più ambiguo e destabilizzante per parlare con una sua creatura.
Cose che succedono quotidianamente, sia chiaro, ma che nulla hanno a che fare con Dio quanto col neurologo.
Come si riconosce la voce di Dio da quella della follia o del male?
Niente meno che il famoso filosofo Emmanuel Kant si è posto la domanda della moralità di questo racconto, giungendo alla conclusione che Dio, il vero Dio, mai permetterebbe qualcosa di così immorale.
La questione di fede per lui sarebbe piuttosto, conosci veramente Dio al punto di sapere che non vorrebbe tutto ciò? La prova di Abramo in fondo, similmente a quanto affermerà Paolo nel Nuovo testamento, sarebbe solo una prova di fiducia nella bontà di Dio!
Il problema con questa lettura è che Dio viene in qualche modo inchiodato alla nostra morale. Un altro filosofo, Kierkegaard si è posto la stessa domanda, ma mentre per Kant Abraamo crede fin dall’inizio Dio non permetterà la morte del figlio, che rappresenta il futuro stesso di Abraamo e Sara, per Kierkegaard, la risposta di Abramo non è di fiducia nel bene, nella morale di Dio, ma una risposta amorale. Abramo Ama Dio più di Suo figlio ed è davvero pronto a sacrificargli tutto.
Lo so, questa cosa di amare qualcuno più di una madre, di un padre o di un figlio, ci disturba, ma la vita spesso ci pone davanti a questa scelta e nulla può essere più straziante della preoccupazione di un genitore per il proprio figlio o figlia. Per il bene dei figli spesso si è pronti a scendere a compromessi e fare cose del tutto ingiuste o disoneste. Niente è più tossico o deludente! Per amore si possono compiere cose folli. Ricordate la terribile ballata di De Andrè?
L’amore come la fede possono aprire gli occhi ma anche rendere ciechi, ingiusti o pavidi.
DIO CI LIBERI DAI NOSTRI IDOLI DI FINTO SUCCESSO TRA CUI “LA BELLA FAMIGLIA”.
La Chiesa e il Suo Regno sono la bella famiglia che egli ci dona. La nuova generazione nata sono i figli di cui dobbiamo insieme aver cura.
Liberiamoci dell’antica maledizione del coltello e del fuoco di Agamennone e Ifigenia come di Abramo e Isacco, perché su quel monte, col legno della croce sulle spalle, Dio è stato visto donare se stesso come un agnello affinché nessuno e nessuna dovesse più versare una singola goccia di sangue ai signori violenti di questo mondo, sprecando la propria vita.
- Prec
- Succ >>