Capire cosa è più importante
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- Scritto da pastora Antonella Scuderi
Questo brano si trova solo in Matteo. È un brano molto diretto e apparentemente semplice, ma nasconde un paradosso.
Naturalmente Gesù utilizza delle immagini che gli uomini e le donne dell’epoca potevano capire e che oggi ci sembrano un po' lontane, anche se ho scoperto che propri oggi a Milano ci sarà una tappa della transumanza di un gregge di pecore.
Pecore e capre sono animali apparentemente simili, ma con caratteri fondamentalmente diversi.
In un certo senso le pecore producono molto di più: lana, formaggio, carne e hanno un carattere mite e difficilmente sono litigiose, le capre invece direi che spesso hanno un istinto innato ad aggredire gli altri esseri viventi. E non aggrediscono solo i propri simili. Se c’è una capra in giro probabilmente prima o poi proverà ad incornarti. Chiaramente come animale è anche molto simpatico e intelligente. Una ricerca dell’Università Queen Mary di Londra ha dimostrato, nel 2016, che questi animali possiedono un’intelligenza sviluppata, nonché competenze sociali pari a quelle dei cani.
Sembra che più si sia intelligenti e più si diventi potenzialmente aggressivi. Per questa sua aggressività, la presenza delle corna ha fatto diventare, questo animale, rappresentante della negatività e del male.
Poi chi è avvezzo all’antico testamento ricorda il capro espiatorio di Levitico 16 :5-22 che si caricava dei peccati e veniva inviato nel deserto (offerto al demone Azazel).
Anche Ezechiele parla molto spesso di pecore e di capre e Gesù riprende questa metafora per imprimere nella mente dei discepoli la necessità di agire nel bene, ma anche di avere uno scopo preciso nella propria vita".
Bisogna decidere se vogliamo seguire l’evangelo, oppure no. E in base alla nostra scelta saremo giudicati.
Alla fine, infatti, ci sarà un giudizio di Dio sulla storia, e il mondo, ma anche su come tu e io abbiamo vissuto la nostra vita.
Davanti a lui verranno radunati tutti i popoli. Egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dalle capre; una folla immensa tutti, ma proprio tutti saremo divisi in due file: di qua e di là.
Subito un po' di ansia sale perché è molto chiara la fine che le pecore e le capre faranno.
Ai primi, definiti “benedetti del Padre”, il Re dona in eredità il Regno. Gli altri fanno una brutta fine. Così, d’avanti allo schieramento ci domandiamo se siamo capre o pecore.
Speriamo di essere nelle pecore, però qualche volta sappiamo di essere testardi come le capre.
Quanto ci da fastidio questa storia del giudizio divino, ci piacciono di più quei passi biblici che dicono del Dio d’amore che farà grazia a tutti che è venuto per salvare e non per giudicare; eppure, nella Bibbia troviamo anche questo passo.
Perché ad un certo punto della storia la giustizia dovrà essere ristabilita. E se sei stato un arrivista arrogante, un genocida, un assassino ecc, ecc, e non ti sei convertito a Dio, d’avanti a Lui dovrai arrivare.
Non si può pensare di continuare a compiere il male, a fare guerre, a sgozzare bambini ad uccidere povere giovani ragazze come Giulia e farla franca.
Non è una questione di castigo o di vendetta personale e semplicemente il termine di ogni male, la fine della guerra e di tutte quelle atrocità che potevamo evitare se avessimo ascoltato le parole della pace di Gesù e le avessimo messe in pratica.
Fin dalle prime parole del giudice prendiamo atto che il giudizio non sarà sugli atti di culto, sulle preghiere, o sulle cose che ci hanno fatto arrabbiare nella vita, ma unicamente sul tipo di relazione che abbiamo intessuto con gli altri.
L’argomento del giudizio non è il male, ma il bene. Alla sera della vita saremo giudicati solo sull’amore (Giovanni della Croce). Il Signore non guarderà a me, ma attorno a me, a quelli di cui mi son preso cura.
Allora, la domanda successiva che affiora nella nostra mente è cosa dobbiamo fare?
Gesù limpidamente risponde: “Ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, in ero carcere e siete venuti a trovarmi”. Non è difficile e impraticabile quello che ci chiede Gesù possiamo servirlo nei semplici gesti della vita quotidiana, infatti, Gesù fa riferimento a cose basilari, quasi banali: ebbi fame e; ebbi sete, mi accoglieste; mi vestiste; mi visitaste; veniste a trovarmi" (Matteo 25:35-36).
Un Padre della Chiesa, Crisostomo, ha sottolineato: "Gesù non dice: "ero malato e mi guariste" o "ero in prigione e mi liberaste". Gesù dice: "ero malato e Mi visitaste; ero prigioniero e veniste a trovarmi". Queste sono azioni semplici, Ciò sgombera il campo da ogni scusa e alibi. E queste relazioni che stabiliamo con il prossino ci danno una capacità sorprendente cioè quella d’incontrare Gesù.
Quante volte desideriamo incontrare Dio, isabella la scorsa settimana ci parlava del desiderio di Mose di vedere Dio in faccia, ma se leggiamo attentamente il testo capiamo subito che è straordinario quello che Gesù sta dicendo.
A chi stiamo facendo del bene?
Ho avuto fame
ho avuto sete
mi avete accolto
mi avete vestito
mi avete visitato
siete venuti a trovarmi
Eccolo il grande paradosso: “Amen, io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me” dice Gesù
Dobbiamo comprendere la portata di questa affermazione di Gesù Gesù assume lui stesso l’identità di chi si trova nel bisogno, attribuendo in questo modo statuto divino ai miseri e ai derelitti.
In poche parole Gesù diventa quel povero, ma allo stesso tempo quel povero diventa Gesù .
Quindi nel momento in cui tu stai sostenendo anche la sorella che ti sta a fianco questa mattina non lo stai facendo solo a lei, ma anche a Gesù e tua sorella in quel momento non è solo lei, ma è Gesù stesso.
Capite che c’è una grande differenza tra fare del bene tanto perché pensiamo che sia buono o perché siamo empatici e farlo con questa convinzione nella mente. Il povero che tu aiuti non è più un miserabile bisognoso, ma diventa Cristo stesso e nel mentre che tu lo salvi; lui sta salvando te perché ti libera dall’egoismo, dalla chiusura mentale, dalla tua malvagità. Al miserabile viene restituita la dignità. Ti trovi di fronte a Cristo e puoi vedere il suo volto. e quando sarai tu quel miserabile ricordati che questo discorso vale anche per te. Sei il figlio la figlia dell’Iddio Altissimo quindi non sei più un miserabile.
Non è straordinario il nostro Dio
Badiamo bene La fede non si riduce però a compiere buone azioni, verso chi è in difficoltà…. Ciò che distingue le pecore dai capri è proprio l'accettazione o meno del messaggio di Gesù.
Le pecore in questa storia mettono in atto il messaggio di Gesù senza rendersene conto perché è parte del loro DNA tanto che nemmeno si accorgono di fare del bene perché Signore, quanto ti abbiamo visto…?”.
Anche le capre non si accorgono di non aver fatto perché sono intrappolate nella loro chiusura, si rendono la vita poco umana, poco felice, poco autentica, non vogliono dare spazio a Dio e agli altri.
Cosa possiamo farne oggi di questo messaggio noi di Pinamonte? Innanzi tutto siamo ancora in tempo per passare nell’altro schieramento, perché questo giudizio è ancora nel futuro, Gesù non vuole terrorizzarci prospettandoci cosa sarà alla fine ma vuole farci capire cosa dobbiamo fare prima che arrivi la fine, capire cosa è più importante.
Gesù e i cristiani hanno ancora molto da dire in un mondo di individualismo sfrenato dove conta solo il mio piacere, il mio popolo o nazione, la mia famiglia noi siamo chiamati a metter al centro l’unità la condivisione, la comunità. Perché cristo raramente s’incontra sul divano di casa nostra, ma sicuramente lo incontriamo quando sosteniamo i fratelli e le sorelle nella famiglia cristiana che il Signore ti ha dato.
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