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PREDICAZIONE IN OCCASIONE DI UNA PRESENTAZIONE

Testo: 1Samuele 3,1-10

Questa mattina abbiamo presentato una bambina e questo evento ci dà l’occasione per parlare di una famiglia particolare che è la famiglia di Samuele profeta fondamentale per la Bibbia; oltre ad esserci due libri biblici dedicati a lui nell’antico testamento, è stato un uomo basilare per un passaggio fondamentale della storia d’Israele: è grazie a lui che Israele è passato dal governo dei giudici a quello dei re. Siamo, infatti, nel X secolo nel periodo dei Giudici all’insorgere di due istituzioni fondamentali per Israele: la Monarchia e la Profezia. Questo periodo di crisi vede come protagonista il nostro Samuele, una personalità carismatica di grande spessore. Egli sarà un grande Profeta e introdurrà in Israele la Monarchia con la consacrazione di Saul, primo re e di David, il re secondo il cuore di Dio.
È una storia molto lunga bisognerebbe leggere almeno i primi tre capitoli per capire il contesto del brano che abbiamo letto, è importante fare riferimento alla storia della sua famiglia. Infatti, questo grande uomo è stato prima un bambino e aveva una mamma e un papà. Fu certamente un bambino straordinario perché Dio gli parlava, ma la sua famiglia invece aveva moltissimi problemi. Specie la pover mamma che si chiamava Anna.
Anna era la moglie di Elkana il papà di Samuele, ma Elkana aveva un'altra moglie che si chiamava Pennina, a quei tempi, c'era la poligamia anche in Israele. Pennina era molto gelosa di Anna probabilmente perché, come dice il testo, Elkana amava molto Anna e non specifica che amasse anche Pennina. La differenza tra queste due donne era molto grande: Pennina aveva molti figli/e, e Anna invece era sterile. Pennina, comprendiamo dal suo comportamento che era una persona invidiosa e meschina, Anna era una donna piena di sofferenza e buona. Anna veniva continuamente maltrattata da Pennina perché non aveva figli. Probabilmente questa Pennina, in realtà, soffriva anche lei. Soffriva di essere la seconda scelta del marito e si vendicava su Anna in questo modo.
La società dell’epoca era molto negativa verso le donne in genere, e se poi non avessi potuto avere figli, salvati cielo, si sarebbe creduto fosse una punizione divina e comunque la tua vita era senza senso.

E dunque queste due donne hanno però qualcosa in comune entrambe soffrono. Pennina è la seconda scelta e questo mi fa pensare che oggi le donne che hanno figli vengono molto discriminate nella nostra società ancora c’è il problema del lavoro, spesso non riescono a mantenere le amicizie, a fare qualcosa per loro stesse perché la loro vita diventa dei figli. Non sia mai poi che i bambini siano un po’ monelli o abbiano dei problemi di salute. Quante donne ho visto sepolte in casa.
Dall’altra parte c’è la sofferenza di chi non può avere figli
Una sofferenza sottovalutata e che spesso si prende sottogamba. Desiderare un figlio è qualcosa di profondo e di intimo che prende tutta la tua esistenza e quando non si riesce ad avere un figlio il percorso per uscirne fuori è lungo e doloroso. È un dolore difficile da capire; il marito di Anna non riesce a confortare la moglie dice questa frase certamente cercando di consolarla: non ti basto io più di 10 figli? Lei nemmeno risponde perché sono due piani diversi. Dobbiamo imparare ad essere delicati verso gli altri. Quante frasi si sentono dire: "ma puoi adottare"; certamente possiamo adottare, ma dopo aver superato il lutto.
Comunque, alla fin fine questo dialogo a tre ci fa capire che nessuno capisce l’altro o ascolta il dolore dell’altro. Addirittura, la storia insiste su questo aspetto quando Anna va a pregare davanti a Dio. Siccome muove solo la bocca il sacerdote Eli pensa sia ubriaca. Non comprendendo che il dolore è così grande che non le escono nemmeno le parole dalla bocca.
Quante volte la nostra sofferenza non viene compresa da nessuno; spesso non lo diciamo più nemmeno ad alta voce perché siamo certi che gli altri non possono capirci che forse c’è un giudizio su di noi.
Ma Anna non si arrende e forse è qui la grandezza di questa bella storia:
Anna, pur provando una grande afflizione interiore, non risponde alle offese, perché si rende conto che reagire agli insulti significherebbe innescare una catena di ingiurie e rivalse senza fine che non gioverebbe a nessuno e accrescerebbero il suo dolore.
La prima cosa che fa è dire il suo dolore, io sono una donna tribolata lo dice ad Eli il sacerdote del tempio.
Possiamo dire il nostro dolore; nella chiesa non si deve nascondere. Questo è un luogo dove le persone devono essere sé stesse e raccontare i loro dolori e le loro gioie.
E intanto – senza che se ne accorga – questa rinuncia a reagire diventa in lei una vera forza che la spinge a sognare un futuro diverso: decide di aprire il cuore al Signore, sicura di non essere fraintesa né delusa. Si alza ed entra nel Santuario, e fece questo voto: Signore degli eserciti, se vorrai considerare la miseria della tua schiava e ricordarti di me, se non dimenticherai la tua schiava e darai alla tua schiava un figlio maschio, io lo offrirò al Signore per tutti i giorni della sua vita” (1Sam 1,10-11).
Apre il suo sguardo e il suo cuore al Dio dell’Alleanza, lasciando che sia Lui a saziare il suo desiderio di fecondità, di futuro, di senso e lo realizzi al di là di ogni umana attesa.

La preghiera di Anna è così sorprendente e al di fuori di ogni logica, per il fatto che lei davanti al Signore non si limita a chiedere un figlio, ma va’ oltre: si impegna con giuramento di ridonare al Signore il figlio che sta chiedendo in dono: “se vorrai…ricordarti di me…e darai alla tua schiava un figlio maschio, io lo offrirò al Signore per tutti i giorni della sua vita” (v. 11). Ci saremmo aspettati che nel giuramento si impegnasse a fare un’offerta straordinaria, un sacrificio oneroso, ma non di privarsi del figlio, dopo averlo ottenuto in dono! La sua scelta, quindi, mostra che Anna non chiede il figlio solo per soddisfare il suo desiderio di maternità, ma lo chiede per ridonarlo al Signore perché faccia di lui quel che vuole, si fida di Dio perché si rende conto che un figlio è un dono di Dio che va restituito.
Dio, prenderà questo ragazzo perché possa essere dono per tutto il popolo, strumento nelle mani di Dio per la salvezza di tutti. Infatti, l’autore sacro dice che “la Parola del Signore era rara in quei giorni, le visioni non erano frequenti” (1Sam 3,1); questo perché la sterilità non è solo in Anna, ma in tutto Israele. Dio non può parlare al suo popolo perché nessuno, nel popolo, è in ascolto di Lui. Sarà proprio il figlio di Anna l’uomo dell’ascolto, colui che non lascerà andare a vuoto una sola parola del Signore (cf. 1Sam 3,19).
Samuele crescerà presso il Signore sotto la guida di Eli, mentre Anna tornerà a casa senza di lui. Ma il suo pensiero sarà sempre per questo bambino, giorno dopo giorno, mentre gli prepara “una piccola veste” che gli porta ogni anno, quando va’ col marito al santuario a offrire il sacrificio annuale. Eli li benedice e augura ad Elkanà che il Signore gli conceda altri figli da Anna, per il prestito che lei sta facendo al Signore (cf. 1Sam 2,20). E l’autore sacro annota: “Il Signore visitò Anna che concepì e partorì ancora tre figli e due figlie” (v. 21). La generosità del Signore si rivela sovrabbondate verso questa donna che, a sua volta, è stata generosa verso di Lui.
Anna e noi
Che cosa può dire a noi una donna come Anna che è vissuta tre mila anni fa  e un piccolo ragazzo cresciuto in un tempio?
Lei, a noi credenti fragili e insicuri di oggi, si offre come testimone di fede perché impariamo a ritrovare la fiducia nella vita e nel Signore che guida i nostri passi. Anna è certa che Dio si occuperà di suo figlio perché i figli non sono nostri, ma di Dio.
Questo insegnamento vale per tutti i nostri affetti chi non ha figli e magari è troppo preoccupato per il coniuge o per una sorella o per una madre un amico. Dio si occuperà di Lui o lei. Perché li ama molto più di noi e dobbiamo consegnarli nelle mani di Dio.
Come Anna, la nostra unica preoccupazione deve essere quella di portarli a conoscere Dio a farli crescere in un ambiente dove Dio ha la possibilità di parlare. Poi Dio penserà a loro anche se oggi non sono qui perché si sono allontanati. Noi dobbiamo rimanere testimoni dell’amore di Dio mostrando a loro che ci fidiamo di Lui.
Perché si deve crescere nella chiesa e vivere la comunità come se fosse la propria famiglia perché insistiamo che i bambini e le bambine devono avere la possibilità di essere qui la domenica (ma questo vale anche per gli adulti)?
Primo: per distinguere la voce di Dio
È grazie ad Eli che Samuele comprende che Dio gli sta parlando. Tre volte Dio lo chiama, ma lui non capisce nulla di Dio; è il sacerdote che capisce che Dio lo sta chiamando. Spesso Dio ci parla attraverso i fratelli e le sorelle. Senza la tua famiglia cristiana non potresti comprendere fino in fondo Dio
Efesini 3:17-18 ci ricorda
... perché, radicati e fondati nell'amore, siate resi capaci di abbracciare con tutti i santi quale sia la larghezza, la lunghezza, l'altezza e la profondità dell'amore di Cristo
Non è facile distinguere in questo mondo la voce di Dio; sono milioni i messaggi che ci arrivano ogni giorno. E cosa dice Dio boh! Più lo conosciamo e più riusciamo a distinguere la sua voce. Eli rappresenta chi conosce la parola di Dio. Impariamo a leggere la Bibbia ai nostri figli a studiarla. Non rimaniamo nell’ignoranza perché chi non conosce la parola di Dio viene travolto dalle altre voci.
E infine cosa impara Samuele nel tempio?
Impara il segreto più importante per realizzare la propria vita e questo segreto lo porterà ad avere una vita straordinaria.
“Il SIGNORE venne, si fermò accanto a lui e chiamò come le altre volte: ‘Samuele, Samuele!’ E Samuele rispose finalmente: ‘Parla, poiché il tuo servo ascolta’”.
‘Parla, poiché il tuo servo ascolta’”. Questa frase è fondamentale perché c’è la parola servo e la parola ascoltare.
Samuele comprende grazie all’insegnamento di Eli che deve ascoltare quello che Dio dice e non stare a chiacchierare e chiedere a Dio di fare quello che noi diciamo. Dio sa molto meglio di noi ciò di cui abbiamo bisogno.
In chiesa s’impara a diventare servi che ascoltano, perché l’essere umano è chiamato a servire e non ad essere servito.
Concertati su ciò che vuole Dio e sul suo regno e non al tuo regno è così che la tua vita e la vita dei tuoi figli potrà essere una vita che ha senso.