DA GIOVANNI 17, 1-3 CHE ORA E’ QUESTA?
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- Scritto da Ilaria Simone
Uno dei più grandi comunicatori della storia, e che ancora oggi dopo duemila anni non risulta facile da delineare è certamente Gesù Cristo. L’esistenza di Cristo e ancor più la sua morte, portano i cristiani e non, a confrontarsi quotidianamente con La Parola e riscoprire quanto di più umano e difficile risulti il messaggio evangelico. Se dal punto di vista politico, la stessa predicazione cristiana che all’epoca romana era qualcosa di davvero rivoluzionario tanto da far risultare Gesù come un pericoloso sabotatore dell’ordine costituito e fino ad essere condannato alla morte in croce, dal punto di vista sociale, il potente messaggio della predicazione cristiana la cui fonte è Gesù è presente nella coscienza umana oggi quanto ieri e non può essere smentito né negato né ucciso, oggi più di ieri. La forza della Parola sta nel fatto che essa è capace di oltrepassare lo spazio-temporale, non è qualcosa di finito ma di infinito, illimitato.
Abbiamo appena sentito le parole che un uomo rivolge al suo Dio, le parole che un figlio rivolge al Padre negli ultimi momenti della sua vita. Quest’uomo sapeva che di lì a poco sarebbe morto, sapeva che stava per essere arrestato, torturato, sapeva che la sua condanna era la morte certa. Non deve essere stato affatto facile vivere gli ultimi giorni con la consapevolezza di quello che stava per succedere, ma nonostante tutto, Gesù continua a restare per il bene dell’umanità. L’ora è arrivata. Ma che ora è questa? Questa bellissima preghiera che ritroviamo nelle Scritture, è un testamento spirituale per l’umanità tutta, è un dialogo tra un figlio e un Padre. E’ doveroso a questo punto del Vangelo inchinarsi e aprire il cuore per ascoltare i desideri più profondi di Gesù prima di camminare verso la Croce. Gesù dice che è arrivata l’ora della glorificazione. Ma da quando la morte è una glorificazione? Per molte persone la morte non è altro che tristezza, dolore, confusione, fine. Il punto è che tante volte i concetti di “gloria” e “glorificazione” possono non essere chiari neanche a noi cristiani e cristiane. Certo, davanti al dolore, le parole di Gesù sono davvero difficili da comprendere e da accettare. Abbiamo davanti ai nostri occhi, la scena di un condannato a morte che dice ai suoi discepoli che invece è arrivata l’ora della sua gloria! Ma come se stai morendo? Ma a Gesù piace capovolgere le cose! In un momento che sembra indicare la fine, umiliazione, subordinazione, impotenza, le sue parole sono parole che esprimono autorità. Sin dai tempi più antichi il concetto di gloria veniva usato per intendere e indicare potere, denaro, superiorità, influenza, tutte cose su cui il mondo ha da sempre posto come fondamenta e che spesso ci attraggono. Sappiamo e se non lo sappiamo dobbiamo cominciare a pensare e ad abituarci all’idea che con la morte, finisce, giustamente, tutto questo. Il potere, i soldi, l’influenza, fama, qualsiasi titolo in nostro possesso cesseranno e nemmeno il più costoso dei funerali può cambiare questo fatto. Ma se parliamo di Gesù, il significato cambia radicalmente. Lui non ha costruito la sua gloria sulle cose terrene che a noi esseri umani a volte sembrano così decisive e importanti. Questa di cui parla Gesù è la vera glorificazione. Cristo vuole assumere nelle nostre vite il ruolo che gli spetta, il ruolo di Signore. La glorificazione, non è soltanto un semplice o antico concetto religioso, ma una cosa preziosa. Chi nella propria vita da a Gesù il ruolo che Dio gli ha conferito, comincia a comprendere la differenza tra le cose: quello che è
importante e quello che non è importante, quello che è autentico e quello che non è autentico affinché ne risulti una visione più chiara della vita, che non camuffa e non nasconde la sofferenza e la morte ma la include. Una visione che però non resta ferma alla morte ma che può guardare oltre essa. Dio ha messo nella giusta luce suo Figlio non solo nel Venerdì Santo ma per ogni tempo e se noi lo prendiamo sul serio, allora abbiamo attribuito il massimo onore possibile al Signore. Gesù, nella sua preghiera mette a fuoco l’intero proposito del Padre nella vita dei suoi discepoli e nella sua relazione con loro. Lui chiede la benedizione spirituale e celestiale, non chiede potere, ricchezza, onore, nemmeno influenza politica per i suoi discepoli dopo che se ne sarà andato. Il testo dice che Gesù chiede di non toglierli dal mondo ma che il Padre li custodisca dal maligno. (v.15)
Ci sono tante cose che non comprendiamo, ma sono proprio queste le cose che aprono i nuovi orizzonti: Gesù dice: “Tu Padre mi hai dato autorità su tutti gli uomini perché io gli conceda la vita eterna, è arrivata l’ora.” (v.2) La nascita, la vita e la morte di Gesù non sono state un caso o un incidente ma un’agenda programmata per l’eternità. Quante volte Gesù ha aveva detto che non era giunta ancora la sua ora? Ma adesso, questa è arrivata! È arrivato il momento di andare verso la Croce e lui non va come uno che è deluso, sconfitto, Gesù va incontro alla croce come un re che cammina verso il suo trono. È nella Croce che si compie il piano di redenzione che fa cadere tutte le podestà ed è lì che Gesù rivela al mondo l’immenso amore di Dio per tutte le creature. La Croce è lo strumento della gloria per il Figlio in quanto glorifica la sua compassione, la sua pazienza e il suo potere nel dare la sua vita per noi. Lui ha sofferto al nostro posto. È nella croce che Gesù manifesta la bontà del Padre e questa bontà consiste nel farli condividere fino in fondo il destino dell’umanità per poi richiamarlo alla vita affinché quell’umanità che si rimette nelle mani di Dio e possa avere vita nuova, vita nuova che arriva con la resurrezione, vita che scorre in chi crede. Perché come ci ha ricordato il Vangelo, Gesù è la vite in cui scorre la linfa e che grazie a lui fluisce in noi che siamo i tralci. Crediamo, sentiamo e abbiamo questa fiducia che si chiama fede in Dio, nel Dio che è venuto tra noi, in noi attraverso Cristo; quella vita, che nella relazione con Dio è vita senza fine e che è stata ripristinata grazie alla morte e alla resurrezione di Cristo per chi decide di restare accanto a lui come il tralcio alla vite. In questo mondo conturbato, che la pace possa tornare, che possiamo farci indicare la via da Gesù mettendoci a disposizione come strumenti fedeli. Gesù ha dimostrato fedeltà guardando alla promessa del Padre e la sua santità nel richiedere il compimento della legge divina. Gesù glorifica il Padre con i suoi miracoli, lui ha fatto conoscere Dio quando ha disputato con i farisei e la gente del popolo riconosceva nelle parole di giudizio e di perdono le stesse parole di Dio, ma ancora, la dimostrazione più grande è stata quando nella croce ha consegnato la propria vita. Attraverso il Figlio morto sulla croce vediamo la grande misericordia di Dio e questo Dio misericordioso ha glorificato il Figlio nel fatto che: in quel momento di tortura e di morte, Dio si è messo completamente dalla sua parte. È proprio così! Nei momenti finali, Gesù si è sentito solo e abbandonato ma Dio era con lui ed in lui, in quel Gesù che muore come peccatore. Questo può non sembrare molto divino, un corpo torturato e agonizzante ma è proprio in quel corpo martoriato che Dio dimostra di essere unito con suo Figlio che paga il caro prezzo della salvezza e che sarà esaltato al suo fianco in eterno. La nostra sicurezza è che non siamo stati noi a trovare Dio, ma lui che ci ha creato come esseri umani. Non siamo stati noi che lo abbiamo amato prima, ma è lui che per primo ci ha amato e amate. Non siamo stati noi che lo abbiamo scelto ma lui che ha scelto noi e ha fatto di noi un sol popolo. La nostra salvezza deve restare ancorata in questa gloria che non è fondata nel nostro carattere ma in quello di Dio e nell’opera perfetta di Gesù che è l’unico cammino che ci conduce al Padre. Nel momento in cui conosciamo e riconosciamo Gesù come il Cristo, il Figlio di Dio eterno, nel momento in cui comprendiamo l’amore grandioso di Dio che si manifesta nella parola e nell’agire del suo inviato, noi possiamo comprendere la fede dei discepoli e rispondere con riconoscimento all’iniziativa divina di concederci la grazia della vita eterna. Che noi possiamo rimanere attaccati a questo Dio della gloria perché come dice Giovanni: “tutti quelli che il Padre mi dà verranno a me; e colui che viene a me, non lo respingerò”. (Giov.6,37) Amen.