MIO PADRE ERA UN ARAMEO ERRANTE...
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- Scritto da Massimo Aprile
Deuteronomio 26 1 Quando sarai entrato nel paese che il SIGNORE, il tuo Dio, ti dà come eredità e lo possederai e lo abiterai, 2 prenderai delle primizie di tutti i frutti del suolo da te raccolti nel paese che il SIGNORE, il tuo Dio, ti dà, le metterai in un paniere e andrai al luogo che il SIGNORE, il tuo Dio, avrà scelto come dimora del suo nome. 3 Ti presenterai al sacerdote in carica in quei giorni, e gli dirai: «Io dichiaro oggi al SIGNORE tuo Dio che sono entrato nel paese che il SIGNORE giurò ai nostri padri di darci». 4 Il sacerdote prenderà il paniere dalle tue mani e lo deporrà davanti all'altare del SIGNORE tuo Dio, 5 e tu pronuncerai queste parole davanti al SIGNORE, che è il tuo Dio: «Mio padre era un Arameo errante; scese in Egitto, vi stette come straniero con poca gente e vi diventò una nazione grande, potente e numerosa. 6 Gli Egiziani ci maltrattarono, ci oppressero e ci imposero una dura schiavitù. 7 Allora gridammo al SIGNORE, al Dio dei nostri padri, e il SIGNORE udì la nostra voce, vide la nostra oppressione, il nostro travaglio e la nostra afflizione, 8 e il SIGNORE ci fece uscire dall'Egitto con potente mano e con braccio steso, con grandi e tremendi miracoli e prodigi, 9 ci ha condotti in questo luogo e ci ha dato questo paese, paese dove scorrono il latte e il miele. 10 E ora io porto le primizie dei frutti della terra che tu, o SIGNORE, mi hai data!»A volte le lacrime della gioia e quella della tristezza si mescolano in una maniera unica e imprevedibile.
A volte le lacrime della gioia e quelle della tristezza si mescolano in una maniera unica e imprevedibile. Oggi è uno di quei giorni. Da una parte, partecipiamo con commozione alla presentazione della piccola Azzurra. Ella è venuta a portare una gioia infinita nella famiglia dei suoi genitori, nonni, zii, e poi in tutti noi che siamo parte della sua comunità cristiana. Dall’altra, abbiamo un lutto che ha colpito in particolare Luca, il papà di Azzurra, che ha perso la sua amata nonna. Separarsi da persone che sono state importanti per la nostra crescita e formazione è sempre difficile, anche quando il ciclo naturale della vita, ci porta a considerare tutto ciò come l’avvicendarsi naturale delle generazioni.
Le antiche confessioni di fede, con le quali si istruiva il popolo, mediante ricapitolazioni sintetiche della storia con Dio, servivano a custodire le cose fondamentali della fede. Venivano stilate e insegnate sia per le lacrime di gioia che per quelle di tristezza. Era ed è importante ridire la fede quando questa è sotto attacco, quando, ad esempio, la persecuzione esterna o l’eresia interna tendono a corrodere la fede di Israele. Ma è importante dire in Chi crediamo anche quando tutto va bene e proprio per questo il popolo è portato a compiacersi di se stesso, come fosse l’unico artefice dei suoi successi. Qui - nel brano che abbiamo letto - ci troviamo proprio in un momento del genere. Il popolo entra nella terra promessa. Smette di dipendere dalla manna. Con la sua attività agricola e zootecnica, il popolo diventa capace di badare a se stesso. Israele ha la possibilità di organizzare il suo modello di sviluppo, di formare la sua classe politica, di stabilire che leggi che regolano la vita sociale. Proprio in momenti simili potrebbero scattare delle idee sbagliate. Come quella di credere che la terra sia propria e che la ricchezza sia frutto della propria abilità. Dimenticando Dio, il suo aiuto, la sua liberazione.
Allora Mosè raccomanda di esercitare la memoria mediante il dono delle primizie.
Si tratta di ricordarsi quello che è stato vero all’inizio, ma che anche continua ad essere tale nel presente. Primo, che la terra è di Dio e noi siamo solo degli amministratori dei suoi beni e non proprietari. Secondo, che quanto raccogliamo, non è, in ultima analisi, il prodotto del nostro sforzo e lavoro, ma, seppure attraverso le nostre mani, è frutto della grazia di Dio, che nel nascondimento della zolla di terra, arata dall’uomo, lascia che il seme trovi le condizioni per “morire” e rinascere portando molto frutto.
Quindi quando tu avrai raccolto tanti frutti, prenderai i migliori, li presenterai a Dio e dirai: “mio padre era un arameo errante…
Per ovvie ragioni di tempo non commenteremo tutta la confessione di fede, che ripercorre le tappe salienti della condizione di schiavitù in cui Israele si era venuto a trovare, e l’intervento caritatevole di Dio che interviene per dare al suo popolo libertà e giustizia, entrambi negati dal Faraone. “Mio padre era un arameo errante…” Il riferimento, anche se non immediato per noi, è a Giacobbe. Egli era stato Arameo nei 20 anni in cui aveva vissuto in terra di Aram. Lì si era recato fuggiasco, perché suo fratello Esaù, non senza ragione, voleva vendicarsi di Lui. Presso Labano aveva trovato accoglienza, ma anche sfruttamento. Non come ai tempi del Faraone, nondimeno fu soggiogato con astuzie e imbrogli. Giacobbe che portava quel nome che significa soppiantatore, aveva ingannato il fratello, ma a sua volta era stato imbrogliato da Labano, ma poi ancora a sua volta lo imbroglia con astuzia riuscendo a impossessarsi della parte migliore del suo gregge. Potete leggere la storia in Genesi 27-33.
Il piano di Dio si compie anche attraverso le contraddizioni della storia umana. Ci vorrà del tempo prima di capire che le cose, accadute in una maniera incomprensibile, alla fine, per volontà di Dio, ne hanno tratto fuori nuove opportunità di riscatto e salvezza.
Se la confessione di fede risponde alla domanda “chi è Dio?” qui la risposta appare essere “Dio è colui che agisce a favore degli oppressi”. “Mio padre era un arameo errante” porta con sé un’ambivalenza di significati molto suggestiva. La confessione di fede equivale a dire: Il nomadismo è parte del mio DNA. Me lo devo ricordare in maniera particolare adesso che ho una terra e ho smesso di essere un pellegrino. Le mie origini nomadi, inscrivono la mia fede in un ambito di migrazioni per le più svariate ragioni: amore, miseria, persecuzione, esplorazione ecc. “Essere errante” inoltre porta con sé una ambivalenza di significato che indica sia l’andare raminghi e sia l’essere fallibili. Con questa espressione, oggi, richiamiamo un pezzo di storia di Israele, ma anche la nostra stessa storia.
Voi, Luca e Tania, che siete qui, provenienti da un’altra parte del paese a cercare una vita professionale più realizzata, qui avete ricevuto anche una bellissima primizia: Azzurra, appunto. Oggi il vostro e il nostro desiderio è invocare le benedizioni divine, in vista del tempo in cui lei stessa si consacrerà rispondendo alla chiamata del Signore. Senza saperlo tutti stiamo scrivendo il nuovo piccolo paragrafo nella storia dell’amore di Dio per il mondo intero. Viviamo in un tempo di smarrimenti. La vita appare molto meno garantita, perché è minacciata da pandemie, crisi economiche, guerra e crisi ambientale. La gioia per la nascita di Azzurra potrebbe farsi tristezza se noi badassimo solo alla lista di minacce che incombono su lei e sulla sua generazione. Ecco perché è necessario esercitarci fin da subito a raccontarle chi sia il suo e il nostro Dio.
Un Dio che ascolta il grido degli oppressi e scende per liberarli.
Ecco qui ci sono due buste piene di libri che già altri bimbi hanno letto prima di Azzurra. Prendeteli e narratele tante storie. Abituatela ad ascoltare le storie, ad amare i libri finché un giorno potrà leggere la sua Bibbia ed amare la storia di Dio col suo popolo e scoprire con stupore che quella storia ne contiene altre e altre e in quelle storie c'è dentro anche lei, come tutti noi.
Anche lei potrà un giorno dire: Mio padre era un Arameo errante... e sentirsi parte della storia di fede di chi l'ha preceduta. L'impegno che oggi avete preso con la piccola Azzurra, l'impegno che anche la comunità ha preso, di prendersi cura della crescita spirituale di Azzurra è la nostra comune e gioiosa responsabilità per la nuova generazione a rendere testimonianza del nostro Dio, ad amare tutti i bimbi e le bimbe e a nutrire la nostra e la loro speranza!