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Riflessione sul tradimento a partire da I Cor 11,2 "...nella notte in cui fu tradito"

In tutti i racconti dell'ultima sera che Gesù trascorse con i suoi discepoli c'è l'ombra cupa del tradimento di Giuda di Simone, l'Iscariota. E questa circostanza è anche riportata nel testo dell'apostolo Paolo che lo scrive senza fare nomi. Lui ne parla come un dato della tradizione che lui aveva ricevuto e poi trasmesso ai corinzi.
L'ombra di questa presenza inquietante, anzi, è introdotta già all'inizio dei quattro Vangeli. I tre vangeli sinottici presentano Giuda per ultimo nella lista dei dodici dicendo "...e Giuda Iscariot quello che poi lo tradì".
Abbiamo nel corso del nostro studio biblico sul vangelo di Giovanni incontrato tre volte questo discepolo. La prima volta alla fine del capitolo 6 dopo la moltiplicazione dei pani e dei pesci, poi nella scena dell'unzione di Betania, poi durante l'ultima cena. E ogni volta dovunque il nome di Giuda era pronunciato era anche sempre usato nella stessa frase il verbo "tradire".
Questo dimostra che la comunità cristiana delle origini ha dovuto fare i conti con un grande trauma, il fatto che nella cerchia più ristretta dei seguaci, degli amici, degli intimi di Gesù c'era colui che diede inizio ai drammatici eventi che portarono alla croce di Cristo.
Ma che significa tradire? La parola tradire viene dal latino e significa "consegnare". Dunque la parola porta con sé l'azione del consegnare l'amico al nemico. Lo sviluppo semantico di questa parola che da "consegnare" diventa "tradire" ha proprio origine dai racconti evangelici. Possiamo cioè dire che quello di Giuda è il tradimento per antonomasia. Ma quale significato teologico possiamo trovare nella miseria di questo atto che si trova menzionato nella formula tradizionale dell'istituzione della Cena del Signore?? Cerchiamo di indagare.
Cominciamo col porci alcune domande sulla decisione di Giuda, in primo luogo cerchiamo di capire come questo evento è stato interpretato dai Vangeli, e poi quale attualità e portata teologica hanno questi accenni per noi oggi.
Delle ragioni che spinsero Giuda a tradire Gesù non troviamo molto nei Vangeli. Solo Giovanni che è l'ultimo Vangelo anticipa qualcosa sull'immoralità di Giuda dicendo che era tesoriere del gruppo ed era ladro. (12,6). Gli altri Vangeli descrivono il tradimento ma non indagano sulla personalità del traditore. I Vangeli sinottici dicono che Gesù fu venduto ai capi del popolo e Matteo parla anche di prezzo. Il prezzo è 30 sicli d'argento. Questo importo era fissato nella legge come compensazione per la morte di uno schiavo. Quando uno schiavo veniva ucciso da un bue di un'altra persona, il padrone dell'animale doveva risarcire il padrone dello schiavo con 30 sicli d'argento (Esodo 21, 32). Ma al tempo di Gesù il valore dei sicli era dieci volte più basso, quindi la vita di Gesù fu veramente valutata niente. Questa stesssa cifra era anche presente in un testo del profeta di Zaccaria, nel quale il profeta riportava di essersi reso disponibile a pascolare pecore distinate al macello, secondo il mandato di Dio. Dopo di che c'è questo scambio di battute:
12 Io dissi loro: «Se vi sembra giusto, datemi il mio salario; se no, lasciate stare». Ed essi mi pesarono il mio salario: trenta sicli d'argento. 13 Il SIGNORE mi disse: «Gettalo per il vasaio, questo magnifico prezzo con cui mi hanno valutato!» Io presi i trenta sicli d'argento e li gettai nella casa del SIGNORE per il vasaio.
Il testo non è del tutto chiaro, quello che si comprende bene è che Dio dice che Lui stesso venne valutato per questo prezzo.
Naturalmente di questo brano di Zaccaria la comunità vide l'adempimento dell'uso che fu fatto di quei soldi. Il Vangelo di Matteo dà infatti la notizia che una volta pentito Giuda gettò nel tempio i 30 sicli e andò ad impiccarsi. I sacerdoti recuperarono quel denaro ma non lo misero nel tesoro del tempio perché era prezzo di sangue ma con esso fu acquistato un campo chiamato "il campo del vasaio" che doveva servire come cimitero per i pagani.
Il quarto evangelista invece collegò il tradimento di Giuda a un testo del salmo 41 al versetto 9 che recita: "Anche l'amico col quale vivevo in pace , in cui avevo fiducia e che mangiava il mio pane si è schierato contro di me", letteralmente "ha alzato il calcagno verso di me".
Insomma in un modo o nell'altro tutti gli evangelisti sostengono che il tradimento di Giuda era stato previsto e in un certo senso faceva anch'esso parte del piano di Dio.
Ma cosa significa questo? Che tutto era scritto come il copione di una tragedia e dunque Giuda ha dovuto recitare la sua parte, non si era potuto sottrarre al tradimento? Era dunque così che doveva andare?
Appassionata e profonda riflessione abbiamo avuto durante l'incontro zoom di venerdì sera.
Se si spinge fino in fondo l'idea che tutto fosse stato scritto e così doveva andare, allora Giuda appare come una vittima delle circostanze il cui manovratore era stato Dio stesso. Ma mentre queste prove scritturali vengono addotte, siamo certi che gli evangelisti intendevano dare la colpa del tradimento a Dio stesso in ultima analisi?
Possiamo dire senz'altro di no. Il fatto che Dio sapesse e Gesù anche avesse intuito cosa stava per succedere nulla toglie alle responsabilità di chi agì. Capi sacerdoti e anziani del popolo complottarono e decisero il verdetto di morte, Giuda lo vendette loro: ciascuno aveva le sue motivazioni. Quelle di Giuda possiamo solo immaginarle. Forse Giuda tradì Gesù perché si sentiva tradito da lui - qualcuno ha detto venerdì. Giuda aveva sperato che Gesù fosse un condottiero e capo rivoluzionario, un re che doveva opporsi a Cesare e capeggiare la rivolta. Ma Gesù era diverso. Palrlava di amore per il nemico, accoglieva i gesti equivoci di una donna, sembrava ormai rassegnato alla morte e Giuda non comprendendo, non condividendo, gli si oppose. Tradisce perché in ultima analisi anche lui ritiene Gesù un falso Messia? O tradisce perché ormai pensa che l'avventura è finita con la resa di Gesù e allora cerca di salvare se stesso, prendendo le distanze e cercando di guadagnarci qualcosa' O ancora tradisce per costringere Gesù, messo alle strette, ad agire, a capeggiare la ribellione? Chissà? Forse.
Quello che accadde comunque secondo Matteo è che subito dopo che Gesù venne accusato e condannato dal sinedrio Giuda riportò il danaro al tempio e si tolse la vita. Pentito? Disperato? Cosa si agitò nel suo animo tormentato? Non possiamo saperlo. Giuda morì in totale solitudine. Il suo ruolo di traditore lo precede in qualsiasi discussione. Di lui non si sa altro.
Dante lo mette nel fondo gelato dell'inferno con Lucifero che tradì Dio e Bruto e Cassio che tradirono Cesare.
Ma è proprio giusto così? Fu il suo tradimento sostanzialmente diverso dal rinnegamento di Pietro? Fu diverso dalla fuga di tutti gli altri? Qualche statistica dice che l'Italia è il paese con il maggior numero di tradimenti. E in particolare la Lombardia e il centro nord. Certo si parla dei tradimenti fra coniugi e delle cosiddette scappatelle estive ma questo trend parla di una cultura in cui il tradimento non ha più quella cattiva fama che sembra avere nei Vangeli.

Ma certo tradire un marito, una moglie è una cosa, tradire il figlio di Dio e facilitare la sua uccisione è un'altra. Ma è così?
Ma cos'è il tradimento? Possiamo dire che il tradimento significa rompere un patto, che può essere una promessa di fedeltà nel matrimonio, o un patto non scritto basato sulla totale fiducia fra amici. Con amici cari ci si confida, ci si apre. Il tradimento è per esempio violare il patto di riservatezza e trarre vantaggio personale da quella confidenza.
Il tradimento, sdoganato o no, comunque genera grandissima sofferenza in chi ne è vittima. Uno degli aspetti del tradimento è il farlo alle spalle, nel nascondimento, è tradire la buona fede dell'altro, trincerandosi dietro castelli di menzogne per nasconderlo all'altro o altra. Ognuno di noi può averne letto qualche volta o può averne fatto esperienza nei panni del traditore più o meno pentito, o in quelli della sua vittima. Si fa del male nel primo caso, si soffre molto nel secondo.
Ma ci restano ancora due domande: il tradimento è un peccato molto diverso dal rinnegamento o dall'abbandono?
E la seconda domanda: perché l'elemento del tradimento è così tradizionalmente collegato al ricordo dell'ultima cena di Gesù con i suoi?
Alla prima domanda non posso che rispondere personalmente. Io non credo che tradire sia peggio del rinnegare, del prendere distanza dall'altro per salvare se stesso. Né è molto diverso dall'abbandonare. Gesù fu tradito, rinnegato, abbandonato, fu deriso, gli fu fatta violenza, fu torturato, fu ucciso. Tutte queste azioni sono nei vangeli espressioni di quel peccato cosmico che fa dire al quarto Vangelo: "E' venuto in casa sua ma i suoi non l'hanno ricevuto". Gesù fu scacciato dal mondo. Il mondo ha "levato contro di lui il suo calcagno" esattamente quello che di Giuda si dice nel Vangelo. Giuda divenne strumento del male che si appropriò di lui, che si servì dei suoi ragionamenti, dei suoi sentimenti, delle sue frustrazioni, delle sue delusioni per compiere il suo piano di morte nei confronti di Gesù. Ma a questo piano parteciparono in molti. Giovanni parla di questa complicità diffusa come del sopraggiungere della notte. Ogni attore che si è mosso nella notte ha contribuito in piena coscienza a ciò che avvenne. Fu solo tre giorni dopo, quando Gesù incontrò di nuovo i suoi, li salutò con la pace del perdono, li riportò alla vita e alla speranza che tutto cambiò. Chi aveva avuto fiducia in lui e l'aveva persa, la riacquistò; chi aveva rinnegato ricevette parole di perdono, chi ascoltò l'annuncio del Cristo crocifisso e risorto ritrovò se stesso, si rialzò dal fango della colpa e si rimise in cammino. Quello che fece la differenza non fu il tipo di peccato, più o meno grave ma lo Spirito che ridiede vita a una comunità dispersa e quindi morta. Non c'era più Giuda in quella comunità, ma se ci fosse stato non avrebbe anche lui ricevuto la parola di Shalom insieme agli altri? o anche da solo? E questa parola non è risuonata anche nel mondo dei morti che Gesù visitò, secondo il credo apostolico? Insomma ci sono mille cose che non sappiamo e certo non ci interessa di riabilitare Giuda, per il gusto di andare contro corrente, ma penso davvero che la Grazia che Cristo ci dona sorpassa e cancella anche il peccato più atroce.
Ultima domanda: perché l'elemento del tradimento è così tradizionalmente collegato al ricordo dell'ultima cena di Gesù con i suoi? La risposta che mi sono data è questa. Il tradimento è prima di tutto, come abbiamo visto una rottura di un patto di fedeltà, stipulato formalmente come il matrimonio o implicito come per un'amicizia.
Dall'altra parte durante la cena del Signore Gesù nel distribuire il vino dice: "Questo è il calice del nuovo patto nel mio sangue". E' il nuovo patto che Dio stabilisce con l'umanità attraverso il dono della vita del Figlio suo. E dunque? Dunque in quell'antica formula c'è da una parte l'accenno al tradimento. Quella notte Gesù fu tradito, lo fu da Giuda, ma lo fu dall'intero genere umano che alzò il calcagno contro di lui, ma nonostante questo Dio stabilì un nuovo patto proprio nel sangue versato dall'umanità ribelle, un patto di pace intriso di grazia e di perdono. L'accenno alla notte del tradimento in quella formula non fu solo la reminiscenza di un fatto storico avvenuto durante l'ultima cena ma l'annuncio che mentre Gesù il Figlio veniva tradito, Dio firmava col sangue una nuova alleanza con quella stessa umanità. Il calice amaro che Gesù aveva bevuto diventava così, per noi, e per Gesù risorto, il calice della festa e del perdono.
Quando c'è un tradimento il perdono è difficile, molto difficile fra gli umani. E fu molto costoso per Dio.
Quel perdono Gesù rese possibile fra noi e Dio e per far questo ci donò la sua vita. Ogni volta che mangiamo, ogni volta che beviamo noi ricordiamo il nostro tradimento e annunciamo la morte del Signore per noi finché Egli ritornerà.
Nel frattempo lo Spirito ci spinge verso il pentimento del nostro tradimento e il perdono dei tradimenti degli altri.