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SCACCO MATTO

Testo: 1° Corinzi 2, 1 -10

1 E io, fratelli, quando venni da voi, non venni ad annunciarvi la testimonianza di Dio con
eccellenza di parola o di sapienza; 2 poiché mi proposi di non sapere altro fra voi, fuorché Gesù Cristo e lui crocifisso. 3 Io sono stato presso di voi con debolezza, con timore e con gran
tremore; 4 la mia parola e la mia predicazione non consistettero in discorsi persuasivi di sapienza, ma in dimostrazione di Spirito e di potenza, 5 affinché la vostra fede fosse fondata non sulla
sapienza umana, ma sulla potenza di Dio.
6 Tuttavia a quelli tra di voi che sono maturi esponiamo una sapienza, però non una sapienza di questo mondo né dei dominatori di questo mondo, i quali stanno per essere annientati; 7 ma esponiamo la sapienza di Dio misteriosa e nascosta, che Dio aveva prima dei secoli predestinata a nostra gloria 8 e che nessuno dei dominatori di questo mondo ha conosciuta; perché, se l'avessero conosciuta, non avrebbero crocifisso il Signore della gloria. 9 Ma com'è scritto: «Le cose che occhio non vide, e che orecchio non udì, e che mai salirono nel cuore dell'uomo sono quelle che Dio ha preparate per coloro che lo amano». 10 A noi Dio le ha rivelate per mezzo dello Spirito, perché lo Spirito scruta ogni cosa, anche le profondità di Dio.

“La partita a scacchi che Dio gioca con la sapienza umana, e che vince sulla croce, occupa il centro della riflessione sulla verità della predicazione dell’evangelo come Paolo l’ha annunciato a Corinto”.
E’ la frase iniziale del paragrafo che Francois Vouga dedica ai primi due capitoli di I Corinzi nel libro “Per amore del mondo”, scritto insieme a Letizia Tomassone per la Claudiana (2013, p. 39). Una partita a scacchi, dice Vouga. Con mosse e contromosse che si risolvono in un accerchiamento e con il re che rimane solo sulla scacchiera. In scacco! La partita appariva a vista umana irrimediabilmente persa. La vicenda di Gesù con il suo epilogo di sangue non sembrava lasciar spazio ad alcuna pretesa di vittoria. Gesù non scese giù di croce come chiedevano con feroce sarcasmo coloro che avevano complottato per farlo morire per mano romana.
La croce fu il miracolo mancato, il contrario di ogni idea di un dio umanamente e razionalmente concepibile. Una sconfitta. Una fra milioni, di un "povero cristo" che si illudeva di cambiare gli equilibri di potere del mondo e che il mondo e i suoi poteri schiacciarono invece senza molti sforzi.
Come può un uomo che agonizza e muore nudo su una croce rappresentare una risposta convincente o almeno utile per un’umanità devastata dal male, dominata da poteri sempre più forti, confusa e spesso inconcludente?
La domanda che resta attualissima, viene affrontata in questa formidabile e intramontabile pagina biblica. L'occasione per questa trattazione è, come è noto, il contrasto fra i vari gruppi comunitari, ciascuno dei quali sosteneva un predicatore/apostolo come superiore agli altri per eloquenza e capacità retorica. Per smontare questa idea di vanto, di superiorità degli uni sugli altri, Paolo va al cuore della rivelazione cristiana che è la croce e la predicazione del Cristo crocifisso.
Al capitolo 1 giudei e greci rappresentano l’umanità che non si interroga sulla verità ma cerca conferme delle proprie convinzioni.
Miracoli e sapienza. Questo cercano giudei e greci. I miracoli servono a conquistare consenso intorno ad un’idea di dio che risolve i problemi e mostra potenza ultraterrena. La sapienza è quella capacità tutta umana di indagare, sistematizzare i pensieri, creare un’ideologia, un quadro di riferimento logico e coerente nel quale far rientrare ogni cosa, ogni situazione, ogni pensiero.
Miracoli e sapienza. Danno sicurezza. Confermano poteri stabiliti. Miracoli e sapienza funzionavano per avere successo. Per creare consenso.
Ma un uomo che muore sulla croce... cosa può avere a che fare con Dio? Che possa rappresentare una parte d’umanità, quella perdente, è più che ovvio. La tragedia di un’umanità uccisa insieme ai suoi sogni. Un’umanità umiliata e scacciata. Un fallimento, un rifiuto d’umanità, sì. Dio no! Dio è un’altra cosa. Potenza e sapienza sono un binomio divino. Croce e morte sembrano il suo contrario!
Paolo, l’apostolo dice che “poiché il mondo non ha conosciuto Dio mediante la propria sapienza è piaciuto a Dio nella sua sapienza di salvare i credenti con la pazzia della predicazione... noi predichiamo Cristo crocifisso che per i Giudei è scandalo e per gli stranieri pazzia, ma per quelli che sono chiamati, tanto Giudei quanto Greci, predichiamo Cristo, potenza di Dio e sapienza di Dio” (vv. 21, 23-24). Lo stesso evento compreso in maniera diametralmente opposta. Scandalo e pazzia, da una parte, potenza e sapienza dall’altra. Questo diceva Paolo 2000 anni fa.
E faceva due esempi pratici: il primo esempio era la composizione diciamo modesta delle comunità cristiane del suo tempo e in particolare di quella di Corinto ("Non ci sono tra voi molti sapienti secondo la carne, ecc." (vv. 26-30"). Il secondo esempio che rappresenta l'inizio del testo di oggi, era il tipo di predicazione dell'apostolo, non impregnata di retorica né di un linguaggio ricercato, ma presentato nella debolezza e nella precarietà. La potenza c'era ma era solo quella di Dio e del suo Spirito capace di trasformare i cuori, di rinnovarli, di sconfiggere la signoria della morte e avviare la vita eterna.
E oggi? Oggi in campo religioso i miracoli vanno ancora per la maggiore, una parte di umanità sofferente accorre in massa ai raduni miracolistici. Le ragioni? Le stesse di allora: si cerca il dio che risolve i problemi, che ci fa stare meglio e si cerca qualche prova tangibile di potenza ultraterrena che ci confermi nella nostra fede oscillante.
Per quanto riguarda la sapienza, oggi non ci sono ideologie dominanti nel campo della filosofia e delle scienze. Dell’ipotesi-dio si fa spesso e volentieri a meno. Ogni campo ha i suoi sapienti. La questione "dio" è relegata a nicchie ad essa riservate per tradizione. La nascita, la morte, qualche volta i matrimoni, per chi ama le coreografie, sono passaggi in cui c’è ancora un po’ di spazio per i linguaggi religiosi. Comunque in circoli colti generalmente non si cerca nessuna sapienza che abbia a che fare con il divino, nessun riferimento.
Eppure se noi predichiamo Cristo e Cristo crocifisso, è perché pensiamo che spesso nonostante la loro apparente indifferenza, il loro disincanto, lo smarrimento etico, l’uomo e la donna di oggi, se solo fossero disposti ad ammetterlo, saprebbero di avere gli stessi, medesimi bisogni degli uomini e delle donne di sempre. Il bisogno di essere accolti senza condizioni. Il bisogno di rialzarsi dalle cadute e ricominciare a sperare. Il bisogno di direzione nel cammino. Il bisogno di vita, il bisogno di amore. Il bisogno di essere perdonati. Il bisogno di perdonare. Il bisogno di qualcuno di cui fidarsi.
A questa umanità, quella che si cela dietro ogni guscio, ogni maschera, ogni atteggiamento più o meno costruito, a questa nostra umanità è indirizzato il Vangelo della croce.
Perché la parola della croce è Vangelo, buona notizia?
Cosa vuol dire che la pazzia di Dio è più saggia di quella umana?
Gesù rappresenta l’uomo che non ha nulla, nudo, abbandonato da tutti, l’uomo cui il mondo non riconosce qualità che lo rendono degno di vivere, ma che Dio innalza, chiama suo figlio e prende con sé nell’eternità e nella gioia. E’ l’uomo "senza qualità" che Dio accoglie con le sue qualità non riconosciute per innalzarlo. La buona notizia è l’accoglienza incondizionata per tutti, un’accoglienza possibile per chi entra nella dinamica della fiducia.
Fiducia in Cristo che si è affidato a Dio che a sua volta ha avuto fiducia in Cristo che dà fiducia a noi.
Questa è la pazzia di Dio che è più saggia degli uomini, la debolezza di Dio, più forte degli uomini (v. 25). E’ Dio pazzo d’amore che rischia se stesso nel figlio, che si prende gli sputi, che rinuncia all’onnipotenza per mostrarsi debole e vulnerabile.
La sfida dell’Evangelo allora come oggi è a credere in questa parola. A fidarsi di Dio e della sua lucida follia d’amore.
Per chi cerca miracoli che confermino la loro visione del mondo, il loro perbenismo e la loro religiosità questa accoglienza incondizionata è ancora scandalosa. Per chi cerca di inserire Dio in un’ideologia chiusa in se stessa, intollerante e fiera delle proprie verità questa croce con il suo carico di umanità fragile e violata rimane nei fatti, se non nella teoria, un’incomprensibile follia.
Ma per quelli che sono maturi c'è una sapienza. La parola della croce esprime una sapienza misteriosa e nascosta che Dio ci ha rivelato per mezzo dello Spirito. La pazzia della croce si svela dunque a noi per lo Spirito come la sapienza più profonda e più vera che viene dal cuore di Dio e, per lo Spirito, dal cuore di Dio passa direttamente al nostro cuore. Insomma la comprensione della croce, potremmo dire, la teologia della croce, è opera dello Spirito che trasforma lo sguardo sulle cose, sul mondo, su noi stessi, su Dio. Questo è il miracolo vero e duraturo che Dio ci dona e che ci cambia per sempre. Questa è la sapienza che capovolge la mentalità corrente, che svela quello che ancora appare nascosto, che fa impallidire quello che sulla terra sembra trionfare.
C’è una sottile ironia nelle cose che Dio ci rivela: questa sapienza misteriosa le potenze di questo mondo non l’hanno riconosciuta, “altrimenti non avrebbero crocifisso il Signore della gloria” (v.8).
Ecco la partita a scacchi sembrava vinta dalle potenze di questo mondo che avevano accerchiato il re rimasto solo sulla scacchiera e pensavano di averlo messo per sempre sotto scacco. Ma lo Spirito ci dice che Dio ha usato proprio la loro ultima mossa per capovolgerla nel suo contrario: la croce di Cristo si trasformò così nello scacco matto al peccato e alla morte. “Oh morte dov’è la tua vittoria? O morte dov’è il tuo dardo?” (15, 55)
Scacco matto. Contro ogni previsione. Gesù ha vinto per noi, nonostante noi. E se crediamo in Lui, allora noi siamo più che vincitori in virtù di Colui che ci ha amati. Questa è la buona notizia che ci è rivelata e che abbiamo ancora da annunciare. Lo Spirito poi fa il suo lavoro: scruta le profondità dei cuori e vi trova l'umano con i suoi bisogni, le sue incertezze. A questi cuori lo Spirito dona di conoscere Cristo il Dio vicino che soffre e muore, ma il cui amore vince.
E' questa vittoria sotto la specie di cogente sconfitta che lo Spirito fa conoscere a chi si apre a questa rivelazione. Lo Spirito di Dio parla al nostro spirito e ci rivela ciò che per altri resta nascosto. Sapienza vera che non conduce al senso di superiorità ma solo alla gratitudine.