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Il Salmo 23

La mia riflessione di oggi parte da un'osservazione che apparirà ovvia a molti e molte di voi: il salmo 23 è il testo biblico più citato, più amato e visitato. Il nostro libro comunitario che ha raccolto ben 110 testimonianze conferma questa preferenza e io mi sono chiesta semplicemente perché?
Molti di noi tranne poche eccezioni, vissuti in città, quasi ignorano il mestiere di pastore o ne abbiamo qualche idea solo perché mediata dalla Bibbia.
I patriarchi, a cominciare da Abramo fino a Giacobbe e tutti i suoi figli erano pastori di greggi. E forse per questo i re d'Israele a cominciare da Davide, anche lui pastore, erano considerati pastori del popolo. Il salmo 23 è attribuito a Davide forse proprio per questo. Solo qualche minuto per entrare un po' nello spirito di questo antichissimo mestiere.

IL MESTIERE DI PASTORE RACCONTATO DA UN PASTORE
Nel mestiere di pastore cose da fare ce ne sono, e non poche. Dipende dalla stagione, dipende da dove ci si trova, dipende da quanti animali ci sono nel gregge, dipende dalle condizioni meteo, dipende... Molti si chiederanno: "ma gli animali non mangiano da soli? dove sta l’abilità del pastore nel farli pascolare?" E’ vero. Mica nessuno porta al pascolo camosci, stambecchi, mufloni... Se la cavano da soli, no? E invece, anche in montagna, il pastore è sempre lì a sorvegliare, a guardare, a chiamare, spostare il gregge, mandare il cane. Bisogna però fare una distinzione tra l’alpeggio e la pianura. Sui monti, le pecore potrebbero anche rimanere da sole, non ci fosse il pericolo del lupo. Però anche lì se le pecore fossero "abbandonate" a se stesse, finirebbero per radunarsi sulla cresta, in alto, dove non sempre c’è molto da mangiare. Invece il pastore le guida, decide dove si va al pascolo giorno dopo giorno, cerca di evitare le zone più pericolose per la caduta dei sassi. Sa quando è necessario mandare il cane per farle girare e dove invece quest’operazione è controproducente, perchè un brusco mutare di direzione degli animali può portare ad ulteriori cadute di pietre, o a far ammucchiare le bestie. Decide quand’è ora di salire più in alto, quando invece si scende.
E d’autunno? E nell’inverno? Qui l’abilità conta ancora di più. Sono i giorni della fame d’erba, quando non sempre sai dove portare i tuoi animali affinchè si sfamino. Saper scegliere il percorso, sapere se è meglio pascolare un prato al mattino, una stoppia al pomeriggio. Valutare il foraggio, perchè basta poco, un errore del pastore, e gli animali gonfiano a causa del troppo mais o dell’erba medica, o di qualche altra erba di cui hanno fatto indigestione.
Decidere quando spostarsi, anche se le bestie hanno ancora il capo a terra. Oppure rimanere, anche se vanno avanti e indietro come se non ci fosse più niente da mangiare.
Non avere fretta, attendere che gli animali si sazino. Concedere loro il tempo per pascolare, per ruminare, aspettare che il caldo diminuisca in primavera o in estate, per poi riprendere a piegare la testa sull’erba. Attendere nonostante il vento, la pioggia, il freddo. Scegliere in base alle esigenze degli animali, e non a quelle dell’uomo. Ma è comunque il pastore che sa, che indirizza. Tanto è vero che quando una o più pecore restano fuori dal gregge per qualche motivo, nel momento in cui vengono recuperate sono "vuote", non hanno pascolato a sufficienza.
Non guardare l’orologio, ma solo le pecore. Perchè sono loro a farti capire se è ora di andare nel recinto, oppure si continua a pascolare anche dopo il tramonto. Il buon pastore capisce le esigenze dei suoi animali: quando stanno male, quando bisogna andare a bere al fiume, quando hanno voglia di sale. Insomma, come tutti i mestieri... bisogna saperlo fare. E se lo sai fare bene, vedrai i risultati: animali sani, di bell’aspetto, robusti.

https://www.youtube.com/watch?v=1E0drn6VKtE

Cosa attrae in questo salmo che ne ha fatto la preghiera per eccellenza per miriadi di credenti? Cosa rappresenta questo salmo per me e per te?
Abbiamo visto che:
Il pastore si prende cura,
il pastore protegge dai pericoli,
il pastore guida verso il buon cibo e buone acque,
il pastore vive in simbiosi con le pecore, si occupa delle più deboli, conosce ognuna di loro per nome,
il pastore cerca e cura le pecore che perdono la strada.

Quello che colpisce di questo mestiere è la relazione strettissima e per molti aspetti asimmetrica. La pecora da sola è completamente indifesa, la relazione con pastore e con le altre pecore le salva la vita. Il pastore vive con loro e di loro. Anche un pastore senza le sue pecore però è svuotato, non è più pastore.

Ma andiamo a vedere un po' da vicino questo salmo così amato.
Il Signore è il mio pastore, nulla mi manca.
La prima frase è quella che riassume il senso dell'intero salmo.
Il Signore è per me come un pastore, il mio rapporto con lui è di assoluta fiducia. Affidata a lui vivo nella certezza che nulla mi manca e nulla mai mi mancherà. (Il verbo è al presente e al futuro)
Tutto ciò che non mi mancherà è contenuto nel testo del salmo.
Egli mi fa giacere in verdeggianti pascoli, mi guida lungo le acque calme.
Il Signore mi guida verso luoghi dove avrò da mangiare e da bere. Mi fido di lui perché Egli sa dove portarmi, non mi mancherà da mangiare e della buona acqua da bere e non mi mancherà il riposo. La mia vita è nelle sue mani, la sua guida mi è preziosa, non mancherò dell'essenziale.
Mi ristora l'anima, possiamo meglio tradurre questa frase con "mi restituisce la vita". Il verbo infatti è Shub (ritornare) e Nefesh è "vita, soffio". Mi fa ritornare in vita. Quindi, mi restituisce quella vita che mi sembrava aver perso per sempre.
Mi conduce per sentieri di giustizia è un'espressione semitica che vuol dire "mi conduce dritto alla meta", ma forse si intende anche mi conduce su un cammino giusto che porta alla salvezza.
"Per amore del suo nome", che significa? Potremmo dire così: perché Dio è Dio e Dio ama per sua stessa natura, perché salvare, prendersi cura, guidare è quello che Dio fa. Dio salvando e prendendosi cura afferma chi Lui è, e il suo nome viene glorificato da noi che siamo oggetto della sua cura e da altri che ne prendono atto.
Quando anche camminassi nella valle dell'ombra della morte (o altra traduzione: "Dovessi anche passare per la valle più oscura") non temerei male alcuno perchè tu sei con me. Questa frase è di somma importanza. Il Signore è proprio come un pastore buono che è costantemente compagno di viaggio delle sue pecore, le ore del suo gregge sono le sue stesse ore, condivide gli stessi rischi, la stessa sete, la stessa fame, sta sotto il medesimo sole cocente di mezzogiorno, sta con loro nelle lunghe veglie notturne.
La metafora della notte, dell'ombra, dell'oscurità è una metafora che si aggiunge a quella del pastore. La valle oscura, l'ombra di morte che si staglia all'orizzonte incerto e nebbioso sono simboli appropriati per i momenti della vita in cui tutti contorni certi, le coordinate della nostra vita faticosamente individuate, sembrano svanire. Le nostre passioni si spengono, tutto intorno a noi appare precario, il cammino si fa sommamente incerto, gli occhi spalancati inutilmente nella notte sono simboli di notti insonni che sembrano non finire mai.
Ecco, ci dice il salmo, neppure in quei momenti di estremo pericolo, di buio, in cui i pensieri negativi ci occupano l'anima, in cui la nostra vita sembra essere irriconoscibile ed è come vedere la nostra immagine, che ci era familiare, attraverso specchi deformanti, nemmeno allora dobbiamo aver paura. Perché ecco: anche nella valle più oscura quando sembra che il timore della morte sembra aver preso il sopravvento, Tu sei con me!

Il tuo bastone e la tua verga sono il mio sostegno, mi danno sicureza. La verga che allontana eventuali pericoli sbucati dall'oscurità e il bastone ricurvo con cui il pastore può tirar fuori la pecora caduta in un dirupo ,ecco, questi mi danno sicurezza.
Questa la parte del salmo che usa in maniera semplice ma mille volte appropriata la metafora del pastore nel suo rapporto con la singola pecora. Questo simbolismo colpisce perché normalmente esso è usato nella Bibbia per parlare di Dio come pastore sottolineando non la singola pecora ma l'intero gregge, Israele tutta. Questa intimissima fiduciosa relazione costituisce la particolarità del salmo. Ce lo rende l'espressione più profonda del rapporto fra il/la credente e il suo Signore. Tuttavia questo restringere l'obiettivo dall'intero gregge alla singola pecora non toglie che ogni persona con cui il pastore instaura un fortissimo legame è parte di un gregge che è tutto insieme guidato, amato, curato, salvato, accompagnato dal pastore. Il Signore è il pastore di ognuno e di ognuna di noi ma anche di tutti e tutte. L'aspetto comunitario è quello che sta nello sfondo. Un gregge è un gregge se sta insieme e non si disperde solo perché alla sua guida c'è un pastore che è un pastore buono.

Nel salmo però c'è anche un'altra metafora, quella del Signore come Colui che offre ospitalità al viandante.
Tu imbandisci la mia tavola davanti ai miei nemici, dice al versetto 5.
Ecco Dio mi accoglie con ogni onore. Come Abramo e Sara accolsero gi angeli, o Dio stesso, alle querce di Mamre, ma a ruoli rovesciati. Non io accolgo Dio con ogni onore, ma Dio accoglie me nella sua tenda apparecchiando una ricca tavola per me. Mi accoglie e mi serve, ma lascia fuori i miei nemici. Quali nemici? Io ho nemici e non lo sapevo? Ai nemici possiamo dare ogni nome possibile. Posso farne un elenco: mi è nemico il cinismo, il conformismo, mi è nemica la paura, è mio nemico l'egoismo, il senso di superiorità, l'orizzonte ristretto, la parola insinuante, la cattiveria detta per ferire... devo continuare? Facciamo l'elenco dei nostri nemici, scopriremo forse che sarà molto lungo. Ebbene Dio invita me e te nella sua tenda e lascia fuori tutti i miei nemici e i tuoi e si mette a servirci.
Ho trovato l'identica scena raccontata da Gesù nel Vangelo di Luca 12, 37: Beati quei servi che il padrone, arrivando, troverà vigilanti! In verità io vi dico che egli si rimboccherà le vesti, li farà mettere a tavola e passerà a servirli. Ma non fece così anche Gesù quando si inginocchiò davanti ai suoi discepoli e lavò loro i piedi prima di mangiare?
Sì Dio ci accoglie nella sua tenda, apparecchia la tavola, ci profuma il capo benedicendoci con olio. Non siamo re e regine, ma la cerimonia è per noi. Questa è la particolarità di questo salmo. Non si parla di re e nemmeno di sacerdoti, Dio è un padrone di casa che si prende cura di noi e ci dà il massimo dell'onore. Ci riempie la coppa fino all'orlo, anzi ci dà vino traboccante, abbondante, simbolo di gioia, di pienezza, di grazia, di benedizione.

Attenzione diversamente dalla prima parte in cui del Signore si parla in terza persona, qui al Signore che ci ospita diamo del tu: "Tu imbandisci la tavola", tu ci dai un onore che non meritiamo, tu ci dai una felicità e una pienezza non oscurata da nulla, perché i nostri nemici sono rimasti fuori, hai vinto tu e noi siamo nella gioia della tua presenza.

Questo ci dice il salmo e poi continua con un'affermazione forte:
Certo!!!! Bontà e fedeltà piena di amore (beni e bontà dice la nostra Bibbia ma bontà e fedeltà piena d'amore è una traduzione più adeguata) mi accompagneranno tutti i giorni della mia vita.
Il mio nemico dubbio è rimasto fuori e io annuncio con tutta la forza che ho nel cuore una profezia che mi riguarda, che riguarda ognuno e ognuna di noi: La bontà e la fedeltà piena di amore non mi mancheranno mai. Ma io non la vedo a volte... Non la vedi per un tempo breve ma poi la vedrai e il cuore scoppierà di gioia La bontà di Dio che ci arriva anche guardando il cielo, contemplando la creazione ma soprattutto quella che ci viene narrata nelle storie della Bibbia, la bontà di Dio che si è fatta umana in Cristo, che è divenuto il pastore maltrattato, Colui che da pastore si è fatto pecora per amor nostro. E la fedeltà piena d'amore, quella di Colui che non si tira indietro, succeda quel che succeda.
Bontà e fedeltà piena di amore mi accompagneranno tutti i giorni della mia vita. E io abiterò nella casa del Signore per lunghi giorni.

Un'altro salmo amatissimo, il 27, dirà:
"Una cosa ho chiesto al Signore e quella ricerco, abitare nella casa del Signore tutti i giorni della mia vita per contemplare la bellezza del SIGNORE,
e meditare nel suo tempio".

Stare nella casa del Signore cosa significa? Stare al sicuro nel tempio? Certo il significato sarà anche stato quello, ma noi sappiamo che il tempio del Signore non è un luogo fisico, ma è Cristo stesso e noi in Lui diventiamo anche noi tempio dello Spirito Santo, individualmente e come comunità raccolta intorno a Lui.
Dunque noi prendiamo dimora in Gesù e Lui prende dimora in noi.
Quando Pietro, Giacomo e Giovanni contemplarono la gloria di Gesù trasfigurato sul monte volevano rimanenerci facendo tre tende. Ma il Signore ci dice che noi siamo invitati da Lui e che con Lui non ci mancherà mai niente.

Abbiamo fatto una lettura, una semplice lettura del salmo più amato. Ora forse lo amiamo ancora di più. Perché ci fa sentire amati, guidati, curati, sempre in compagnia, quale che sia il momento che viviamo, ci fa sentire importanti se Dio stesso imbandisce una tavola ricca e si mette a servirci. Tutto questo ci fa desiderare di restare in questa compagnia senza più sentirci soli, ci fa desiderare quella gioia che solo può venire nel profondo delle nostre viscere quando al cospetto di Dio i nostri nemici si tacciono con le loro insinuazioni.
Dio ha vinto in noi e per noi e noi siamo nella gioia