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31 ottobre 2021 - Il culto cristiano e la Riforma

Testi:
I Pietro 2, 4-5
4 Accostandovi a lui, pietra vivente, rifiutata dagli uomini, ma davanti a Dio scelta e preziosa, 5 anche voi, come pietre viventi, siete edificati per formare una casa spirituale, un sacerdozio santo, per offrire sacrifici spirituali, graditi a Dio per mezzo di Gesù Cristo.

I Corinzi 14, 26
Quando vi riunite, avendo ciascuno di voi un salmo, o un insegnamento, o una rivelazione, o un parlare in altra lingua, o un'interpretazione, si faccia ogni cosa per l'edificazione.

Oggi ricordiamo la Riforma Protestante iniziata nel 1517 proprio il 31 ottobre con la celebre affissione delle tesi di Lutero sul portone della Cattedrale di Wittemberg.
Erano tesi che confutavano la prassi della vendita delle indulgenze in Europa, cioè volevano aprire una discussione, sulla base delle Scritture, sul mercato della grazia di Dio, possiamo forse dire. L'idea di fondo era: la Grazia di Dio in Cristo che rende possibile il perdono dei peccati non può essere venduta e acquistata. Dio donò suo figlio per amor nostro, nulla può essere aggiunto, e nulla può essere tolto a questo amore sconfinato che Gesù Cristo ha manifestato al mondo.

Da quel momento per ragioni storiche complesse si aprì a partire dalla Germania il grande movimento di rinnovamento della Chiesa cristiana che cambiò per sempre il volto dell'Europa.
Purtroppo questo movimento che infiammò gli animi e appassionò teologi e semplici fedeli, cittadini e principi non fu accolto dai vertici della Chiesa di allora come uno stimolo al rinnovamento e da proposta di riforma divenne controversia, conflitto, guerra.
Oggi dopo 5 secoli tutto è cambiato. C'è ascolto reciproco, ci sono dialoghi ecumenici che sono aperti e attivi fra le varie confessioni cristiane. Permangono delle differenze fra le chiese ma almeno una parte di esse non ritiene di usare toni di accusa verso altre chiese che non condivide alcune dottrine delle altre. C'è rispetto e ascolto.

Oggi vorrei parlare del culto cristiano, anche ricordando alcune importanti riscoperte bibliche che portarono a grandi cambiamenti nelle chiese della Riforma.

Il culto cristiano all'epoca si chiamava "messa", e così si chiama anche ora per i cattolici. Anche gli anglicani usano a volte questo nome. La parola (lat. missa) originariamente si riferiva al momento in cui i catecumeni erano mandati via dalla celebrazione prima della distribuzione dell'eucaristia alla quale ancora non potevano partecipare. Poi questo nome è diventato una semplice espressione di congedo (Ite missa est). Infine "messa" si è affermata come termine che comprendeva tutta la liturgia al cui centro c'era appunto l'eucarestia.

Al tempo della Riforma ha avuto un'enorme importanza la riforma della liturgia, del culto cristiano, diremmo noi.
Perché è importante come si svolge il culto? Cos'è un culto cristiano?

Fra le possibili definizioni: Il culto è:
• comunicazione collettiva della fede cristiana;
• è adorazione, servizio reso a Dio;
• è la comunità che prega e predica la parola (Paolo: prega e profetizza);
• è la comunità corpo di Cristo che condivide la Parola e la cena del Signore;
• è la comunità che pubblicamente annuncia Cristo per convertire i non credenti e nutrire la fede dei
credenti;
• il culto è anche battesimale, cioè il tempo in cui i/le credenti testimoniano della loro fede col
battesimo;
• il culto attraverso la Parola letta e predicata annuncia Cristo, la sua incarnazione, la sua vita, la sua
morte, la sua resurrezione, il dono dello Spirito nei tempi liturgici diversi: Natale, la settimana di passione che culmina con la Pasqua, Ascensione, Pentecoste.

Per i riformatori e anche per noi, il culto deve rispecchiare la fede cristiana biblicamente fondata. Nel tempo nuovo della Riforma tutto doveva passare il vaglio della Scrittura.

Quali furono le maggiori critiche di Lutero alla messa di allora, passata al vaglio delle Scritture?

Ne vorrei citare tre:
(1) la critica al sacramento dell'ordinazione e del sacerdozio,
(2) la critica dell'eucaristia come un sacrificio ripetuto e offerto dal sacerdote a Dio; (3) la critica radicale alla "messa privata".

(1) Alla luce delle Scritture viene messo in questione il sacerdozio ordinato come sacramento. Il sacramento dell'ordinazione non viene riscontrato nel Vangelo e nell'epistolario paolino. La divisione netta fra credenti battezzati e sacerdoti non ha ragione di essere.
Al centro di questa critica c'è:
(a)la varietà di doni e di ministeri espressa da tutto il Nuovo Testamento dove però mai si parla di sacerdozio;
(b) l'Epistola agli ebrei in cui si scrive con chiarezza che il sacerdozio levitico è abolito e Gesù è l'unico e ultimo sommo sacerdote secondo l'ordine di Melchisedek (ordine diverso da quello levitico e unico). Come tale è l'unico mediatore fra Dio e umanità. I pastori non sono sacerdoti, ma sono persone cui è conferito un incarico da parte della Chiesa, quello di predicare e di celebrare i sacramenti, ma è la chiesa che li celebra, è la chiesa che incarica qualcuno a farlo.
(c) Il sacerdozio di ogni credente di cui parla la I epistola di Pietro.

(2) La seconda critica molto forte di Lutero è all'eucarestia come sacrificio offerto dal sacerdote a Dio. Lutero afferma sempre sulla base della lettera agli ebrei che il sacrificio unico è quello di Cristo, Lui è stato l'ultimo sacrificio compiuto e valido una volta e per tutte. Non ci può essere ripetizione giornaliera di questo sacrificio. I sacerdoti non offrono a Dio un sacrificio. Al contrario è Dio che lo ha offerto per amor nostro. "Il nostro ufficio - scrisse Lutero - è e deve essere questo: non fare, e nemmeno trasformare, ma solamente porgere, dare (...) Egli porge e dà attraverso la sua predicazione, l'evangelo. (...) Non rimane altro per il ministero pastorale o della predicazione, che quest'unica opera: dare o porgere l'evangelo che Cristo ha comandato di predicare".

(3) La terza critica molto forte è alla "messa privata", cioè all'uso che c'era allora (e c'è in parte ancora oggi) che il prete officiasse la messa da solo, senza predicazione e senza coinvolgimento di altri. La messa serviva per "accumulavano meriti". Questa messa celebrata in solitaria era considerata completa in sé nella mentalità della chiesa di allora. Era il sacerdote che offriva Cristo in sacrificio per se stesso, per il mondo o per beneficiari privati. E amministrava il sacramento per se stesso che solo mangiava e beveva "corpo e sangue" di Gesù senza neppure dire ad alta voce le parole dell'istituzione della Cena. Ai tempi di Lutero, erano parole da considerare "segrete", e perciò sussurrate senza condividerle. Non si comunicava la parola di Dio a qualcuno, non si offriva pane e vino. Niente. Questo tipo di messe private si facevano molto all'epoca. Lutero passando in rassegna tutti i testi del Nuovo testamento in cui si parla di Cena del Signore dice che la cena non è mai un sacrificio ma annuncio dell'amore di Dio e quindi deve essere proclamato ad alta voce e in modo comprensibile a tutti e nessuno deve essere privato del pane e del vino. Il vino allora come oggi non veniva dato ai credenti ma solo il prete poteva berlo.
Ci sono tante altre critiche che Lutero fa alla chiesa sua contemporanea che ha poi portato alla riforma della liturgia in senso protestante. Ma ho raggruppato queste tre perché sono le più importanti: no al sacramento dell'ordine che separa i fedeli dai sacerdoti, no al sacrificio della messa, no alla messa privata che trasforma il segno della Cena del Signore in un rito privato misterioso e incomprensibile. Sì al sacerdozio di tutti i credenti e le credenti, sì alla cena come predicazione in atto; sì ad una cena aperta e condivisa con i fedeli, pane e vino. Ma soprattutto sì ad un culto in cui al centro ci fosse la predicazione di Cristo, della grazia e dell'amore di Dio.

Comprendiamo così che anche noi siamo figli e figlie di questa Riforma anche se naturalmente le cose sono andate avanti e ci sono stati cambiamenti. Ma non è cambiata la sostanza.

Anche per noi il culto deve rispecchiare la nostra fede biblicamente fondata e mettere in evidenza ciò che riteniamo più importante. Il culto è lo specchio di quello che siamo.
Se tutti siamo sacerdoti dovremmo rendere visibile questo nei nostri culti rendendolo più partecipato. Se la nostra comunità è intergenerazionale e interculturale anche questo deve poter essere reso visibile maggiormente da come si svolge il culto. Il culto è corale, è una musica polifonica. Deve risuonare una musica bella e dolce che rispecchia varie sensibilità.

Chiediamoci: cosa comunichiamo nei nostri culti? Gioia o noia? Abitudine e ritualità (tendenza a non voler cambiare nulla) o ricerca comunitaria della volontà di Dio e quindi ascolto di tutte le voci?
Se il culto è soprattutto annuncio dell'amore di Dio, è veramente questo che comunichiamo a tutti, a chi viene sempre e a chi si affaccia per le prime volte nella nostra comunità? Comunichiamo amore, accoglienza, inclusività? O comunichiamo autosufficienza, presunzione, boria?
Quali sono gli elementi non teologici che aiutano la comunicazione dell'Evangelo e quali possono disturbare questa comunicazione?
Vedere un locale di culto sporco o in disordine comunica che questo luogo non conta per noi, non lo riteniamo importante come casa nostra.
Controllare il telefonino durante il culto comunica disinteresse.
Venire al culto una volta sì e tre no, comunica agli altri che la fede ha un posto secondario nella nostra vita e non siamo interessati a svolgere davvero un sacerdozio comunitario. Seguire il culto come uno spettacolo, dall'esterno, come spettatori non rende il culto espressione dell'intero corpo di Cristo.
Il culto è anche sperimentazione, i gusti cambiano, cambiano anche i linguaggi. I giovani in particolare sentono che lo Spirito può parlar loro diversamente oggi che in passato. Bisogna aprirsi a nuovi linguaggi senza paura. Altrimenti lasciamo fuori le nuove generazioni e questo non lo vogliamo. Le nostre radici restano le stesse, la fede neotestamentaria anche, ma la chiesa è sempre in riforma! Altrimenti tradiamo proprio lo spirito di quella Riforma di cui oggi celebriamo i 504 anni di vita.