Questo sito web utilizza cookie per fornirti la migliore esperienza di navigazione.

Una meditazione sulle due nature di Cristo a partire dal Cenacolo di Leonardo

Giovanni 13:21-27 21

Dette queste cose, Gesù fu turbato nello spirito e, apertamente, così dichiarò: «In verità, in verità vi dico che uno di voi mi tradirà». 22 I discepoli si guardavano l'un l'altro, non sapendo di chi parlasse. 23 Ora, a tavola, inclinato sul petto di Gesù, stava uno dei discepoli, quello che Gesù amava. 24 Simon Pietro gli fece cenno di domandare chi fosse colui del quale parlava. 25 Egli, chinatosi sul petto di Gesù, gli domandò: «Signore, chi è?» 26 Gesù rispose: «È quello al quale darò il boccone dopo averlo intinto». E intinto il boccone, lo prese e lo diede a Giuda, figlio di Simone Iscariota. 27 Allora, dopo il boccone, Satana entrò in lui. Per cui Gesù gli disse: «Quel che fai, fallo presto».

Matteo 26:26-29 26</p> <p style="text-align: justify;">Mentre mangiavano, Gesù prese del pane e, dopo aver detto la benedizione, lo spezzò e lo diede ai suoi discepoli dicendo: «Prendete, mangiate, questo è il mio corpo». 27 Poi, preso un calice e rese grazie, lo diede loro, dicendo: «Bevetene tutti, 28 perché questo è il mio sangue, il sangue del patto, il quale è sparso per molti per il perdono dei peccati. 29 Vi dico che da ora in poi non berrò più di questo frutto della vigna, fino al giorno che lo berrò nuovo con voi nel regno del Padre mio». Per la meditazione di questa mattina prendo le mosse dal Cenacolo di Leonardo. In settimana lo abbiamo visitato assieme anche a Simone e Dianette.




Il Cenacolo a motivo della tecnica scelta da Leonardo, si è lentamente sbiadito. Leonardo decise di dipingerlo a secco, confidando nella conservazione dei colori, perché la normale tecnica dell'affresco avrebbe comportato un'esecuzione dell'opera molto rapida. Ma lui voleva fare un Cenacolo diverso dal consueto e soprattutto voleva farlo pensandoci e riflettendo. L'opera infatti è stato completata nell'arco di quattro anni di lavoro in cui Leonardo si dedicò a giorni con maggior lena e in altri momenti con lunghe pause di riflessione. La scena coglie l'attimo in cui Gesù fece la sconcertante dichiarazione che abbiamo appena letto nella versione di Giovanni. Gesù dichiara, turbato, che qualcuno sta per tradirlo. Allo sconcerto succede immediatamente la concitazione. Leonardo coglie il momento in un quadro in cui tutto si muove e l'espressione di stupore è resa sia dai volti che dalle mani.




Naturalmente tanto si potrebbe dire sui dettagli, sulla organizzazione degli spazi, in cui i discepoli vengono presentati a gruppi di tre. Per molte note istruttive vi rimando al video su youtube di Luca Frigerio. Per lo scopo di questa meditazione desidero soffermarmi sulla figura di Giuda e di Gesù. La dichiarazione di Gesù semina il panico. Probabilmente perché il traditore era uno solo, Giuda, ma tutti gli altri, erano a rischio di abbandono nel momento della possibile disfatta. In ogni caso, la postura di Giuda esprime il fatto che egli si sente scovato dalle parole di Gesù. Il testo di Giovanni dice, all'inizio del capitolo 13 che il diavolo aveva già messo in cuore a Giuda di tradirlo. Poi specifica il momento in cui il diavolo entrò in lui, e infine, egli si destò per consegnarlo. Il tradimento ha le sue fasi e Leonardo lo rappresenta con il volto oscuro del traditore. Veniamo a Gesù.Vediamo la sua immagine. Lo sguardo di Gesù è perso nel vuoto. La sua postura indica al tempo stesso mestizia e solennità. Egli è al centro del dipinto, al centro di tutti i discepoli, ma è solo. Come vedete le mani si protendono verso di lui, ma nessuno lo tocca. La sua postura, come si vede chiaramente è inscritta in un triangolo che forse allude al suo rapporto col Padre e con lo Spirito. La cosa molto interessante che fa notare Frigerio nel suo commento è che, diversamente dai cenacoli che venivano dipinti all'epoca, qui non ci sono le aureole. Molti dipingevano l'aureola di Giuda in nero per renderlo riconoscibile. Qui è importante notare che solo il volto di Gesù è incorniciato dallo sfondo del quadro. Ed il suo capo è esattamente diviso a metà, con lo sfondo del cielo, nella parte superiore e il paesaggio delle colline, nella parte inferiore del capo. Non una aureola, ma una maniera per alludere alle due nature di Gesù, quella umana e quella divina. In questo periodo, io e Anna stiamo studiando proprio la questione storica e dogmatica delle due nature di Gesù. Ed è davvero un rompicapo. Una discussione difficile, durata secoli. Che i testi biblici rimandino a queste due nature è fuor di dubbio, perché Gesù, da una parte soffre ed è soggetto ai bisogni fisici come ogni essere umano. Ma, dall'altra, compie atti e dice parole che mostrano di essere abitato da Dio stesso, dalla “pienezza della deità” come scrive la epistola ai Colossesi. Ma come stanno insieme queste due nature, senza che questo indichi una sorta di schizofrenia? Come si fondono senza che una stia semplicemente di fianco all'altra, ma che formino una stessa essenza? Torniamo al quadro. La natura umana di Gesù è espressa in questa sua condizione di uomo tradito. La solitudine: il tradito è lasciato solo. Egli, da un momento all'altro deve riconoscere che una persona con cui stava assieme da tanto tempo, in realtà era un traditore. Essere traditi significa essere profondamente destabilizzati: ma allora era traditore da sempre? Allora tutte le volte che diceva di amarmi, mentiva? Da quanto tempo meditava di (s)vendermi?
Il tradito sente minacciata anche la sua autostima: “Forse meritavo di essere tradito”, “Forse sono io che non sono stato all'altezza di essere meritevole di fedeltà” “Forse non ho fatto abbastanza per lui”. Insomma il tradito è devastato sovente anche dai sensi di colpa e dopo il momento del furore viene quello dello sprofondamento nella tristezza. Ecco quello che ci sembra di cogliere in Gesù nel quadro di Leonardo: solitudine e tristezza. D'altra parte anche il resto dei discepoli sta per abbandonarlo e Gesù avrà percepito anche questo. Questa prima linea descrive la condizione di Gesù nella sua profonda umanità. Egli sa, come Giovanni sottolinea in particolar modo, che ormai sta per arrivare a capolinea, e questo si accompagna col tradimento e l'abbandono dei suoi. Un vero disastro. Questa è la parte del volto che ha per sfondo la terra. La sua natura umana. Ma nello stesso tempo, quel Cenacolo, è anche l'occasione di quel che chiamiamo l'istituzione della Cena del Signore, della Santa Cena, o della Eucarestia, come denominata da altri. Il pane e il vino sono davanti a Gesù. Le parole di accompagnamento svelano un'altra natura e un'altra dimensione “sussistente” e “contemporanea” nel quadro. Gesù pienamente in sé. Preso e compreso del e nel suo rapporto con Dio e con lo Spirito. Ma soprattutto intento ad offrire un gesto e delle parole ai discepoli, perché essi possano fare memoria di Lui ed essere uniti a Lui in una profonda comunione. Nel gesto di premura e perciò di amore, emerge, simultanea, l'altra natura. Quella divina che conduce al perdono e alla ricostituzione della comunità mediante il suo sacrificio. C'è solo un altro punto in cui queste due nature, “sussistenti” si esprimono con intensità pari a questa, ed è quando Gesù muore sulla croce e pronuncia parole di perdono, di amorevole affidamento di Maria al discepolo amato e viceversa. La croce è espressione massima della umanità di Gesù, ed al tempo stesso è manifestazione della potenza dell'amore di Dio che riscatta, salva, redime. Le mani di Gesù, dicono questo duplice movimento. Una mano rivolta verso l'alto implora, invoca, il soccorso divino. E' la mano della natura umana. L'altra benedice la mensa e dunque i discepoli: è la mano della Provvidenza divina “incarnata” nell'amore di Gesù. Questa mattina, la mia predicazione è un invito alla meditazione e alla contemplazione di queste due nature di Gesù. Quella divina non inficia la natura umana, ma la impregna. Così Gesù nella sua divinità massima, se così si può dire, è ancora più umano. Provate a chiedere a voi stessi come avete messo insieme, non tanto intellettualmente, ma spiritualmente, queste due nature di Gesù nella vostra vita di fede, nella vostra teologia. Non c'è forse una indicazione, per certi versi nuova e suggestiva: La via più alta per la nostra spiritualità, sta nell'abbracciare la nostra umanità e non nel rifuggirla o disprezzarla. Diventare umani, sì diventare più umani, e quindi più vulnerabili, ma anche più compassionevoli, porta in sé la promessa e la certezza della vita eterna con Cristo.