Corpi da riscattare
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- Scritto da Anna Maffei e Massimo Aprile
Testo: Marco 5, 21-34
21 Gesù passò di nuovo in barca all'altra riva, e una gran folla si radunò attorno a lui; ed egli stava presso il mare. 22 Ecco venire uno dei capi della sinagoga, chiamato Iairo, il quale, vedutolo, gli si gettò ai piedi 23 e lo pregò con insistenza, dicendo: «La mia bambina sta morendo. Vieni a posare le mani su di lei, affinché sia salva e viva». 24 Gesù andò con lui, e molta gente lo seguiva e lo stringeva da ogni parte. 25 Una donna, che aveva perdite di sangue da dodici anni, 26 e che molto aveva sofferto da molti medici e aveva speso tutto ciò che possedeva senza nessun giovamento, anzi era piuttosto peggiorata, 27 avendo udito parlare di Gesù, venne dietro tra la folla e gli toccò la veste, perché diceva: 28 «Se riesco a toccare almeno le sue vesti, sarò salva». 29 In quell'istante la sua emorragia ristagnò; ed ella sentì nel suo corpo di essere guarita da quella malattia. 30 Subito Gesù, conscio della potenza che era emanata da lui, voltatosi indietro verso quella folla, disse: «Chi mi ha toccato le vesti?» 31 I suoi discepoli gli dissero: «Tu vedi come la folla ti si stringe attorno e dici: "Chi mi ha toccato?"» 32 Ed egli guardava attorno per vedere colei che aveva fatto questo. 33 Ma la donna paurosa e tremante, ben sapendo quello che era avvenuto in lei, venne, gli si gettò ai piedi e gli disse tutta la verità. 34 Ma Gesù le disse: «Figliola, la tua fede ti ha salvata; va' in pace e sii guarita dal tuo male».
Chi ha preparato i materiali di riflessione sul Tempo del creato, quest'anno ci ha anche invitato a riflettere sui corpi.
E' il secondo anno di pandemia. Abbiamo una malattia che continua a contagiare e il virus a mutare, rinnovando la sua pericolosità e, per la prima volta, almeno nella mia generazione, abbiamo avuto la percezione collettiva di essere collettivamente corpi in costante pericolo. Ci siamo resi conto come mai prima, che la vita, la vita che conosciamo e che condividiamo è tutta "incarnata". Ed è fragile, va protetta, va difesa. Abbiamo constatato che a questa protezione non eravamo attrezzati. Complessivamente è stato un disastro, anche nei paesi più ricchi. In quelli più poveri il disastro continua.
Come abbiamo vissuto questa nuova consapevolezza collettiva? L'abbiamo vissuta con un legittimo atteggiamento di difesa. Ognuno protegge il suo corpo distanziandosi dai corpi degli altri, potenzialmente contagiosi. E questo distanziamento ormai dura da 18 mesi e ancora non sappiamo quando finirà. I vaccini ci hanno resi meno ansiosi in questa parte del mondo, forse, ma non hanno risolto il problema, almeno per ora.
Abbiamo anche capito in questi 18 mesi che ci sono corpi più vulnerabili di altri (anziani, immunodepressi, persone con problematiche polmonari o con malattie croniche) e ci sono popoli più in pericolo rispetto agli altri, perché più poveri e quindi con limitato accesso ai vaccini.
E ancora abbiamo messo a fuoco che la pandemia è esplosa e si è diffusa così tanto perché è stata forse originata e certo favorita dal nostro sistema di vita con il 50% della popolazione mondiale assiepata in megalopoli sovraffollate e mancanti di infrastrutture adeguate e dalla crescente deforestazione.
E infine che la pandemia è diventata una "sindemia", cioè la pandemia ha portato con sé conseguenze nel campo sociale, del lavoro o della sua assenza, economico, psicologico e così via.
Si è ammalato tutto il sistema di vita, potremmo dire, o meglio, si sono evidenziate e aggravante ancora di più malattie sociali e diseguaglianze già esistenti che non si volevano vedere.
Ritornando al tema del corpo e della sua fragilità, ho pensato di rifletterci insieme a partire dal testo che abbiamo letto in Marco 5, 21-34.
La donna che si accosta a Gesù furtivamente rappresenta l'umanità nascosta che vive in solitudine il proprio bisogno di vita.
Il testo ci dice che la donna da ben 12 anni era affetta da una malattia che la isolava e la separava da tutti gli altri. La sua costante emorragia la rendeva ritualmente impura. La legge era chiara: nessuno poteva toccare lei e gli oggetti che lei usava. Doveva vivere sola. E immaginiamo che vivesse un continuo dissidio interiore. Da una parte, il dover dire a tutti: "Non avvicinarti, non mi toccare, non farti infettare!" e quindi cercare di scansare ogni contatto per rispetto degli altri; e, dall'altra parte, il desiderio di stare con gli altri, di essere come gli altri. E di lì i mille tentativi di uscire dall'angolo e pensare: "Forse questo medico riuscirà a guarirmi, forse ce n'è un altro migliore, anche se più caro". E in 12 anni la catena delle delusioni si era allungata sempre di più. Aveva speso tutti i suoi averi e non si era mai rassegnata. Intanto col suo sangue ogni giorno la vita fluiva via da lei, le dava un senso di sporco, la faceva sentire in colpa, l'umiliava. Il suo corpo era diventato un peso insopportabile, un corpo in perdita. Un ingombro.
Questo è il caso di una donna costretta al nascondimento, alla vergogna, all'isolamento.
Faccio una piccola pausa per poi tornare alla vicenda di questa donna.
Chi nel nostro mondo vive situazioni simili? Un misto di isolamento, vergogna, desiderio di liberazione e riscatto? Una messa al margine senza appelli? Una negazione del corpo?
Mi vengono in mente i corpi dei disabili, come per secoli, sono stati e sono corpi messi al margine, isolati, respinti. E' molto recente, rispetto alla lunga storia umana, che la disabilità non sia più vissuta come una vergogna. C'entra la religione in questo? Sì, spesso c'entra, in quanto la disabilità è stata associata quasi dappertutto con la colpa. Ricordate la domanda sempre attuale: chi ha peccato lui o i suoi genitori riferita ad un uomo nato cieco? E c'entra la superstizione ancora diffusissima che vede nella malattia cronica una maledizione.
Chi altri vede il proprio corpo negato, respinto, isolato? I senza casa, gli homeless. Sono corpi percepiti ingombranti, fastidiosi, sporchi. Non si devono vedere, danno fastidio a chi passa. E così capita che qualcuno li prenda a calci, altri danno loro fuoco.
A questi possiamo aggiungere coloro che mendicano in generale, coloro che vagano nelle nostre città senza permesso di soggiorno e quindi nessuna possibilità di lavoro legale e di vita dignitosa. La loro stessa presenza disturba, il loro chiedere dà fastidio. Corpi rifiutati. Costretti alla clandestinità.
Poi ci sono i corpi lasciati morire in mare, che sono percepiti come in più, che non c'entrano nelle nostre società. Si agisce perché non siano salvati ma lasciati al loro destino. Esseri umani, pur giovani e sani, ma in sovrannumero a priori e a prescindere da qualsiasi considerazione altra.
Poi ci sono i corpi negati, da nascondere. Sono le donne costrette a coprirsi completamente. Sono i corpi privati, cioè corpi considerati proprietà degli uomini di casa, corpi che non possono essere mostrati a nessuno. Corpi negati. Corpi espropriati.
Poi ci sono i corpi uccisi o mutilati nelle guerre dimenticate. Corpi di bambini che saltano su mine a forma di giocattoli, lasciate là da decenni. Corpi dilaniati che nessuno vede e per i quali nessuno protesta.
Ancora, corpi in prigione, persone i cui diritti sono dimenticati. Sono gli invisibili per eccellenza. Quelli che: "Chiudili dentro e butta via la chiave!".
Tutti questi sono corpi offesi, negati, messi ai margini, lasciati andare. In gran parte questi corpi sono corpi che la società rifiuta. E questo rifiuto è parte integrante della malattia di cui soffrono e si ammalano.
Anche i corpi degli animali sono corpi espropriati e segregati, spesso uccisi, corpi negati e lasciati morire con indifferenza specie quelli ammassati in allevamente intensivi. Come non soffrissero... E invece soffrono. Ma spero che di questo possiamo parlarne un'altra volta con calma. Restiamo per ora con i corpi umani.
Tutti questi corpi sono persone, perchè come detto, ogni esistenza umana è "incarnata". E ogni persona è quindi un altro noi. Pensiamoci.
Torniamo ora alla nostra storia biblica. E' una storia unica per come si svolge. Lei era testarda e le provava tutte. Aveva sentito della presenza in paese di questo Gesù, maestro d'Israele e guaritore, non sapeva molto altro di lui ma escogita un piano audace, trasgressivo. Prima di tutto doveva restare nascosta. Era abituata a nascondersi, ma questa volta doveva passare inosservata in mezzo alla ressa. Decide di farlo anche se questo comportava spargere la sua condizione di impurità su tutti quelli che la toccavano. Perciò lo fa in clandestinità. Non aveva altra scelta. Cogli l'attimo. Forse - pensa è la mia ultima occasione, chissà...
S' infila e da dietro riesce a toccare la veste di Gesù. Si accorge subito che l'emorragia di vita si ferma ed è pronta, con la felicità nel cuore, ad andarsene, non vista. Gesù invece la spiazza. Anche lui aveva sentito una potenza di vita sgorgare dal suo corpo per colmare un vuoto di vita e cercava fra la folla colei che l'aveva ricevuta.
Una ricerca che appariva strana. Chiese infatti alla folla che lo stringeva da ogni lato: "Chi mi ha toccato?".
Poteva lasciar perdere, Gesù, no? Perché chiedere che la donna si palesasse? Non avrebbe messo la donna in difficoltà? E in effetti è così che si sente la donna, tremante e piena di paura.
Spesso basta conoscere solo un episodio della vita di una persona e la si conosce per intero. In questi momenti decisivi siamo presenti nella nostra interezza. Nel protendersi verso Gesù e toccare la sua veste c'era tutta la vita di questa donna: sofferenza, paura, speranza, fiducia e desiderio. Desiderio di un contatto vero, un contatto che la guarisca. Finalmente.
Per questo, avendo ottenuto quella guarigione tanto attesa, ora aveva paura di svelarsi, paura di essere giudicata e paura di essere ricacciata nell'angolo buio da dove era venuta. Eppure, ecco la donna farsi strada nella ressa. Un atto di coraggio, un altro, tremava sì ma aveva anche provato una potenza d'amore che l'aveva guarita. E' quello che la spinge a fidarsi, ancora una volta Racconta la sua storia, non dice bugie.. Aspetta... Gesù l'ascolta, senza l'ombra di un giudizio. E poi apertamente, pubblicamente l'accoglie. "Figliola", le dice, figliola!!! E poi la frase più bella , una delle più complesse e vere delle parole di Gesù: "La tua fede ti ha salvata!". Non la rimprovera, non si preoccupa del suo coraggio trasgressivo, non accenna al suo toccare pericoloso. Ne ammira la fede, il coraggio, la tenacia. Ecco perché non aveva voluto lasciarla andare perché la parola di Gesù che l'accoglieva col suo corpo che era stato tanto a lungo emarginato, faceva parte del suo processo di guarigione. Una guarigione fisica, spirituale, sociale, un'accoglienza senza remore, piena. Di più! Un innalzamento: la tua fede ti ha salvata, va' in pace! La pace è guarigione da tutti
i punti di vista. Lo Shalom liberatore di Dio sarà con lei, che ora cammina a testa alta senza più la necessità di nascondersi. Dio sia lodato!!!
Che dice questa storia del rapporto di Gesù con il corpo?
Il suo comportamento con questa donna che venne allo scoperto fu liberatorio, accogliente, non giudicante. In questo tempo dobbiamo tenerlo a mente. La pandemia ci ha temporaneamente allontanato fisicamente, stiamo a distanza per non farci del male, ancora per un po', ma facciamo attenzione a che questa cautela che ancora dobbiamo avere per amore dell'altro/a non contribuisca a sviluppare col tempo un allontanamento, un'avversione verso i corpi degli altri.
Ricordiamocelo! Per lui non ci sono corpi da cancellare, corpi di cui vergognarsi, corpi da rendere invisibili, corpi da segregare, corpi da dimenticare, corpi da nascondere, corpi da violare, corpi da ferire, corpi da isolare, corpi da uccidere.
Anzi, questo fu esattamente quanto accadde a Gesù stesso. Il suo corpo fu un corpo cancellato, emarginato, colpito, violato, ferito, tolto di mezzo, ucciso.
Quel corpo l'umanità violenta voleva cancellare per sempre ma da Dio uscì una potenza d'amore che restituì vita al corpo gettato nelle tenebre di morte. Nascosto in una tomba il suo corpo fu liberato dalle fasce e restituito alla vita e alla vita eterna.
Il corpo è il tempio dello Spirito - scrisse Paolo ai Corinzi. Dovette ricordarglielo perché se lo erano dimenticato. Anche noi a volte lo dimentichiamo. Ma i corpi vanno liberati, accolti, amati, protetti, tutti. Come Gesù liberò, accolse, protesse il corpo dolente di questa sua figliuola.
Anche in questo caso dobbiamo imparare a riconoscere i piccoli semi del Regno. E piccoli segni ci sono.
Un piccolo seme che vedo nel nostro presente è il riscatto dal nascondimento che rappresentano le paraolimpiadi. Riscatto dall'ombra dei secoli di nascondimento e vergogna di corpi dolenti e negati. Fragili ma fortissimi! Sì una piccola parabola del Regno. Credo.