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IL REGNO DI DIO DAL “QUANDO” AL “COME”

Testo: LUCA 17 -  20-21

20 Interrogato poi dai farisei sul quando verrebbe il regno di Dio, rispose loro: «Il regno di Dio non viene in modo da attirare gli sguardi; né si dirà: 21 "Eccolo qui", o "eccolo là"; perché, ecco, il regno di Dio è in mezzo a voi».

Ci sarebbe bisogno di un cambiamento profondo, radicale. Un cambiamento planetario, che riguardi il modello di sviluppo, e dunque l'ambiente. Ma anche un cambiamento nel mondo dell'economia per riportare un po' più di equilibrio tra le enormi sperequazioni che si sono create tra gli esseri umani. Un cambiamento politico dunque, in cui la politica sia finalmente riscattata dalla logica della campagna elettorale permanente, per cui si dicono non le cose giuste e che serviranno nel medio e lungo termine, ma quelle che portano consenso immediato. Ci vorrebbe un cambiamento radicale delle coscienze, per fare spazio a un altro modo di pensare, di organizzare il lavoro, di vivere le relazioni. Insomma ci vorrebbe una rivoluzione. Ma appena questa parola viene pronunciata, e oggi quasi mai viene più perfino ripetuta, c'è qualcuno che, giustamente, interviene per ricordarci che di rivoluzioni ce ne sono state tante, ma quasi tutte finite in un bagno di sangue e in una nuovo regime, spesso peggiore del precedente, e altri ci mostrano che anche quando non è stato così, lentamente ha comunque vinto la restaurazione. E tra questa urgenza e questa impossibilità, quasi sempre l'esito finale è la rassegnazione, uno stato culturale deprimente, un pessimismo che spesso è anticamera della disperazione. Molti chinano il capo guardandosi l'ombelico, pensando a se stessi e cercando di strappare qualche giorno di felicità a questa vita di avvilimento. Mi capita spesso, anche nella mia vita pastorale, di incontrare persone così, che sostanzialmente mi dicono: ecco ci ho davvero provato, ma non ho cavato un ragno dal buco. Così si resta un po' nostalgici di un periodo storico in cui la storia appunto appariva aperta ad esiti di cambiamento reale, e non si va molto oltre questo. I farisei, secondo il testo di Luca 17, 20, interrogano Gesù sul “quando” sarebbe venuto il Regno di Dio. Vale a dire quando sarebbe venuta quella rivoluzione politica che l'avvento della sovranità indiscussa di Dio, avrebbe portato. Ora i farisei, sovente facevano delle domande mirate a mettere Gesù in cattiva luce, o a metterlo in difficoltà. E questa non faceva eccezione. “Quando?” era una domanda che poteva interessare anche il Regno di Cesare. La predicazione di Gesù era l'ennesima chiamata alle armi per ribellarsi a Roma? L'impero poteva essere davvero insidiato dalla predicazione di quest'uomo che aveva gran seguito in Galilea? Gesù nel suo ministero aveva predicato una cosa sola: il Regno di Dio, appunto. Egli non era un maestro di sapienza orientale, né il costruttore di un sistema etico organico, come è stato trasformato da molte chiese cristiane successivamente. Il focus era unico. Il sermone aveva un solo punto anche se confortato da mille illustrazioni. Ma la domanda dei farisei, probabilmente capziosa, era anche la stessa, seppure con motivazioni diverse, formulata da Giovanni Battista: Luca 7,18.23 Giovanni chiamò due di essi 19 e li mandò a dire al Signore: «Sei tu colui che viene, o dobbiamo aspettare un altro?». 20 Venuti da lui, quegli uomini dissero: «Giovanni il Battista ci ha mandati da te per domandarti: Sei tu colui che viene o dobbiamo aspettare un altro?». 21 In quello stesso momento Gesù guarì molti da malattie, da infermità, da spiriti cattivi e donò la vista a molti ciechi. 22 Poi diede loro questa risposta: «Andate e riferite a Giovanni ciò che avete visto e udito: i ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi vengono sanati, i sordi odono, i morti
risuscitano, ai poveri è annunziata la buona novella. 23 E beato è chiunque non sarà scandalizzato di me!» Qui la domanda è esistenziale: Giovanni sa che da quel carcere non uscirà vivo. L'urgenza della sua condizione, lo spinge a mandare dei messaggeri con una domanda importante, urgente, non certo accademica: “Ho speranze che l'avvento del Regno di Dio, mi venga a portare liberazione da questa minaccia?”. “Quando viene questo regno?”, è la domanda di tutti gli oppressi e “Venga il tuo Regno” la preghiera di tutti quelli che confidano in Lui. E' la domanda di chi si vede costretto a lanciare il figlio oltre il filo spinato, per sperare di riuscire a dargli un futuro. Alla domanda dei farisei, Gesù risponde sottraendosi al tranello. Infatti Gesù predicava il Regno, come tema unico, ma non aveva mai detto il “quando”. Piuttosto si era soffermato sul “come”. Il Regno viene “come” e poi seguiva una parabola. Come il seme che il seminatore ha seminato, e di cui poi quasi si dimentica. Egli vive le sue giornate, e quel seme lentamente germoglia e porta frutto. Come un po' di lievito nella pasta, che viene messa a riposo, e poi ecco che cresce. Oppure il regno è come una moneta persa e ritrovata, una pecora smarrita e ritrovata, un figlio perduto e ritrovato. Il Regno era come uno a cui viene condonato un enorme debito. E come una paga di una intera giornata di lavoro per un uomo che non aveva avuto la possibilità che di lavorare solamente per un'ora.. Nessuna di queste e di tante altre parabole, descriveva il Regno di Dio, ma ne coglieva un aspetto, una dimensione. Gli oppressi, i poveri, i disoccupati, capivano benissimo che quell'annuncio era per loro, veniva incontro alle loro esigenze. Altri, ascoltavano con preoccupazione, rispetto allo status quo, che non volevano che cambiasse. Perché questo mondo, per alcuni, va bene così. Torniamo alla risposta di Gesù ai farisei. Il Regno di Dio non viene come una cosa ovvia, che tutti possono dire “eccolo qui, o eccolo là” perché, infatti il Regno di Dio è (gr. entos) voi. La parola può essere tradotta in un duplice modo “dentro di voi” e “in mezzo a voi”. Dobbiamo prendere per buoni entrambi i significati. Il primo rimanda ad un carattere “intimo” del Regno di Dio. “Dentro di voi”, significa che la risposta alla domanda “Quando cambierà il mondo?” è: “Non prima che sarai cambiato tu”. La seconda è molto meno intimistica e personale e decisamente più comunitaria: “Quando? Quando avrete imparato a gestire i vostri rapporti di fraternità e sororità. Quando l'eguaglianza che cercate nel mondo, sarà visibile già in mezzo a voi. Quando la giustizia che volete a livello planetario, la cominciate a vivere già nelle vostra comunità”. La risposta è bellissima e carica di grande responsabilità la chiesa: “Voi non dovete andare indietro al mondo, ma lo dovete trainare verso il Regno. Non dovete moralizzare la vita, ma essere piuttosto voi stessi segni di quel cambiamento che agognate”. Abbiamo cominciato questo culto vedendo un seme che cresce. Se uno vede mille volte accelerata la linea del tempo, ciò che sembrava fermo e silenzioso, in realtà appare in grande movimento e trasformazione. Il nostro occhio non è adatto a vedere tutto questo movimento. Ma quello di Dio, dinanzi al quale scorrono i secoli e i millenni della storia del mondo, vede questi cambiamenti.
A noi viene dato l'occhio della fede, per mezzo del quale possiamo cogliere, a sprazzi, l'agire di Dio nella storia. Immaginiamo di fare un timelapse della nostra vita personale di fede. Dal giorno in cui il seme è caduto sulla nostra terra fino ad oggi: Cosa è accaduto? Come siamo cresciuti? Cosa abbiamo imparato? Come si è trasformato il nostro modo di essere genitori o figli, mariti o moglie? La nostra vita professionale, com'è cambiata? E il nostro modo di stabilire le relazioni umane? Seppure nel segno ineludibile della contraddizione, qual è il nostro cammino spirituale che abbiamo compiuto finora? Gesù predicava il Regno, ma la chiesa ha colto la continuità predicando Gesù. Perché è lui il Regno. Cristo in noi, è il Regno “dentro” di noi. La chiesa come corpo di Cristo è il Regno in mezzo a noi. Ciò che possiamo sperare per il mondo è ricondotto perciò al nostro rapporto con Cristo. Ogni comunità è laboratorio del Mondo Nuovo. Qui impariamo la trasformazione dei conflitti. Qui siamo chiamati a imparare la giustizia. Qui mostriamo come il mondo può vivere la diversità senza marginalizzazioni e razzismi. Se Lui è al timone della nostra vita, non dobbiamo scoraggiarci, Egli ci sta lavorando nel profondo. La trasformazione è radicale. La rivoluzione sta accadendo. Se non lo è, nessun cambiamento che potremmo apportare là fuori, nel mondo, potrà essere un reale miglioramento e sarà molto difficile che quanto ottenuto non possa anche andare nuovamente perduto. Non far vincere la restaurazione nella tua vita. Non cedere alla rassegnazione. Non ti arrendere alla depressione. Solleva lo sguardo a Cristo e vivi la tua vita. Forse giorno per giorno non te ne renderai neppure conto, mentre lavori, vivi, partecipi alla tua comunità, settimana dopo settimana, ma si compie in te e con i tuoi fratelli e sorelle una rivoluzione profonda e silenziosa. Egli sta lavorando la tua argilla come il vasaio col vaso, senza clamore, ma profondamente. E con te e per mezzo tuo sta agendo nella vita di tante altre persone. Il seme germoglia. La terra viene sollevata. Quello che appariva silenzioso, all'orecchio di Dio è un cambiamento “fragoroso”. Se sei dentro questa dinamica, puoi essere ottimista: il mondo sarà salvato per mezzo di Cristo, anzi già lo è.